Il 2023 è l’anno in cui Ilga Europe, associazione internazionale per i diritti Lgbt presente all’Onu, classifica l’Italia al 34esimo posto su 49 tra i Paesi europei per le politiche a tutela dei diritti umani e dell’uguaglianza delle persone Lgbt+

Una rilevazione confermata dai dati allarmanti di Gay Help Line relativi all’anno 2022. Ne emerge infatti che l’omobistransfobia non si arresta e cresce in maniera sostanziale l’impatto sociale negativo della violenza e delle discriminazioni sulle persone Lgbt+: le più colpite sono le persone trans, le cui segnalazioni aumentano arrivando al 14,7% dei contatti, in particolare i giovani e gli adolescenti.

In occasione della 33esima Giornata Internazionale contro l’omobitransfobia  si è tenuta a Roma, nella sala della Protomoteca del Campidoglio, la presentazione dei dati del contact center Gay Help Line (800 713 713) e della chat Speakly: oltre 21mila i contatti solo nell’ultimo anno.

Sul totale dei contatti gestiti il 41,6% subisce violenza omotransfobica in famiglia in seguito al coming out: le vittime sono per il 31,6% giovani tra gli 11 e i 26 anni. Per il 15% sono i minori LGBT+ ad essere vittima di maltrattamenti familiari protratti nel tempo e caratterizzati da un’escalation di violenza: la reclusione in casa anche ai danni della frequenza scolastica, i tentativi di ‘conversione’, il controllo che sfocia nella violenza verbale e fisica.

Nel 5,7% dei casi il bullismo omotransfobico ha favorito l’abbandono scolastico e solo uno studente transgender su 5 ha ottenuto l’applicazione a scuola della ‘carriera alias’, che prevede l’autorizzazione ad utilizzare nei documenti scolastici pronomi e un nome alias congruente con il genere dello studente. Per il 17% i giovani che hanno contattato Gay Help Line raccontano di aver subito la perdita del sostegno economico da parte dei familiari: la maggior parte di questi sono stati abbandonati e questo ha compromesso i loro percorsi di studio e formazione. Su circa 400 casi di giovani Lgbt+ cacciati di casa solo il 10% riesce e trovare ospitalità nelle case famiglia protette come Refuge Lgbt+ e A casa di Ornella, le nostre strutture, che accolgono le persone Lgbt+ e le supportano perché riescano a superare il trauma subito e a raggiungere la propria autonomia attraverso la formazione e la ricerca del lavoro.

Nel 12,6% dei casi violenza e discriminazione omotransfobiche sono state causa di marginalità sociale e disagio abitativo anche nelle fasce di età adute (fino a 70 anni): le risposte del sistema dell’accoglienza alle conseguenze sociali dell’omotransfobia risultano ad oggi insuffucienti, in particolare per le persone trans. Dell’11,4% di segnalazioni di discriminazione lavorativa, 3 casi su 4 riguardano persone trans per cui la barriera nell’accesso al mondo del lavoro è elevatissima. Il 12% delle segnalazioni riguarda aggressioni, molestie e atti di odio omotransfobico in luoghi pubblici o sul posto di lavoro, scatenati dalla visibilità delle vittime. Solo il 38% delle vittime di aggressione si è recato in pronto soccorso dopo aver riportato lesioni e nella maggior parte dei casi non ha dichiarato di aver subito violenza perchè Lgbt+.

Un dato che risulta costante nel tempo è la difficoltà delle vittime a denunciare: il fenomeno dell’underreporting (mancata denuncia) incide in maniera preoccupante sul riconoscimento dell’entità delle discriminazioni e delle violenze. In questo periodo di forte pressione sociale, sono ancora più urgenti misure legislative a supporto delle persone Lgbt+, ancora prive di tutele contro la discriminazione, l’odio e la violenza. I servizi di Gay Help Line, Refuge Lgbt+ e A Casa di Ornella hanno avuto il sostegno di Unar – Presidenza del Consiglio, Regione Lazio, Roma Capitale, Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai e Chiesa Valdese.

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