La guerra Russia-Ucraina
“Inviando armi per la pace stiamo giocando con l’apocalisse”, intervista a Luciana Castellina
Luciana Castellina è… Luciana Castellina. Un pezzo di storia della sinistra comunista, una grande giornalista e scrittrice, un punto di riferimento inossidabile per il movimento pacifista. Questo è tanto altro è stata ed è la “compagna Luciana”. Soprattutto, una voce libera, controcorrente. E di questi tempi bellicisti, anche nell’informazione, è un bene prezioso. Da difendere.
Il segretario alla Difesa Usa, Lloyd Austin, che afferma “Vogliamo vedere la Russia indebolita al punto di non poter fare il tipi di cose che ha fatto con l’invasione dell’Ucraina”. La Gran Bretagna che rilancia, sostenendo che “è lecito colpire il suolo russo con le nostre armi”. Che sta succedendo?
Sta succedendo che c’è una irresponsabilità diffusa, alimentata in particolare dall’America e da Johnson. Una irresponsabilità pesante che si sta diffondendo e che riguarda anche l’Italia. Gli irresponsabili non tengono in conto che oggi una guerra mondiale, uno scontro fra la Nato e la Russia, può portare automaticamente alla guerra nucleare. Perché oggi non ci sono più le “belle”, “buone” bombe che potevano essere messe in atto soltanto dai capi di Stato. Oggi il nucleare sta nelle “rivoltelle”, che sono il nucleare tattico, il nucleare a corto raggio e via elencando. Se si pensa che, per di più, l’Ucraina è piena di foreign fighters, assoldati o volontari, anche solo per un errore può scoppiare la scintilla che fa deflagrare non solo la guerra mondiale ma la guerra mondiale nucleare, da cui non si torna più indietro. Che si giochi con questo è già spaventoso. E lo è anche alla luce del fatto che i governanti europei parlano di tutto senza però dire che cosa intendano fare. Cosa pensano di fare? Che gli ucraini batteranno militarmente la Russia? Certamente, no. Ma le forzature della Nato, cioè dell’America, finiranno per spingere anche tutti noi Europei nella guerra. Questa prospettiva, angosciante, si fa sempre più realistica. È un effetto di trascinamento dalle conseguenze incalcolabili. Se le cose andranno avanti così, l’intervento diretto nella guerra della Nato e dell’Europa sarà automatico. E a quel punto, è finita. Che si possa giocare con queste cose è assurdo. Il dialogo è difficile? Certo che lo è. Ma bisogna anche sapere che il dialogo deve portare a un compromesso. E un compromesso vuol dire che una parte cede una cosa e una parte cede un’altra…
Invece?
Hanno interpretato il viaggio del segretario generale dell’Onu, Guterres, a Mosca soltanto come “Putin sbatte la porta in faccia all’Onu”. Non è vero. Gli ha detto una cosa che è più nuova rispetto al passato…
Vale a dire?
Ha detto: vogliamo discutere del Donbass e della Crimea. È già un inizio di dialogo, questo. Che noi dovremmo acchiappare e dire va bene, cominciamo a discutere di questo, poi si vede. Se invece si liquida quello che Putin ha detto a Guterres come uno schiaffo in faccia all’umanità, è certo che il dialogo non comincerà mai. Sono molto preoccupata, comincio ad avere veramente paura, perché mi pare che abbiamo a che fare con una manica di totali irresponsabili. Anche Putin, sia chiaro. Adesso però mi occupo della parte mia.
Per restare dalla parte nostra. Una parte che comprende anche, e molto, gli Stati Uniti. In molti hanno tirato un sospiro di sollievo alla sconfitta di Donald Trump e alla vittoria di Joe Biden. E adesso?
Adesso Joe Biden si è mostrato più cretino, per usare un francesismo, di quel che pensavamo. Che non fosse un genio era evidente. E soprattutto, dietro c’è un punto che coinvolge tutti. Questi sono abituati a pensare che l’Occidente può fare quel cavolo che gli pare e gli altri invece no. Finché questa arroganza non termina, non si finirà mai di fare la guerra, perché tre quarti del mondo si sono stufati di vedersi proibite le cose che gli altri possono fare. Vuoi un esempio?
