L'intervista di Bergoglio
Papa Francesco non andrà a Kiev: “Inutile, la guerra continua”
Papa Francesco parla: conferma che è saltato l’incontro con Kirill previsto a giugno, e conferma che la diplomazia vaticana lavora per una via d’uscita dalla guerra. La forma di questo intervento è l’intervista pubblicata da La Nación, uno dei più importanti quotidiani argentini, rimbalzata da ieri mattina in Italia. Su Kirill, Papa Francesco dice che nonostante i rapporti reciproci siano “molto buoni”, la diplomazia vaticana «ha capito che un incontro di noi due in questo momento potrebbe creare molta confusione». Il Papa aggiunge un dettaglio significativo sul luogo scelto originariamente: «mi rammarico che il Vaticano abbia dovuto sospendere un secondo incontro con il patriarca Kirill, che avevamo programmato per giugno a Gerusalemme». Come è noto, il primo incontro tra i due risale al 2016, nella tappa del Papa a Cuba.
In quell’occasione era stata anche firmata una dichiarazione comune sui buoni rapporti, rimasta del tutto sulla carta. Interessante l’aggiunta successiva. «Ho sempre promosso il dialogo interreligioso», sottolinea il Papa, intervistato dal giornalista Joaquín Morales Solá. «Quando ero arcivescovo di Buenos Aires ho riunito cristiani, ebrei e musulmani in un dialogo fruttuoso. È stata una delle iniziative di cui sono più orgoglioso. È la stessa politica che promuovo in Vaticano. Come mi avete sentito dire molte volte, per me l’accordo è superiore al conflitto». E conferma il desiderio della Santa Sede di cooperare alla ricerca di una mediazione: «Ci sono sempre sforzi. Il Vaticano non riposa mai. Non posso dirvi i dettagli perché non sarebbero più sforzi diplomatici. Ma i tentativi non cesseranno mai». Nel seguito dell’intervista sono stati affrontati diversi argomenti relativi al conflitto. Alla domanda diretta perché non si sia recato in Ucraina (ancora), il Papa ha replicato: «A cosa servirebbe per il Papa andare a Kiev se la guerra continuasse il giorno successivo?». «Non posso fare nulla che metta a rischio obiettivi più elevati, che siano la fine della guerra, una tregua o, almeno, un corridoio umanitario».
La guerra l’ha definita “anacronistica” e ha rivelato anche un dettaglio della visita a sorpresa all’inizio del conflitto all’ambasciatore russo presso la Santa Sede. «Sono andato da solo. Non volevo che qualcuno mi accompagnasse. Era una mia responsabilità personale. È stata una decisione che ho preso in una notte di veglia pensando all’Ucraina. È chiaro a chiunque lo voglia vedere chiaramente che stavo segnalando al governo che avrebbe potuto mettere fine alla guerra in un istante. Per essere onesto con voi, vorrei fare qualcosa affinché non ci sia più una sola morte in Ucraina. Non una di più. E sono pronto a fare tutto». A questo punto l’intervistatore incalza, notando che la causa scatenante, secondo Mosca, è l’intento ucraino di entrare nella Nato e mettere in pericolo la sicurezza russa; in proposito Papa Francesco replica: «Ogni guerra è anacronistica in questo mondo e in questa fase della civiltà. Ecco perché ho anche baciato pubblicamente la bandiera ucraina. Era un gesto di solidarietà con i loro morti, con le loro famiglie e con coloro che soffrono l’emigrazione».
