Salve. Mi chiamo Karl Hyeronimus von Munchausen. Oggi è il 12 aprile del 2021. Sessantesimo anniversario deI primo volo orbitale di Yuri Gagarin, che fece un giro intorno al pianeta azzurro, guardandolo come nessuno l’aveva mai visto: una smagliante gemma nel cosmo. Dalla navicella Vostok (che vuol dire Est, levante, l’origine della luce) osservò un mondo che, allora, sembrava cristallizzato in un inalterabile schema politico, sociale, economico. Non è un caso, dunque, che io abbia scelto questa data per il mio viaggio a cavallo di una palla di cannone, per raccontarvi – così sorvolandolo dall’alto – che cosa è cambiato sul pianeta dopo l’epidemia di Coronavirus, che esattamente un anno fa, ha toccato il suo apice in tutto il mondo abitato. E che più di ogni guerra e paura ha sconvolto i continenti. Cosa che nemmeno il Risiko – che con anticipo di trent’anni raccontava la frammentazione dell’Unione Sovietica prima del suo dissolvimento, facendo sorridere per la sua azzardata fantasia – avrebbe potuto pronosticare.

Mi avventuro in questa impresa perché nessun altro può farlo. Nessuno può più viaggiare liberamente da un paese e da un continente all’altro. Le compagnie aeree, quando non fallite, hanno contingentato i voli, limitandoli a tratte e scopi essenziali. Non parliamo di treni, automobili, navi, strumenti visti ormai come vettori di nuovi incubi. E poi da più parti le frontiere sono state chiuse, e la paura ha riportato la massa dei viaggiatori per il mondo, a livelli paragonabili a quelli degli anni Cinquanta del secolo scorso: solo viaggi di lavoro e di grande élite, infiniti controlli e remote paure, ma non infondate, di rimanere intrappolati nelle maglie di vertigini poliziesche, pregiudizi sanitari e rigori delle “Democrature” che sono subentrate, con sorprendente inerzia e velocità, alle democrazie.

Troppo macchinose queste ultime, per dare risposte urgenti alla paura dei popoli. E’ vero, qualche voce di allerta e protesta si è alzata. Ma la folla terrorizzata, non guarda, scappa; non ragiona, si intruppa. Non vede che faticose conquiste, possono finire schiacciate come i corpi dello stadio Heysel. Senza capire come e perché. Perché l’importante è che qualcuno decida rapidamente, senza delegare responsabilità, che sono noiose e impicciose da esercitare.

D’altra parte, ben altri eventi hanno cambiato il mondo, cosa volete che sia una democrazia di più o in meno! Per questo sono qui, per descrivervi alcune – non tutte, purtroppo – trasformazioni accadute e in atto, che l’epidemia dello scorso anno ha semplicemente accelerato e ratificato. Partirò da Levante anche io. Da Vladivostòk, non a caso la meta finale di Michele Strogoff, che ci arrivò superando le mille insidie, che solo coloro che non conoscevano aerei e alta velocità poterono raccontare, altro che virus: il Macedone, Annibale e Scipione, Marco Polo, Colombo, Magellano e il suo attendente, Pigafetta, che per fortuna conservò i diari del primo circumnavigatore del Globo. A suo modo, il primo Gagarin. E ci fermiamo qui…

In assenza di missili, perché tutti i programmi spaziali sono stati interrotti, uno dei cannoni di Navarrone, modificato alla bisogna, sta per spararmi verso Occidente. Vi racconterò quello che vedo, man mano che mi passa sotto gli occhi, finché il proietto non completerà la sua parabola balistica. E spero che, alla fine, non mi facciate passare per esagerato fantasticatore di iperboli impossibili, come quel mio antenato di cui porto il nome. Ecco: tre, due ,uno… fuoco…

Sotto di me, c’è la sterminata Siberia, dove un anno fa furono sparpagliati a forza migliaia di contagiati, per rispettare le “lontananze sociali”, ed impedire che l’Occidente sapesse che anche la Russia era nelle stesse condizioni del resto del mondo. Si vede da quassù che la Grande Madre, si è chiusa in una moderna versione dell’autarchia, potendo contare sull’autonomia energetica, anche perché Mosca ormai centellina le sue forniture di gas all’Occidente. Solo con la Turchia, che ospita il passaggio delle pipline per il gas destinato all’Europa, è stato sottoscritto un patto di reciproca influenza. A Putin fa gioco che Erdogan – come un nuovo sultano del mondo euro-musulmano – gli faccia da sponda per affacciarsi anche sul Mediterraneo.

A lui certo non bastava la Crimea con Odessa e il “laghetto” del Mar Nero. Sembrano passati secoli dalle schermaglie con la Siria di Assad e con i Curdi: serve un nuovo ordine e questa loro alleanza intimidisce anche i millenari ribellismi degli Stati prevalentemente musulmani che gravitano intorno alla depressione del Caspio. Lo Stato laico fondato da Ataturk è bello e sepolto. Un nuovo Impero Ottomano si sta consolidando, anche perché Erdogan ha capito che l’Ue è alle corde e la Nato senza gli Stati Uniti è una scatola vuota. Meglio comandare che fottersi a fare il vassallo di un mondo che non c’è più. Anche perché oggi può scambiare la sua libertà di azione, proponendosi come sentinella contro la pressione dell’Africa del Nord con i suoi migranti. Ma ho corso troppo.