Più di 150 persone in detenzione domiciliare con o senza braccialetto elettronico, più di 330 condannati ma destinatari di permessi premio, quasi cento ai quali è stato consentito di curarsi a casa. Numeri di un certo rilievo che, tuttavia, non bastano a svuotare le carceri della Campania dove, al 31 gennaio, si registrano 365 ospiti in più rispetto alla capienza regolamentare. Segno che la guerra contro il vecchio nemico del sovraffollamento è ancora lontana dall’essere vinta e che l’approvazione di un grande piano di giustizia sociale, che parta proprio dalle prigioni, non è più rinviabile. È la fotografia restituita dai dati diffusi dal garante regionale dei detenuti Samuele Ciambriello sulle misure premiali ed eccezionali concesse ai reclusi sulla base del decreto Cura Italia e del decreto Ristori tra il 27 ottobre 2020 e il 31 gennaio 2021.

Le statistiche parlano di 58 persone alle quali rimanevano da scontare meno di 18 mesi di reclusione e che, in base alla norma approvata per decongestionare le carceri, hanno beneficiato della detenzione domiciliare con applicazione del braccialetto elettronico. Sono 108, invece, i condannati con fine pena detentiva non superiore a 18 mesi ai quali è stata concessa la detenzione domiciliare senza braccialetto elettronico. Qui spiccano i penitenziari di Aversa e Carinola, dai quali sono usciti complessivamente 34 e 32 detenuti, mentre sono soltanto nove i reclusi che hanno lasciato Poggioreale, il carcere più affollato d’Italia, per scontare a casa i rispettivi residui di pena. Si può fare di più?

Certamente sì, almeno secondo Ciambriello: «Basterebbe prevedere la detenzione domiciliare con braccialetto elettronico per chi ha da scontare fino a due anni di reclusione e senza braccialetto elettronico per le persone che hanno un residuo di pena non superiore a un anno, anche se condannate per reati ostativi: non possiamo permettere che norme ciniche e costituzionalmente illegittime sacrifichino il diritto alla salute dei detenuti che, mai come in questo periodo, è a rischio causa Covid».

Per il resto, il dossier stilato dal garante parla di 330 persone alle quali, anche alla luce del dilagare del virus in cella, sono stati concessi permessi premio che hanno consentito loro di trascorrere diverse settimane a casa. Sono 91, invece, i detenuti malati che hanno avuto la possibilità di curarsi a casa a prescindere dalle norme che prevedono la detenzione domiciliare per chi debba scontare meno di 18 mesi di reclusione e si trovi in condizioni di salute precarie. Nove, infine, sono i reclusi senza fissa dimora che hanno lasciato i penitenziari. Anche quest’ultimo dato, per quanto incoraggiante, può e dev’essere migliorato se si pensa che in Campania sono 47 i posti in strutture destinate a detenuti senza casa e famiglia: «Serve più impegno da parte delle direzioni e delle aree educative dei penitenziari – osserva Ciambriello – nel segnalare i casi di reclusi senza fissa dimora».

Insomma, i dati sono il risultato delle decisioni di magistrati che hanno adottato provvedimenti utili a decongestionare le carceri in tutti i casi in cui la legge lo permette alla luce della pandemia in atto in tutta Italia. A questo si aggiunge un uso “più parsimonioso” della custodia cautelare da parte di pm e gip, in linea con quanto auspicato dal procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi.

Eppure non basta. In Campania, infatti, restano 365 detenuti “di troppo”, a riprova che il sovraffollamento ancora c’è e, in mancanza di interventi strutturali, difficilmente sarà cancellato. Chi dovrà farsene carico? Il nascente governo Draghi, in cui il posto di guardasigilli finora occupato dal giustizialista pentastellato Alfonso Bonafede dovrebbe essere assegnato a una convinta garantista come  l’ex presidente della Consulta Marta Cartabia. A lei (o, in ogni caso, al prossimo ministro della Giustizia) il compito di mettere nero su bianco un piano che riduca almeno del 50% la popolazione carceraria. Questione di umanità e di buon senso, prima ancora che di giustizia.