Certo che sì.
Per restare all’Europa. Se tu prendi la vicenda del Kosovo: i bombardamenti su Belgrado fatti dalla Nato, con il consenso del nostro governo guidato da un leader della sinistra. I bombardamenti sono stati per 73 giorni su Belgrado. La popolazione serba del Kosovo è stata massacrata. E il Kosovo che cos’era se non un atto di ribellione all’interno di una violazione dei confini usciti dalla Seconda guerra mondiale? Tutta la storia della Jugoslavia è questa. Ma non c’hanno pensato un minuto a sganciare le bombe. Non si può pensare che l’Occidente possa fare questo e tutti gli altri no. Questo è il punto. Finché questi non cedono alla loro boria e arroganza dei valori dell’Occidente… Poi, sai, quando sento dire i valori dell’Occidente, francamente… Se la televisione italiana avesse fatto vedere tanti bambini morti in Siria o in Iraq come li fa vedere per l’Ucraina, forse la gente avrebbe capito un po’ meglio.
L’Anpi è sotto attacco. Come lo sono il movimento pacifista e la Cgil. Non fa un po’ paura questo pensiero unico in divisa militare?
La cosa impressionante è che si comportano in questo modo con Pagliarulo ma anche col Papa. Esattamente lo stesso modo. Il Papa viene dato come ultima notizia, con un tono che sembra dire “vabbè, poi c’è questo signore vestito di bianco che dice castronerie”. Questo fa piuttosto impressione. Tanto più tenendo presente l’emergere di una crisi della democrazia italiana, e cioè che mentre il 60/70 % degli italiani pensa che non bisogna inviare armi, anche per ragioni più egoistiche ma comunque la pensa così, il 95% del Parlamento invece le vuole mandare. Vuol dire che un problema di rappresentanza politica in Italia esiste, è molto serio, e di questo bisognerebbe essere preoccupati.
Si dice, anche a sinistra: beh, se si vuole arrivare a una trattativa, occorre sostenere, anche militarmente, la resistenza ucraina. Detta in altri termini, la resistenza armata è condizione per raggiungere una pace giusta. Come la vedi?
Queste sono delle balle. Si tratta se si accetta, da ambedue le parti in conflitto, il cessate-il-fuoco. Bisogna trovare le condizioni per il cessate-il-fuoco. Perché se si spara non c’è che l’escalation dello sparo. I ragazzi ucraini vogliono combattere, si capisce. Ma la cosa grave è l’irresponsabilità dei governanti, e siccome non ce la possono fare militarmente, interverranno pesantemente non solo gli armamenti della Nato ma le truppe della Nato. E a quel punto ci sarà una escalation che non ferma più nessuno. Questa è una follia. Se si vuole fare una trattativa, prima di tutto devi cominciare a non dire che vuoi che l’intervento del Tribunale de L’Aia per impiccare Putin, questo non è un modo buono per iniziare un dialogo, ovviamente.
Tu hai fatto riferimento ad una Nato decisamente a trazione americana. E l’Europa in tutto questo?
L’Europa fa orrore. Se l’Europa avesse preso l’iniziativa politica in tempo utile, se avesse fatto una politica diversa da quella che ha fatto, a partire dal ’90 in poi… Perché questo è il frutto di ciò che si è consumato allora. A quei tempi, io ero in Parlamento e ho visto svolgersi giorno per giorno quella politica sciagurata: aumentare l’accerchiamento della Nato, passare da 12 Paesi a 30, tutti quanti intorno alla Russia. Putin se lo sono inventati loro. Perché le sue fortune nascono da una reazione nazionalista, certamente, ma in qualche modo giustificata anche dalla frustrazione che l’Europa ha creato. Invece di tentare di includere la Russia in una comune rete di collaborazione politica, culturale e di sicurezza, hanno fatto il contrario. Tutto questo è stato preparato per trent’anni, non è che scoppia all’improvviso. E così facendo hanno anche provocato il peggio nella società russa.
