Le disparità sono la morte della capitale del Mezzogiorno
Napoli tra élite e plebe: un’ora per volare a Milano, due da Secondigliano a piazza del Plebiscito
Ho seguito la polemica sollevata dal candidato sindaco di centrodestra Catello Maresca sulle parole usate da Berardo Impegno per incentivare la presenza del suo Partito democratico in una Napoli dilaniata dalle disuguaglianze e, da abitante di una delle periferie più bistrattate della storia di Napoli, mi permetto di spiegare perché, quella del candidato sindaco del centrodestra, è una querelle sbagliata. A Impegno, che in un’intervista ha descritto una Napoli ancora drammaticamente divisa tra élite e plebe, Maresca ha risposto: «Noi pensavamo che la sinistra fosse ferma a 30 anni fa. Oggi scopriamo che è ferma a 300 anni fa. Questa divisione “élite – plebe” è ridicola».
Faccio una premessa necessaria: non sono un tesserato del Pd né ho mai conosciuto di persona Impegno. Certo, conosco la sua storia politica come conosco quella da magistrato di Maresca, tutto qui. Provengo da una zona della città che presenta un tasso di evasione scolastica quasi quattro volte superiore alla media europea, un livello di disoccupazione che in certi casi arriva al 50% e che, durante lo scorso mese di aprile, ha visto quartieri come Miano e Secondigliano come i territori con più casi di contagiati dal Covid nell’intera Campania. Gli echi del risorgimento bassoliniano e della rivoluzione arancione, dalle mie parti, non li ha mai uditi nessuno. L’unico prodotto della politica che ha avuto un effetto positivo è il reddito di cittadinanza, grazie al quale centinaia di famiglie sono state sottratte al giogo della camorra e hanno potuto cominciare a guardare al futuro con più serenità.
Di fronte a questo scenario, l’invito di Impegno nei confronti del suo Pd e del candidato sindaco di centrosinistra Gaetano Manfredi a intervenire in modo tempestivo per rimediare alle enormi disparità che limitano e affossano gran parte della città, mi sembra più che corretto. Anzi, mi appare come la più sensata delle analisi politiche. E chi sostiene il contrario lo fa in malafede. Voglio dire, è forse sbagliato sostenere che un bambino di Secondigliano ha meno possibilità di laurearsi rispetto a uno del Vomero? La risposta è no. E lo dico da secondiglianese laureato, con una maturità classica ottenuta in un liceo del centro storico distante un’ora e mezza da casa. Anche di fronte al problema del trasporto pubblico, per esempio, invece di cercare la polemica facile mi piacerebbe leggere di possibili soluzioni. Non è paradossale che chi, come me, proviene dalla VII municipalità (Miano, San Pietro a Patierno e Secondigliano) possa arrivare in un’ora a Milano prendendo un aereo (Capodichino è all’80% proprio sul territorio della VII) e poi impiegare quasi due ore per raggiungere piazza del Plebiscito con i mezzi pubblici?
Questo è lo scandalo per me. Su questo sì che siamo tantissimi anni indietro ad altre città d’Italia (non dico d’Europa, altrimenti finisco preda della tristezza). Ed è evidente che la spaccatura tra una città che è sopravvissuta decentemente a dieci anni di amministrazione de Magistris e un’altra che già prima doveva arrangiarsi come poteva, non solo lavorativamente, non è una provocazione di Impegno, ma un mero e tristissimo dato di fatto su cui tutti non solo dovrebbero ragionare, ma lavorare come mai è stato fatto fino a oggi.
Vincenzo Strino
*scrittore e presidente del Laboratorio
di riscossa secondiglianese (Larsec)
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