Nel corso dell’intervista, Francesco ha parlato anche del dolore al ginocchio che lo limita nella partecipazione alle celebrazioni. Ha spiegato che si tratta di una lesione del legamento che preferisce curare solo con antidolorifici e ghiaccio. “Passerà” e aggiunge: «Il recupero dei legamenti è lento, a questa età bisogna accontentarsi di sentirsi dire che si è ben conservati». L’intervista, pubblicata in Argentina giovedì sera, rinforza il comunicato della Santa Sede della mattina (ora di Roma) a proposito della richiesta di tregua avanzata dalle Nazioni Unite. «Nella scorsa domenica delle Palme Papa Francesco aveva chiesto una tregua pasquale, per arrivare alla pace. La Santa Sede ed il Santo Padre si uniscono all’appello che il Sig. Antonio Guterres, Segretario Generale dell’Onu, d’accordo con Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, Capo della Chiesa Greco-Cattolica Ucraina, ha lanciato il 19 aprile scorso, per una tregua in occasione della celebrazione della Pasqua secondo il calendario giuliano, il 24 aprile prossimo. Nella consapevolezza che nulla è impossibile a Dio, invocano il Signore perché la popolazione intrappolata in zone di guerra sia evacuata e sia presto ristabilita la pace, e chiedono a chi ha la responsabilità delle Nazioni di ascoltare il grido di pace della gente». Nel corso dell’intervista, scrive La Nación, “due cardinali” vicini al Papa «hanno confessato che sperano che nei primi giorni di maggio gran parte della guerra in Ucraina sarà finita, se non la guerra stessa: questa è l’informazione che hanno, anche se nessuno dei due è sicuro che alla fine accadrà». Un dettaglio importante sulla mentalità e sull’approccio del Papa viene dalla risposta alla domanda sul perché non citi mai direttamente Putin chiamandolo per nome. «Un Papa – spiega – non nomina mai un Capo di stato».
Ultimo tema trattato è il ruolo del giornalismo, ma da un particolare punto di vista. L’intervistatore spiega di avere saputo di un documento in cui papa Francesco parla di “coprofilia” riferita all’atteggiamento dei giornalisti. Decisa la smentita: «non ho fatto quell’accusa. Quello che volevo fare era sottolineare le tentazioni a cui un giornalista può essere esposto». «Ripeto: non ho mai fatto una tale accusa contro tutto il giornalismo. Ho indicato le tentazioni. In realtà, la prima volta che ho parlato della tentazione della ‘coprofilia’ nel giornalismo è stato 20 anni fa ad una cena. Mi sembra, comunque, che delle quattro tentazioni che segnalo per il giornalismo (disinformazione, calunnia, diffamazione e coprofilia) la più grave non sia la coprofilia, ma la disinformazione. Il giornalismo è una professione nobile quando svolge la sua missione di informare. La disinformazione è la faccia opposta dell’informazione». Tra le varie tematiche, spicca la frase lapidaria «tutta la guerra è anacronistica in questo mondo e in questa fase della civiltà», che esprime l’atteggiamento di fondo di Papa Francesco. Argomentazione che lentamente comincia a farsi largo nel mondo cattolico pensante.
Il teologo morale Severino Dianich ha recentemente espresso dei dubbi sulla liceità sempre e comunque della difesa armata da un’aggressione. «Chi potrebbe negare a un popolo aggredito il diritto di difendersi anche con le armi? Eppure non posso evitare di domandarmi: quando? sempre? a quali costi? con quali previsioni? Sono questi interrogativi che non è possibile scavalcare. Sono andato a rivedermi il Catechismo della Chiesa Cattolica e osservo che vi si raccomanda di “considerare con rigore le strette condizioni che giustificano una legittima difesa con la forza militare. Tale decisione, per la sua gravità, è sottomessa a rigorose condizioni di legittimità morale”». Fra queste se ne chiarisce una: “Che ci siano fondate condizioni di successo” (n. 2309). Dianich prosegue entrando in dettaglio: se di fonte all’aggressione armata è lecita la fortissima indignazione e protesta, tuttavia «non ugualmente ragionevole l’insorgenza di un certo qual triste entusiasmo, che viene a circondare la difesa armata dell’alone di una giustizia che incombe in una sua trascendenza, anche al disopra di qualsiasi prezzo, da pagare in vite umane e innumerevoli sofferenze, per vederla riaffermarsi sovrana».
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