Ieri a Roma il centrodestra a trazione meloniana ha presentato il suo candidato per la Regione Lazio, l’ex presidente della Croce Rossa Italiana e di quella Internazionale, Francesco Rocca. Dietro ai sorrisi d’ordinanza e all’applausometro di rigore, davanti allo Stato maggiore di Fratelli d’Italia, il quadretto dell’alleanza forte e unita del centrodestra ha però mostrato, a ben guardare, le prime crepe.
La prima e più visibile: sul palco dei big, i rappresentanti dei partiti della coalizione erano tutti romani (o del Lazio) tranne quello di Fratelli d’Italia.

Il toscanissimo Giovanni Donzelli, brillante mediatore dei tavoli complicati, da responsabile enti locali non era lì – accanto al romano Tajani e al pontino Durigon – per caso. C’era lui, commissario de facto di Roma e Lazio, perché i romani devono stare fermi un turno. Fermi e zitti, in nome della pace, come hanno spiegato a Paolo Trancassini, che pure rimane formalmente coordinatore Fdi del Lazio. Perché l’errore di puntare tutto su Michetti candidato sindaco di Roma è stato suo. E non è stato ancora perdonato. Ma anche perché il partito di Giorgia Meloni, romanocentrico per definizione, nelle sue dinamiche interne vede contrapposto alla premier (assente dall’iniziativa) il suo primo mentore, Fabio Rampelli.

L’ideatore della corrente dei “Gabbiani” raccoglie in Fdi il consenso di chi è più tiepido o perfino scettico verso la leader e premier. E se Rampelli, architetto nato e cresciuto a Colle Oppio, ha detto più volte a chiare lettere di volersi candidare come Presidente di Regione, ecco che la cerimonia di incoronazione di Rocca segna, nel partito, l’ennesimo punto a favore della Giorgia nazionale. Che sa di dover disinnescare lo scontro frontale nel Lazio, soprattutto quando di mezzo c’è la figura di Francesco Lollobrigida. Il cognato di Giorgia Meloni, ministro dell’Agricoltura, anch’egli radicato nella Capitale, è l’alfiere che più fedelmente si muove a tutela della sua Presidente. “Siamo molto soddisfatti di questa scelta”, si è affrettato infatti a dire ieri Lollobrigida a proposito di Rocca. Meno entusiasta deve essere stato il Vicepresidente della Camera dei deputati, Fabio Rampelli. “Quello di Rampelli è uno dei tre nomi di una rosa”, aveva dichiarato ancora due settimane fa Meloni.

Forse era più una spina, se la sua fuoriuscita ha rincuorato come sembra i meloniani. I Gabbiani di Rampelli non sono però i soli a guardare di sottecchi la marcia trionfale di Giorgia. La nuova “Destra sociale” si chiama Riva Destra: l’associazione di Fabio Sabbatani Schiuma, qualche mese fa aveva reso noto di aver “sciolto le sue strutture per non sovrapporle a quelle del partito”. Non del tutto, per la verità: negli ultimi tempi ha dato vita a una web radio, che dà voce anche al dissenso interno a FdI. Fisiologico, certo. La fiammella dell’ex An è diventata una fiammata, dal 4% iniziale i Fratelli oggi raccoglierebbero, stando all’ultimo sondaggio, quasi il 32%.

Una crescita dell’800 per cento non può che creare ambizioni e rivalse. In qualsiasi organizzazione. Figurarsi nel partito che deve assegnare nei prossimi mesi 500 cariche istituzionali e incarichi apicali. Gli appetiti si moltiplicano sempre più dei voti. Ed ecco Francesco Rocca, per la prima volta nel contesto tutto politico – e tutto maschile, per tornare alle tradizioni della destra – che presentandosi ai giornalisti sa di muoversi in una cristalleria. Prova a entrare in scena a piccoli passi, le mani alzate: “Su rifiuti e termovalorizzatore, seguirò il Governo centrale”, ha detto come prima cosa. Poi è tornato indietro, ha smentito. Termovalorizzatore no, sì, insomma: forse.

A molti è parsa una consegna nelle mani della premier, ad altri un velato no all’impianto, forse per tentare l’elettorato grillino in libera uscita. Carlo Calenda l’ha attaccato subito: “Ecco un’ottima ragione per non votarlo, con D’Amato non avremo di queste esitazioni”. Il candidato di Pd e Terzo polo, D’Amato, però rischia di non farcela se il 14% degli elettori, come indicano i sondaggi, confermerà di disperdere il voto sulla Bianchi, M5S. Giorgia Meloni vedrà pure crescere qualche insidia in casa, ma finché ci sarà Giuseppe Conte a far da cuneo all’opposizione, non deve temere niente.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.