“Mia madre è stata ricoverata il 5 aprile al Monaldi di Napoli perché aveva contratto il Covid che poi si è trasformata in una polmonite ed è morta una settimana dopo. L’hanno abbandonata, non la aiutavano e se non avessi chiamato i carabinieri nessuno si sarebbe accorto che stava morendo”. È questo il racconto di Raffaele Colaiacolo, cantante e ex sosia di Kekko dei Modà, figlio di Giuseppina Cortese, 74 anni, morta pochi giorni fa all’ospedale Monaldi dove era ricoverata.

La vicenda era balzata alle cronache per lo spiacevole e violento confronto che Raffaele ha avuto con il medico di turno quando ha avuto la brutta notizia della fine di sua madre. Ma Raffaele non ci sta a risultare un aggressore e spiega la sua versione dei fatti: “Ero fuori di me – racconta Raffaele – con mio figlio siamo saliti nel reparto e ho accusato il medico di aver causato la morte di mia madre. A quel punto un operatore sanitario pensando che volessi fisicamente aggredire il medico ha iniziato a inveire contro di me cercando di allontanarmi spingendomi. Poi mi ha detto: ‘tu non sai chi sono io’. A quel punto pensando che volesse colpirmi fisicamente ho reagito e gli ho dato uno schiaffo”. Raffaele ha raccontato tutto quanto accaduto in ospedale ai carabinieri, da quando sua madre è stata ricoverata fino al giorno della sua morte, denunciando la scarsa assistenza che per lui ha avuto sua madre durante la degenza.

Raffaele sottolinea che quel giorno era molto agitato e addolorato per la perdita di sua madre e arrabbiato dopo una settimana passata a inseguire medici per avere notizie tra le drammatiche telefonate di sua madre che chiedeva aiuto. “Per giorni mia madre mi diceva che chiedeva continuamente aiuto per bere o mangiare, a volte si staccava accidentalmente l’ossigeno, ma nessuno degli operatori sanitari la soccorreva. L’ultima telefonata è stata drammatica – racconta il cantante – mi chiedeva di aiutarla, di correre, perché non respirava e si sentiva che stava morendo. Chiamava aiuto ma nessuno arrivava. Anche io ho iniziato a telefonare al reparto di continuo ma nessuno rispondeva. Mia madre stava da sola in una stanza con la porta chiusa, nessuno poteva sentirla. Allora ho chiamato i carabinieri e così si sono accorti che stava male”.

Preso dall’angoscia Raffaele si è precipitato in ospedale per capire cosa stesse succedendo a sua madre. Racconta che prima i sanitari lo hanno tranquillizzato che la situazione stava migliorando. Poi la drammatica comunicazione che le mamma non c’era più. “Non era mia intenzione aggredire il medico e nemmeno portare via la salma come è stato scritto – continua Raffaele – Volevo parlare con quel medico e chiedergli dove erano tutti i sanitari dalle 18.40 fino alle 19.25, quando è intervenuta la polizia che avevo chiamato, cosa stavano facendo i medici e perché l’operatore non era dietro la scrivania per rispondere alle chiamate dei parenti consentiti dalle 14 in poi”.

Raffaele racconta che dopo quel momento di tensione c’è stato anche un chiarimento con il medico: “Quando ci siamo calmati lui mi ha chiesto scusa – continua Raffaele – ci siamo stretti la mano. Non siamo persone aggressive. Per me la situazione era conclusa così. Però non posso avere pace finchè non capisco cosa è successo a mia mamma e se ha avuto un’adeguata assistenza. Spero che quello che sto facendo possa salvare altre persone, in modo che quando qualcuno finisce in ospedale non venga trattato male come è successo a mia madre”.

Avatar photo

Giornalista professionista e videomaker, ha iniziato nel 2006 a scrivere su varie testate nazionali e locali occupandosi di cronaca, cultura e tecnologia. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Orgogliosamente napoletana, si occupa per lo più video e videoreportage. È autrice anche di documentari tra cui “Lo Sfizzicariello – storie di riscatto dal disagio mentale”, menzione speciale al Napoli Film Festival.