Sei ore di colloqui per frenare l’escalation a Idlib. È l’ennesimo patto siglato dallo Zar e il Sultano. Ma è un patto “forzato”. Lo si coglie dalle affermazioni di uno dei contraenti, il presidente turco Recep Tayyp Erdogan. «Le forze del regime siriano hanno violato gli accordi, e gli abitanti di Idlib sono scappati. Assad vuole spazzare via i civili in quella regione e noi non staremo a guardare». Così Erdogan al termine dei colloqui al Cremlino con il suo omologo russo Vladimir Putin. Il presidente turco ha sottolineato che la cooperazione fra Ankara e Mosca è «ad un alto livello» e questo permette «di raggiungere degli accordi», di trovare «un punto comune», e arrivare «a un cessate il fuoco, a partire dalla mezzanotte».

«Non sempre concordiamo su tutto – aggiunge Erdogan – ma in ogni momento critico siamo sempre stati in grado di trovare un’intesa comune e arrivare a una soluzione: lo abbiamo fatto anche oggi». L’intesa prevede la creazione di un corridoio di sicurezza ampio 12 chilometri lungo l’autostrada M4, che sarà controllato congiuntamente da pattuglie russe e turche, a partire dal 15 marzo. Ci sarà poi una zona cuscinetto ampia sei chilometri per separare i militari turchi da quelli siriani. Mosca e Ankara hanno reiterato che non vi è una soluzione militare alla crisi in Siria e che la sovranità e integrità territoriale del Paese “va rispettata”. «Entrambi crediamo che si debba mantenere l’integrità territoriale della Siria e che si debbano combattere i terroristi: spero che questi accordi contribuiscano a costruire una base per fermare l’escalation in Siria e fermare la crisi umanitaria», ha detto il presidente russo.

Nel frattempo ieri ci sono state dozzine di attacchi aerei russi contro città e villaggi di Jabal al-Zawiya, nella provincia di Idlib, mentre le forze siriane di Assad hanno lanciato una nuova offensiva via terra su Al-Fatira e Fleifel, dove si sono verificati violenti scontri con fazioni dell’opposizione e jihadisti. Secondo gli attivisti dell’Osservatorio siriano per i diritti umani sono state registrate vittime da entrambe le parti. Intanto, però, l’esodo continua. L’Onu ha fatto sapere che è salito a un milione il numero di civili siriani sfollati, per lo più donne e bambini, costretti alla fuga nel nord-ovest della Siria.

L’ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento umanitario (Ocha) afferma che rispetto al precedente conteggio di fine marzo, il numero di sfollati dal 1 dicembre a oggi è salito a un milione di persone. Di questi, l’80% sono donne e bambini. I minori sono il 60% per cento. Si tratta di persone ammassate in una zona stretta tra la linea dell’avanzata governativa a Idlib e Aleppo e la frontiera turca. La Turchia ha da anni sigillato il proprio confine e non fa passare profughi siriani nel proprio Paese, dove dal 2011 sono giunti più di tre milioni di civili siriani. In tutta l’area di Idlib e Aleppo sotto controllo turco vivono 4 milioni di persone. Di queste quasi tre milioni (2 milioni e ottocentomila) hanno bisogno di urgente assistenza umanitaria.

In questo gioco tra potenze, gli attori sono tre: Erdogan e il suo omologo siriano, Bashar al-Assad sui lati opposti, in mezzo Vladimir Putin, storico alleato del leader alawita e con il quale anche il presidente turco ha relazioni diplomatiche buone, ma altalenanti. Il presidente turco è volato ieri a Mosca per cercare una soluzione all’escalation militare. Sorridono, si stringono la mano, si combattono e poi scendono a patti, negoziando tregue e preparando guerre. Come complici che si spartiscono territori e potere. Il destino di milioni di disperati, di una umanità sofferente, nelle mani di un autocrate russo, di un “gendarme” turco e di un “macellaio” siriano. È la vergogna del Terzo Millennio.

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Esperto di Medio Oriente e Islam segue da un quarto di secolo la politica estera italiana e in particolare tutte le vicende riguardanti il Medio Oriente.