Papa Francesco, smettila di venire strumentalizzato dai politici russi e dalla chiesa ortodossa russa! Lo chiedono a gran voce, in italiano ed inglese, quattro teologi e docenti universitari: Thomas Bremer (Münster), Regina Elsner (Berlino), Massimo Faggioli, (Philadelphia) e Kristina Stoeckl (Innsbruck). La loro analisi è stata pubblicata in italiano da Il Regno e negli Usa dal sito del progressista National Catholic Reporter. In Italia la posizione è avallata da un editoriale di Gianfranco Brunelli (direttore de Il Regno) secondo cui nell’intervista al Corriere della sera della settimana scorsa, papa Francesco “ha scelto l’imprudenza in un quadro che gli appare realisticamente pessimistico”.

Il riferimento è all’espressione “abbaiare” della Nato ai confini con la Russia, utilizzata dal Pontefice per riferirsi alle posizioni russe. In ogni caso i quattro firmatari dell’appello hanno un approccio che vale la pena considerare. Notano, sul tema della strumentalizzazione delle posizioni del Vaticano, che «in oltre due mesi dall’inizio dell’invasione russa, la Chiesa ortodossa russa non ha perso una sola occasione per affermare che il Vaticano è al suo fianco nella situazione in Ucraina. Mentre la diplomazia vaticana e papa Francesco cercano di scegliere le parole e i simboli per affrontare una guerra che sembrano interpretare come il risultato di un conflitto geopolitico di interessi tra Russia e Stati Uniti, il Patriarcato di Mosca è rimasto fermo nella sua determinazione a presentare il Vaticano come alleato e ignorare le evidenze del contrario». Le prove di queste affermazioni sono nei modi con cui i media russi hanno presentato le azioni del Papa.

Pertanto la visita all’ambasciatore russo del 25 febbraio non era per sostenere la pace (media vaticani e occidentali) ma per conoscere la situazione del Donbass (media russi). Gli appelli del Papa alla pace non sono appelli per la pace (media vaticani e occidentali) ma supporto alla giustificazione della guerra (media ortodossi russi).
La base delle argomentazioni dei quattro docenti si trova in una pubblicazione dell’Accademia delle Scienze della Russia, che analizza le posizioni occidentali verso la guerra e inserisce la Chiesa cattolica tra le parti in causa. Così con la loro analisi e il loro appello al Papa, i quattro intendono esprimere una preoccupazione. «Un Vaticano – spiegano – che continua a dialogare con questa gerarchia (ortodossa russa ufficiale, per spiegarci, nota mia), ignorando tutte le altre articolazioni della Chiesa ortodossa russa dentro e fuori i confini della Federazione russa e ignorando la Chiesa ortodossa autocefala ucraina rischia un danno enorme al progetto ecumenico.

L’ecumenismo è guidato anche dall’idea che tutte le Chiese cristiane condividano punti di vista simili sulla pace, il valore della vita umana e la verità. Già da molti anni il Patriarcato di Mosca ha interpretato unilateralmente questi valori in modo restrittivo ed esclusivo in termini di valori cristiani tradizionali. A metà degli anni 2010 il Patriarcato di Mosca, così come i neoconservatori negli Stati Uniti qualche anno prima, aveva sognato una «santa alleanza» delle forze cristiane conservatrici con il Vaticano, un sogno interrotto dal papato di Francesco. Conclusione: «Comprendiamo e rispettiamo l’impegno a lungo termine di papa Francesco per la pace e contro la corsa alle armi. Per quanto riguarda la situazione in Ucraina, invece, questo impegno da solo non è sufficiente, perché evidentemente fa il gioco di chi sostiene la guerra. Per questi motivi è necessario da parte di papa Francesco un chiarimento della posizione della Chiesa cattolica sull’Ucraina».

