In questo tempo di grande incertezza e fragilità, in una società civile esasperata e destabilizzata dal protrarsi dello stato di emergenza correlato alla diffusione della pandemia da Covid-19, la giustizia italiana, chiamata a infondere fiducia al cittadino comune dentro e fuori dalle aule dei tribunali, si presenta incapace di rispondere alle aspettative di tutela, evidenziando tutte le sue debolezze ormai da decenni denunciate con rassegnazione e sconforto dal mondo giuridico.

Abbiamo visto gli avvocati protestare all’ingresso dei tribunali, sovrapporsi alle infinite code di utenti in attesa di accedere ai servizi, codici di procedura calpestati come segno di protesta e indignazione contro l’ennesima paralisi della macchina della giustizia. Chi frequenta le aule dei tribunali percepisce, oggi più che mai, un clima di abbandono, di disorientamento nel volto di avvocati, tirocinanti, magistrati, personale amministrativo e polizia giudiziaria.
Ma questa non è solo la conseguenza di una società sconvolta dall’emergenza sanitaria.

“I tempi biblici della legge”, “la lentezza della giustizia”, “rinvii” e “sospensioni”, sono queste le frasi che fotografano lo stato dei tribunali in Italia ormai da troppo tempo e che mal si conciliano con la richiesta di tutela dei diritti sanitari e civili di una società sempre più vulnerabile. La giustizia non può fermarsi ma è tempo di innovarsi. Le limitazioni derivanti dallo stato di emergenza rappresentano, infatti, una preziosa occasione per implementare l’efficienza (intesa come la capacità di raggiungere l’obiettivo evitando lo spreco di risorse) del sistema giudiziario e privilegiando strategie di informatizzazione dei servizi.

L’auspicio è quello di raggiungere in maniera graduale e coordinata l’utilizzo di piattaforme digitali per la fruizione di tutti i servizi civili, penali e amministrativi non solo come risposta emergenziale ma come nuova modalità di lavoro ordinario. L’innovazione impone la semplificazione delle procedure a vantaggio della produttività e dell’efficienza: come, per esempio, l’utilizzo della posta elettronica certificata per lo scambio di informazioni tra uffici e avvocati, non solo per la prenotazione di appuntamenti nelle rispettive cancellerie, e ancora l’utilizzo di app per le prenotazioni delle udienze o per favorire le deleghe tra colleghi evitando assembramenti inutili, al pari di quanto già accade per molte pubbliche amministrazioni.

In tal senso, il comitato di esperti in materia economica e sociale presieduto da Vittorio Colao ha presentato al Consiglio dei Ministri un rapporto in cui si evidenzia che la pandemia rappresenta «un’occasione irripetibile per trasformare profondamente il Paese. Nei prossimi due o tre anni possiamo trasformare l’Italia più di quanto si sia potuto fare negli ultimi decenni, se avremo il coraggio necessario per agire con decisione nella riforma del Pese e nell’investimento a favore delle prossime generazioni».

È tempo di superare la paura del cambiamento e le vecchie metodiche inattuali per far spazio alla digitalizzazione dei servizi, anche attraverso corsi di formazione e specializzazione organizzati dalle Camere Penali.  Se non si investe adesso nella formazione dei giuristi del futuro con risorse economiche per il potenziamento delle infrastrutture il processo da remoto e anche il processo penale telematico rimarranno una chimera, un’illusione che rischia di paralizzare la giustizia in modo irreparabile