Sono nata femminista. Questo dico scherzando, ma non troppo, quando parlo con le mie amiche. Sin da bambina ho sviluppato una forte propensione alla libertà, ad essere quello che volevo essere, fuori dagli stereotipi. La prima donna che mi ha autorizzata ad essere così è stata mia madre che – dall’alto della sua quinta elementare, della militanza politica nella Azione Cattolica e dell’aver insegnato ai contadini della Marsica a votare per la Repubblica il 2 giugno del 1946, come Delia in “C’è ancora domani” ha consegnato a sua figlia Marcella un futuro diverso – ha sempre cercato di insegnarmi la libertà. La battaglia per la libertà femminile, per il superamento delle discriminazioni, degli stereotipi, delle gabbie, per l’affermazione della forza femminile nella società, è un tratto che ha segnato la mia vita. E quando ho conosciuto l’amore verso un’altra donna mi sono sentita autorizzata a poterlo vivere, non con poche fatiche certamente, visti i tempi. Oggi mi sento dove desideravo e dove desidero essere: sono sposata con un’altra donna.

Il femminismo è parte importante della mia vita, le femministe che ho incontrato sin da giovane hanno preso il testimone di mia madre morta giovane: mi hanno accompagnato verso la libertà. Ma la libertà femminile non è soltanto una esperienza di una singola, per poter esprimersi può essere solo una esperienza collettiva, una aspirazione di tutte e ha molte facce, molte sfaccettature. La singola libertà che ti permette di esserlo in una società. Un “vasto programma” come ben sappiamo noi donne. Non ho mai smesso di lottare lì dove sono e dove sono stata: in politica, in parlamento, nel mio lavoro di oggi. Il femminismo è uno solo? Certamente no, mi viene in mente la meravigliosa Roberta Tatafiore che quando molte di noi vollero portare il femminismo nelle istituzioni parlava di “femminismo di stato”. Ha avuto pregi e difetti quel femminismo. Senza dubbio ha fatto fare grandi passi avanti a noi donne. I difetti sono stati l’omologazione, ma sto tagliando con l’accetta il ragionamento, e me ne scuso.

Veniamo all’oggi: invito a leggere un bellissimo articolo di Alessandra Libutti (a_libutti su X), “Quando il vecchio femminismo fu messo in cantina per fare spazio al narcisismo morale”, che spiega bene cosa sta accadendo nel mondo, non solo in Italia, e come alcune battaglie cosiddette “femministe” siano diventate qualcosa in cui non mi riconosco. Alcune battaglie non faranno fare passi avanti, ma molti passi indietro alle donne in tutto il mondo, come sta avvenendo. E quindi mi preoccupo. Faccio degli esempi: gli stupri di massa verso le ebree del 7 ottobre 2023. Le molto rumorose femministe “intersezionali” e le “transfemministe” non hanno speso una parola sulla vergogna di quel 7 ottobre contro le donne ebree. “Non una di meno” ha cacciato da una manifestazione una donna ebrea perché voleva ricordare gli stupri del 7 ottobre. Le stesse – mentre legittimamente criticano in maniera aspra Israele – non dicono una parola su come vivono le donne palestinesi sotto i regimi mussulmani, considerate meno di zero. Altro che discriminazioni. Mi chiedo perché. La violenza contro le donne dovrebbe riguardarci tutte e riguardare tutte.

Altro tema: il diritto alla interruzione volontaria di gravidanza? Per tutt*, scusa ma tutt* chi? Bisogna usare l’asterisco sennò offendiamo le persone in transizione. Ma chi vuole impedire alle persone in transizione di praticare interruzione volontaria di gravidanza, ci mancherebbe! Il problema non sarà che in moltissime regioni le donne non possono praticare la IVG per legge perché i medici sono tutti obiettori? Per non parlare della GPA, argomento che divide i femminismi, ma il dibattito è così violento che è impossibile solo provare. Nelle università occidentali parlare di diritti delle donne, di libertà femminile, di lotta alle discriminazioni, per le femministe intersezionali è considerato “fuori moda” ma soprattutto stigmatizzato. Il “vasto programma” di cui parlavo sopra è ancora di là da essere realizzato, non deve passare di moda lottare per le donne, è pericolosissimo. Noi donne non siamo una minoranza come le altre, siamo la metà della popolazione mondiale. Questo non vuol dire che non si debba lottare nello stesso tempo contro le discriminazioni di altre minoranze, ve lo dice una lesbica. A mio parere alcune battaglie transfemministe e intersezionali sembrano avere come obiettivo la cancellazione delle donne. Mi sbaglio? Bene, su questo e su tanto altro vorrei potermi confrontare, ma senza essere aggredite, senza scomuniche, senza messe al bando, senza hate speech che spopolano quando si parla di femminismo. Esiste la libertà di pensiero? Chi mi conosce sa che sono sempre stata aperta al dialogo con chi non la pensa come me. A maggior ragione quando si parla delle nostre vite e del nostro futuro.

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Ho lavorato in tutte le istituzioni italiane: Assessora al Comune di Firenze, Presidente di Agensport - Regione Lazio, Deputata della Repubblica, Consigliera di tre Ministre della Repubblica. Dal 2016 sono Coordinatrice del Comitato Organizzatore di “Didacta Italia”, l’edizione italiana di “Didacta International” la Fiera della Scuola più importante del mondo che si svolge in Germania. Sono sposata con Ricarda Concia, criminologa tedesca, con cui vivo a Francoforte dal 2014.