Ha lasciato un Paese diviso, lacerato, una parte del quale in rivolta contro il suo “golpe” giudiziario. È atterrato in una città, Roma dove l’attende una protesta organizzata dalla comunità locale. Un viaggio accidentato quello iniziato ieri in Italia da Benjamin “Bibi” Netanyahu, il primo ministro più longevo nella storia d’Israele. “Israele deve restare una democrazia, è interesse anche dell’Occidente, non può trasformarsi in una teocrazia” è il messaggio di una la manifestazione prevista oggi contro Netanyahu e la sua controversa e contestata riforma della giustizia.

La manifestazione “Saving Israeli democracy” punta a sensibilizzare l’opinione pubblica italiana e le istituzioni italiane sulla deriva anti-democratica dell’attuale governo di estrema destra in Israele, che sta cercando di limitare il potere della giustizia con una riforma del sistema giudiziario, spiegano gli organizzatori sulla loro pagina Facebook. Sulla scia delle proteste in corso in diverse città israeliane e all’estero, la manifestazione a Roma, in programma a partire dalle 15 di venerdì, organizzata dal gruppo indipendente “Liberi cittadini israeliani”, composto da esponenti della società civile israeliana in Italia, “punta a preservare il sistema democratico in Israele”. C’è poi un’altra defezione, quella della interprete. “Mi è stato chiesto di tradurre Benjamin Netanyahu durante la sua prossima visita in Italia. Dopo aver riflettuto a lungo, ho deciso di rifiutare” scrive su Facebook Olga Dalia Padoa, chiamata a fare da traduttrice durante la visita del primo ministro israeliano a Roma.

Padoa ha condiviso in un post su Facebook le sue motivazioni. “Non solo non condivido le opinioni politiche di Netanyahu, ma a mio avviso la sua leadership è estremamente pericolosa per quanto riguarda la democrazia nello Stato di Israele. Di più: se accetto di collaborare alla traduzione delle sue parole, i miei figli non mi perdoneranno”, si legge nel post, “ho cercato di convincerli che si trattava solo di lavoro, e che se avessi rifiutato il mio gesto non avrebbe cambiato quasi nulla, ma non erano disposti ad accettare alcuna spiegazione. Mi hanno stupito: di solito sembrano avere poche speranze per il futuro del genere umano in un periodo travagliato e turbolento come questo, e mi incoraggiano sempre ad accettare nuovi lavori. Ma in questo caso sono stati determinati: non collaborano con chi promuove principi fascisti e sopprime la libertà, semplicemente non lo fanno”. Concetti forti, che Olga Padoa ha ribadito ai microfoni di La Presse: “Ho voluto lanciare un messaggio di risveglio. Ho sentito i manifestanti israeliani che commentavano questa voglia del loro popolo di riprendere in mano il proprio futuro. E’ lo stesso messaggio che ho percepito dai miei figli, assolutamente contrari a questa mia collaborazione. Proprio per questo volevo dire di non gettare la spugna e questi piccoli gesti possono arrivare a qualcosa di buono. Ho riflettuto molto a questa mia scelta – prosegue Olga – non volevo agire di impulso e non sono una che di solito si muove su spinte ideologiche. Non so che ricadute avrà sul mio lavoro ma sono pronta a tutto”.

Quella di “Bibi” è stata ieri mattina una partenza ad handicap da Tel Aviv. Ne dà conto un lancio Ansa: “Il premier israeliano Benjamin Netanyahu è arrivato in elicottero all’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv, proveniente da Gerusalemme, per evitare i rigidi blocchi stradali eretti da folti gruppi di manifestanti per impedire la sua partenza per la visita di Stato in Italia. Secondo i media locali, Netanyahu si è imbarcato su un elicottero della polizia e non su quello dell’esercito che da alcune ore lo attendeva vicino all’ospedale Hadassah, dove si erano raccolte colonne di dimostranti. Al Ben Gurion il premier incontrerà il ministro della Difesa Usa Lloyd Austin prima di volare verso Roma. Intanto si segnalano blocchi stradali anche a Tel Aviv, dove i manifestati si sono riuniti a centinaia in pieno centro. Bloccato, per alcune ore, anche l’ingresso del porto di Haifa. Queste mobilitazioni di protesta fanno parte della ‘Giornata nazionale di resistenza in terra, aria e mare’ indetta dalle organizzazioni contrarie alla riforma giudiziaria voluta dal governo di destra. A Tel Aviv intanto si stanno ingrossando i cortei, come sta avvenendo in altri luoghi di Israele Gerusalemme compresa. Il ministro della Sicurezza nazionale, Itamar Ben Gvir, è arrivato al quartiere generale della polizia al Ben Gurion.”Sono venuto per rafforzare le nostre forze – ha detto, citato da Haaretz non permetteremo l’anarchia”.

L’intensità delle proteste contro Netanyahu è aumentata proprio negli ultimi giorni, raggiungendo il culmine mercoledì scorso, quando la polizia ha sparato granate stordenti contro i manifestanti e ci sono stati violenti scontri. Domenica hanno protestato contro Netanyahu anche alcuni membri dell’aeronautica israeliana: 37 piloti hanno dichiarato che non si sarebbero presentati a una giornata di addestramento prevista per il prossimo mercoledì per «dedicare il proprio tempo al dialogo e alla riflessione, per il bene della democrazia e dell’unità nazionale». È un gesto di protesta considerato senza precedenti in Israele. Sempre nel fine settimana ci sono stati scontri tra polizia e manifestanti israeliani anche ad Hawara, città palestinese circa 6 chilometri a sud di Nablus che all’inizio della settimana era stata attaccata da decine di coloni israeliani. Venerdì un gruppo di manifestanti israeliani aveva organizzato una manifestazione di solidarietà nei confronti dei palestinesi: l’esercito israeliano ha risposto sparando granate stordenti e gas lacrimogeni. In alcuni casi, ha scritto Associated Press, “i manifestanti sono stati immobilizzati a terra con le ginocchia degli agenti premute sul collo e sulla schiena, oppure presi a calci”.

Ieri Netanyahu ha avuto un incontro privato con la comunità ebraica romana. Oggi il clou politico della visita: l’incontro con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Cosa le chiederà, Netanyahu lo anticipa in una intervista al direttore di Repubblica Maurizio Molinari. All’Italia, come all’Europa, chiede di riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele. «È ora che Roma riconosca Gerusalemme, nostra capitale da tremila anni». È il “dazio” politico che Netanyahu intende esigere dalla premier di destra, e per questo che sente a lui molto vicina, per aver definitivamente sdoganato una destra dai trascorsi non proprio affini agli ebrei. Un “trofeo” utile per provare a sedare la rivolta interna. A Giorgia Meloni, Netanyahu chiede di seguire la strada aperta dal suo caro amico Donald Trump. Il che vorrebbe dire spostare la nostra ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme. Cosa che nessun Paese europeo, almeno di quello che contano, ha fatto. Sarà l’Italia l’apripista?

Avatar photo

Esperto di Medio Oriente e Islam segue da un quarto di secolo la politica estera italiana e in particolare tutte le vicende riguardanti il Medio Oriente.