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Mandato pieno di insidie
Macron sceglie Bayrou, perché il nuovo premier francese ha tutte le doti per riuscire nell’ardua impresa
L’ambizione: portare la Francia fuori dallo stallo
«Finalmente cominciano i guai». Come dar torto a François Bayrou, appena investito da Macron di formare un nuovo governo? Il premier francese incaricato cita François Mitterrand, come a fugare le difficoltà, politiche ed economiche, che il prossimo inquilino dell’Hôtel de Matignon dovrà affrontare. E pure in tempi rapidi. Il sarcasmo di queste prime parole, infatti, lascia il passo al realismo.
Quanto durerà? La domanda se la pone la Francia e con essa tutta l’Europa. Perché, per citare Draghi, un’alternativa all’asse franco-tedesco non c’è. L’auspicio è che Bayrou riesca nell’impresa di risolvere una crisi politica dai connotati squisitamente italiani. Se fossimo a casa nostra, per la soluzione si andrebbe a bussare alla porta di un qualche tecnico. I cugini d’Oltralpe non hanno né l’esperienza di questi escamotage – comunque andati a buon fine da noi – né forse la flessibilità (o la creatività) per ammettere che dal vicolo cieco in cui si trova la propria classe dirigente non è in grado di uscire se non presa per mano da qualcuno in gamba. Può anche essere che questo neppure ci sia.
In ogni caso, va detto che Bayrou di doti per riuscire nell’impresa ne ha. Laico ma cattolico praticante, con il cuore che batte nella provincia agricola. Ovvero quello che serve per riavvicinare la Francia a Parigi e viceversa, andando così a erodere il nucleo del consenso del Rassemblement National, che proprio di questa dialettica territoriale e sociale ha fatto il suo cavallo di battaglia. Politico di lungo corso, Bayrou: ministro dell’Istruzione già nel 1993, quando c’era Mitterrand all’Eliseo. È stata la nostalgia ad aver dato il là alla citazione? Riformista e fiducioso nella possibilità che il mercato possa ancora dire la sua in un paese dallo Stato sociale tradizionalmente forte, ma sempre più in discussione.
D’altra parte sappiamo che un profilo adeguato non basta. L’incontro a porte chiuse con Macron ieri mattina, prima dell’incarico ufficiale, è durato un’ora e mezza. Questo la dice lunga su quanto difficile sarà il cammino del governo incaricato che, per la cronaca, è tutto quanto da formare e poi dovrà ottenere la fiducia dell’Assemblea Nazionale. Per quanto l’abbia scelto, Macron è il primo nodo che Bayrou dovrà sciogliere. Il presidente deve tornare a fare il suo mestiere di giocatore di punta nella politica internazionale. Lo si è visto nella visita lampo a Varsavia, la sera dell’apertura di Notre-Dame, e ancora prima in Arabia Saudita. Ma ancora più necessario sarà un Macron forte dall’inizio dell’anno, con l’avvento dell’amministrazione Trump. Questo però è possibile soltanto se c’è qualcuno che a Parigi faccia da garante. Evitandogli problemi in casa, il premier deve dire al presidente: «Vai tranquillo. Qui ci sono io».
Poi c’è il Parlamento. Che non è cambiato da quando ha mandato a casa Barnier. Il fatto che Rn non si sia esposto subito in una presa di posizione pro o contro Bayrou non vuol dire nulla. In questo momento i toni di voce alti spettano alla sinistra, la quale invece, sì, si è schierata. I socialisti hanno confermato la volontà di restare all’opposizione. Questo vuol dire che se Bayrou convincesse Marine Le Pen e i suoi, la Francia sarebbe governata da un esecutivo di centrodestra, per alcuni aspetti simile a quello italiano. Questo andrebbe a nutrire il massimalismo delle forze progressiste in casa e a indebolire ulteriormente il buon dialogo tra liberali e socialisti (opposto a quello tra Ppe, conservatori e patrioti) che invece c’è in Europa.
E poi ci sono i veri guai. La Francia presenta un rapporto debito/PIL del 109,7% nel 2024, con un deficit stimato al 4,4% del PIL. La riforma delle pensioni e del mercato del lavoro sono misure che dovrebbero invertire la rotta di questi conti pubblici. Lo sa Macron. Ne era cosciente Barnier. Molto probabilmente ne sono consapevoli tutte le forze politiche in Parlamento. Non lo ammetterebbero mai, questo è chiaro. Bisogna capire però se, sottobanco, siano disposte a rimettere questi impegni improcrastinabili nelle mani di Bayrou. Come se fosse un nostro tecnico. Alla stregua di Ciampi, Monti o Draghi. Come fare? Parigi, per consigli chiamare Roma.
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