Che dire? L’analisi ha qualche fondamento però non è completa. Certamente esiste una saldatura geopolitica globale dei neoconservatori: dagli Usa alla Russia passando per Spagna, Francia, Germania, Italia, Stati Uniti, esistono gruppi ben finanziati che usano la religione per fini politici (del resto gli attacchi al pontificato vengono da questi elementi) ed hanno sostenitori in larghe fette della Chiesa. E questo spiega perché molti episcopati occidentali (italiano compreso) si esprimano poco sul tema della guerra e comunque non seguono i pronunciamenti quasi quotidiani del Papa – con l’eccezione della Comece (la rappresentanza dei vescovi presso le istituzioni europee). Però sulla “strumentalizzazione” di cui sarebbe vittima la posizione del Pontefice qualcosa si può dire. Per restare sul puro piano della logica, se la Russia è un paese dove non c’è libertà di stampa, come può fare il Papa (e la Santa Sede) a far conoscere direttamente la posizione che ha? Non si capisce. Ed anche dove c’è libertà di stampa (vedi gli Usa), le posizioni di papa Francesco vengono sistematicamente manipolate quando non piacciono, per opera degli stessi media conservatori cattolici e non c’è possibilità di replica, grazie a ben note e collaudate tecniche di “hate speech” ed “echo chambers”, in un contesto di disordine informativo che comprende una convergenza di modalità: disinformazione, malainformazione, misinformazione – e non sono sinonimi! Quindi l’osservazione dei quattro docenti sembra abbastanza non attinente e non utile, invalidando così tutto il resto delle argomentazioni che sembrano anti-papali più che costruttive.

Cosa potrebbe fare papa Francesco che non sta già facendo? Più che parlare di continuo, più che cercare di avere rilievo sui media vaticani (in più lingue) ed internazionali, cosa può fare il Papa se a volte neanche gli episcopati lo seguono? Il meccanismo del disordine informativo è molto attivo, forte, gode di finanziamenti rilevanti e contrastarlo non è facile. Tra l’altro la manipolazione sistematica non colpisce solo il Papa ma anche enti vaticani (la Pontificia Accademia per la Vita e mons. Vincenzo Paglia lo sanno bene e sanno quanto è difficile intervenire!) e semmai servirebbe una strategia coordinata all’interno, per contrastare il disordine informativo (finora non c’è!). Secondo e più importante aspetto. Le preoccupazioni sul venire manipolati sono legittime. Però dovrebbe esserci una preoccupazione ancora più forte e riguarda la poca accettazione o comprensione del messaggio del Papa. Che non è pacifista nel senso politico del termine. È pacifista nel senso “illuministico”, considerando la pace l’unica soluzione ragionevole, perché la guerra è distruzione totale e nulla risolve, soprattutto oggi con le armi a disposizione. E infatti si combatte una guerra di eserciti perché l’uso del nucleare distruggerebbe il pianeta e sarebbero sconfitti anche i presunti vincitori.

La globalizzazione delle economie e del commercio fa sì che la guerra abbia effetti devastanti in tutto il mondo (4,5 milioni di tonnellate di cereali bloccate in Ucraina vogliono dire aumento della fame globale e delle migrazioni: vedere i dati della Fao). La pace è logica, razionale e non ha alternative. Porta più benefici economici che non la produzione e la vendita delle armi. Stupisce che persone di fede (di tutte le confessioni religiose, ma proprio tutte e non solo quelle cristiane), teologi, episcopati, politici laici, atei, cristiani, credenti e non credenti, non lo capiscano e si ostinino a spolverare giustificazioni teologiche alla guerra di difesa come nel Medioevo o nel 1914 e non nell’era più tecnologica e distruttiva della storia. La preoccupazione dovrebbe essere su questo assopimento (eufemismo) del pensiero e sulla supina accettazione di una barbarie inaccettabile. Papa Francesco denuncia continuamente che la guerra giusta non esiste: lo dice da oltre due mesi e lo ha scritto nella “Fratelli Tutti” facendo fare al Magistero un passo avanti.

Chi dice al Papa cosa dovrebbe fare rientra in una categoria storico-teologica precisa: è pelagiano, eresia sempre pronta a spuntare fuori, che vuol dire contare sulle proprie forze per agire, prescindendo dal Vangelo e dal Magistero, anzi con la pretesa di dire al Papa come sarebbe giusto andare avanti. Basta leggere i documenti del Magistero dell’ultimo secolo per capire che la guerra non si può proprio fare. Il Catechismo, tanto spesso citato a spropositato, parla sì di “guerra di difesa” ma la collega a una serie precisa di condizioni che la rendono di fatto inaccettabile, come tutte le guerre, come ripetono Giovanni XXIII, Paolo VI, Benedetto XVI. E senza contare Giovanni Paolo II. Bastano? Piuttosto nell’era del disordine informativo, bisognerebbe porsi davvero il problema di individuare strategie informative migliori. Anche all’interno della Chiesa (esempio di ‘pelagianesimo’ positivo!).

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Giornalista e saggista specializzato su temi etici, politici, religiosi, vive e lavora a Roma. Ha pubblicato, tra l’altro, Geopolitica della Chiesa cattolica (Laterza 2006), Ratzinger per non credenti (Laterza 2007), Preti sul lettino (Giunti, 2010), 7 Regole per una parrocchia felice (Edb 2016).