In Ucraina siamo ad una riedizione della “Guerra di civiltà”, cara ai neocon, declinata stavolta in termini di democrazie versus autocrazie?
Per poter parlare di democrazia senza arrossire di vergogna, per prima cosa bisognerebbe dare il buon esempio. Quando io sento gridare ai valori occidentali, mi aspetterei che ci fosse un minimo di riflessione autocritica… Quando vedo il segretario del Pd che dice che noi siamo con i valori dell’Occidente, della Nato, degli Stati Uniti, mi viene la pelle d’oca.
Tu che del movimento pacifista sei una memoria storica oltre che tutt’ora una infaticabile attivista, come reagisci quando senti o leggi cose del tipo “ma i pacifisti dove stanno..”?
Innanzitutto sono azzittiti, ammutoliti da un sistema mediatico che gli impedisce anche di parlare. I pacifisti hanno una colpa: quella di essere stati disattenti, lo ho anche detto alla manifestazione di Piazza San Giovanni, di tutti i trent’anni in cui questa guerra è stata preparata. Le guerre si possono fermare prima che scoppino, quando sono scoppiate diventa un’altra storia. A guerra scoppiata l’istinto diventa bellico, violento. Bisognava che tutti, non solo i pacifisti ma i democratici responsabili, si accorgessero di quello che è stato fatto, passo dopo passo, dalla Nato e dall’Unione Europea, e cioè costruire attorno alla Russia un isolamento e una presenza armata. Questo è il frutto della politica europea. Noi dicevamo: “una Europa senza missili dall’Atlantico agli Urali”. Significava l’autonomia dell’Europa dai blocchi militari. C’era, in quegli anni, uno schieramento di socialdemocrazie molto favorevole a questa ipotesi. Anche Enrico Berlinguer, non il suo partito ma Enrico Berlinguer, capì questa cosa e lanciò l’idea della Terza via che voleva dire proprio questo. Quella strada ci avrebbe portato a un altro, diverso mondo. Gorbaciov aveva creato tutte le condizioni, perché aveva ritirato tutte le sue truppe, e anche noi avremmo dovuto fare la stessa cosa. Quell’occasione è stata lasciata cadere e adesso ne paghiamo le conseguenze.
Spesso si ripete che senza memoria non c’è futuro. Ma come si può reggere una memoria “selettiva”, per cui nel mondo ci sono guerre “dimenticate” e oppressioni di popoli, come quello palestinese, colpevolmente ignorate?
Questo è anche il senso della guerra dell’Ucraina. Dietro a questa guerra, c’è un confronto internazionale di ridisegno dei poteri nel mondo. E c’è una parte del mondo che non accetta più di essere trattato come un pedalino. La memoria selettiva parte dal fatto che l’Occidente ha tre quarti del controllo dell’informazione mondiale.
A proposito d’informazione. Tu sei stata anche una grande giornalista, tra i fondatori de il Manifesto. Rispetto al modo in cui viene raccontata questa guerra, e non solo, da giornalista cosa provi?
Provo orrore. Perché come ha giustamente scritto in un editoriale l’Avvenire, c’è in atto una silenziosa e subdola campagna di seduzione verso la violenza. Far vedere mucchi di cadaveri tutti i giorni alla televisione… Beh, prima di tutto dovresti sapere che se c’è la guerra ci sono bombardamenti, è difficile una guerra senza bombardamenti. Invece di fare in modo, o almeno provarci, di suscitare la giusta reazione, che è quella di dire smettete, fermatevi tutti, fanno vedere questi mucchi di cadaveri, alimentando così questa neanche più tanto subdola campagna di seduzione verso la violenza, dicendo “ma no, creiamone ancora di più, facciamone altri”. Una cosa terribile.
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