Campo largo ai minimi termini. A Bari fallisce l’operazione della candidatura “terza” del giurista Nicola Colaianni, spinto dall’ex governatore pugliese Nichi Vendola con l’obiettivo di unire Pd e M5s. Intanto Elly Schlein e Giuseppe Conte corrono sul filo di un’altra giornata ad alta tensione. “Non ho bisogno di consigli”, dice la segretaria dem durante una conferenza stampa alla sede della Stampa Estera, a Roma. Schlein si riferisce a Conte. Che continua a provocare il Nazareno: “Oggi annuncio ufficialmente che se supereremo il Pd alle europee non farò valere questo come motivo di leadership nei confronti del Pd, si rilassino”. L’ex premier nega le pretese di leadership su un campo largo che non c’è. Ma con la stessa evocazione della questione, la mette automaticamente al centro del tavolo. Oltre alle dichiarazioni, ci sono i fatti. Come quelli di Bari.

Il caso Bari

Il capoluogo pugliese è l’epicentro del terremoto politico che sta mandando all’aria il dialogo tra Pd e Cinque Stelle. Anche lì a cominciare la guerriglia è stato Conte. Dopo l’inchiesta per presunta compravendita di voti, che ha portato alle dimissioni dell’assessore dem della Regione Puglia Anita Maurodinoia, il presidente del M5s ha fatto saltare le primarie per scegliere il candidato del centrosinistra alle prossime comunali a Bari. Quindi è cominciato il balletto per trovare un nome che potesse unire di nuovo il campo largo. Un candidato alternativo sia a Vito Leccese, sostenuto dal Pd e dal governatore Michele Emiliano, sia a Michele Laforgia, appoggiato da Conte e da Sinistra Italiana. A quel punto torna in campo un ex big come Vendola, che contatta l’ex magistrato Colaianni, con il beneplacito dell’attuale sindaco Antonio Decaro.

Vendola e Decaro si incontrano riservatamente, poi il giurista settantottenne fa un passo avanti e scopre le carte. Nonostante le resistenze di parte della dirigenza barese del Pd, anche Schlein gioca le sue fiches su Colaianni. Quando l’accordo sembrava in dirittura d’arrivo ecco Conte, sempre in versione guastafeste. L’ex premier piccona il magistrato per via della sua età e rilancia su Laforgia. Il giorno successivo Colaianni annuncia il suo ritiro. “Ho riscontrato che, pur nella sostanziale convergenza ideale e programmatica, permangono rigidità che non rendono possibile una composizione”, spiega in una nota il docente. “Per il ritiro della candidatura hanno pesato le parole di Conte ma anche il rinvio della decisione da parte dei candidati locali”, prosegue Colaianni. Che se la prende con la “melina” dei candidati di Pd e M5s.

Un centrosinistra diviso

Dopo il ritiro, Laforgia e Leccese si riuniscono in conclave alla ricerca di una mediazione. Ma è concreta l’ipotesi di un centrosinistra che si presenterà diviso alle urne delle comunali a Bari. “Colaianni si è ritrovato catapultato in un talent show”, commenta il candidato dem. “I candidati li scegliamo qui, non a Roma”, insiste l’avvocato sostenuto da Conte. Al momento, dunque, il Pd resta su Leccese e il M5s è fermo su Laforgia.

Sul fronte politico Schlein prova a pungere il leader: “L’avversario è la destra e il governo. Spero che questo obiettivo non interessi solo a me. Io non ho bisogno né di consiglio né di altro per fare quello per cui sono stata eletta”. Il messaggio è tutto per Conte, che negli scorsi giorni aveva esortato la segretaria a eliminare “cacicchi” e “acchiappavoti”. Infine la sorpresa. Una rivendicazione dell’identità di sinistra del Pd: la nuova tessera con l’effigie di Enrico Berlinguer e la frase “Casa per casa, strada per strada”.