Più che un semplice organo, il cuore di Sergio Mattarella è l’organo vitale della Costituzione non scritta. Scandisce il tempo della Repubblica. Viene da un’altra era politica, ma fa da metronomo di quella attuale. Sa scegliere le parole giuste per limare gli eccessi, su tutti i temi in cui il finto bipolarismo italiano traballa.

Magistratura e governi, uguaglianza e libertà di stampa. Da qualche tempo, esporta il suo senso politico e morale anche fuori dai confini nazionali: quando parla della Russia e dell’Europa, della libertà e della pace. E accoglie gli attacchi di despoti esterni e guastatori interni con la stessa fermezza limpida. Non per caso, le sue parole sono definite “blasfeme” solo da chi è tornato al tempo in cui scambiava la verità con la Pravda. Per questo, l’affanno del suo cuore è l’ansimare di tutta la nazione, nel momento più delicato della storia recente. Con lui fibrilla un sistema che, al di là dei proclami, rappresenta un’Italia sospesa. È Mattarella l’argine vero alle frequenti sbandate populiste, alle tensioni costanti che attraversano le istituzioni.

È lui il custode sempre misurato di una dignità pubblica ogni giorno incrinata da scivolate demagogiche e giochi di sponda di infiltrati e amici del giaguaro. Sergio Mattarella ha 84 anni, e nessuno deve dimenticare che gli ultimi 3 li ha spesi nella sua carica senza averlo chiesto, tra gli applausi stanchi di una politica che aveva finito le carte e le idee. Da allora, il suo stile sobrio ha fatto da traccia coerente della nostra residua coesione, della nostra fragile tenuta come comunità. I messaggi di affetto che in queste ore sta ricevendo da destra e da sinistra, non sono un atto dovuto. Esprimono, in un attimo raro di sintonia con tanta parte del Paese, il brivido collettivo che ci pervade.

Nessuno lo dice per evidenti motivi, ma in realtà nessuno è davvero pronto al “dopo Mattarella”. Non è solo questione di autorevolezza e statura, o di capacità di mediare e ricucire. È che il vuoto, sempre pericoloso in politica, oggi rischierebbe di diventare un crepaccio senza fondo. Il suo parco parlare, e anche i suoi densi silenzi, riportano la politica alla difficile sintesi di fazioni che troppo spesso si trasformano in trincee ideologiche. Quali maggioranze, quali percorsi comuni dopo Sergio Mattarella? Il suo è un ininterrotto discorso di fine anno. Mentre gli facciamo gli auguri, abbiamo bisogno ancora a lungo che sia lui a farli a noi.