Soldato Bergoglio, abile e arruolato nelle file di chi lo tira verso politiche di chiusura nei confronti dei migranti? In realtà le facili strumentalizzazioni o semplificazioni (anche giornalistiche, soprattutto nei titoli) devono fare i conti con il ragionamento portato avanti sull’aereo, nel volo di ritorno dal Bahrein, anche questa volta pienamente coerente con la linea della Santa Sede, umanitaria ed evangelica. Con la differenza che stavolta il Papa ha dato un’apertura di credito al governo italiano da poco insediato. Ma lo ha fatto da buon gesuita, e pertanto – a saper leggere tra le righe – le sue frasi suonano in effetti molto abili nel restringere ogni campo di manovra se ci fosse chi vorrebbe lasciare – letteralmente – i migranti in mare.

E dunque di fronte alla domanda su quale valutazione verso le politiche sul trattamento dei disperati in mare e sul nuovo governo, Papa Francesco ha esordito ricordando il principio di fondo: “I migranti vanno accolti, accompagnati, promossi e integrati. Se non si possono fare questi quattro passi, il lavoro con i migranti non riesce ad essere buono. Accolti, accompagnati, promossi e integrati, arrivare fino all’integrazione”. Secondo: il ruolo dell’Europa. “Ogni governo dell’Unione Europea deve mettersi d’accordo su quanti migranti può ricevere. Al contrario sono quattro i paesi che ricevono i migranti: Cipro, la Grecia, l’Italia e la Spagna, che sono quelli più vicini al Mediterraneo, nell’entroterra ce ne sono alcuni, come la Polonia, la Bielorussia”. Dalla geopolitica, il Papa è tornato al principio: “Parlando dei tanti migranti del mare: la vita va salvata”. E sul Mediterraneo ha ribadito l’idea già espressa nel 2013 nel primo viaggio, a Lampedusa: “È un cimitero”. Anzi di più: “Forse il cimitero più grande del mondo”. Ed ha citato una sua lettura personale e toccante: il racconto “Hermanito”(“Fratellino”), dove Ibrahima Balde, guineano (a quattro mani con Amets Arzallus Antia), racconta la sua storia di ragazzo africano che arriva in Spagna per seguire le tracce del fratello che aveva cercato di raggiungere l’Europa e racconta le sevizie e le forme di schiavitù cui è stato sottoposto prima di raggiungere la sua méta.

“Dittatura della schiavitù, e rischio di morire in mare”, ha sintetizzato Papa Francesco che già in un’altra occasione si era riferito alla vicenda raccontata nel volume. E quindi, ha aggiunto, “la politica dei migranti va concordata fra tutti i paesi, non si può fare una politica senza consenso, e l’Unione Europea deve prendere in mano una politica di collaborazione e di aiuto, non può lasciare a Cipro, Grecia, Italia e Spagna, la responsabilità di tutti i migranti che arrivano alle spiagge”. Nella seconda parte della risposta – già abbastanza ampia – il Papa ha dato un’apertura di credito al governo italiano. “La politica dei governi fino a questo momento è stata di salvare le vite, questo è vero. Fino ad un certo punto si è fatto così e credo che questo governo italiano abbia la stessa politica”. E si riferisce “a quello che ho sentito dire”, cioè la decisione di far sbarcare i profughi più deboli, come poi è accaduto in Sicilia. Ma, ha aggiunto ancora il Papa, la politica di un governo sul tema non può prendere una strada in solitaria. E qui il Papa gesuita ha indicato la rotta di una visione comune, senza la quale non si può procedere.

“L’Italia, questo governo, non può fare nulla senza l’accordo con l’Europa, la responsabilità è europea, e poi vorrei citare un’altra responsabilità europea sull’Africa, credo che questo lo ha detto una delle grandi donne statiste che abbiamo avuto e abbiamo, la Merkel, ha detto che il problema dei migranti va risolto in Africa, ma se pensiamo l’Africa con il motto: l’Africa va sfruttata, è logico che la gente scappi. Dobbiamo, l’Europa deve cercare di fare dei piani di sviluppo per l’Africa. Pensare che alcuni Paesi in Africa non sono padroni del proprio sottosuolo, che ancora dipende dalle potenze colonialiste. È un’ipocrisia risolvere il problema dei migranti in Europa, no andiamo a risolverli anche a casa loro”. Va ricordato che già nell’Ottocento il vescovo missionario Daniele Comboni con il motto “l’Africa agli africani” esortava a una collaborazione tra popoli, criticando da antesignano il colonialismo europeo. Tornando a Papa Francesco, sul governo in carica ha espresso un’idea precisa: “Incomincia adesso, gli auguro il meglio. Sempre auguro il meglio ad un governo perché il governo è per tutti e gli auguro il meglio perché possa portare l’Italia avanti e a tutti gli altri che sono contrari al partito vincitore che collaborino con le critiche, con l’aiuto, ma un governo di collaborazione, non un governo dove ti fanno cadere se non ti piace una cosa o l’altra”.

Commentando le parole del Papa, mons. Vincenzo Paglia, Presidente della Pontificia Accademia per la Vita, ha osservato che “si riferiscono alla più antica legge del mare: salvare, curare e prendersi cura dell’altro. Nello stesso tempo c’è il diritto dell’Italia a venire aiutata dall’Europa, ed il dovere europeo di aiutare a salvare. Ma il diritto-dovere non deve pesare sulle spalle dei migranti. Battiamo i pugni sul tavolo, come paese, per farci sentire laddove ci fossero governi che non vogliono ascoltare. Mai però sulle spalle dei migranti. È questa la saggezza del Papa”. D’altro canto, come si vede, il ragionamento di Papa Francesco è articolato e complesso e va seguito per la sua intera lunghezza. Se viene tagliato qualche elemento per finalità particolari, si cade in un meccanismo di disordine informativo, oggi molto caro alla destra cattolica (soprattutto negli Usa, ma con frange rilevanti in Italia ed in Europa), che manipola Papa Francesco per presentarlo contiguo alla politica e non al Vangelo. Come ha commentato ancora mons. Paglia, “Papa Francesco insiste che la terra è una casa comune e non va danneggiata ed i popoli sono tutti fratelli. Vedo poca consapevolezza sul fatto che i popoli sono una famiglia unica, plurale, e così si impedisce il diffondersi di quella visione universale che Papa Francesco continua a impersonare e proclamare ovunque si trovi”.

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Giornalista e saggista specializzato su temi etici, politici, religiosi, vive e lavora a Roma. Ha pubblicato, tra l’altro, Geopolitica della Chiesa cattolica (Laterza 2006), Ratzinger per non credenti (Laterza 2007), Preti sul lettino (Giunti, 2010), 7 Regole per una parrocchia felice (Edb 2016).