Mentre fuori i partiti si scannano, dentro e fuori il perimetro della maggioranza, nella Gran Sala del Consiglio a palazzo Chigi la Lega decide di non partecipare al voto. La Fase 2 del governo inizia con una sostanziale dichiarazione di “fine pandemia”. Tra vaccinazioni e restrizioni, il picco di Omicron è ormai superato e d’ora in poi, complice la bella stagione e almeno fino all’autunno, dovremmo andare in discesa. E con sempre minori regole. Per chi ha fatto tre dosi di vaccino o è uscito, nel breve periodo, dalla malattia.

Ma i ministri leghisti – a cui ieri Salvini aveva chiesto di “metterci la faccia” visto che s’è stufato di metterci “sempre e solo” la sua – non sono d’accordo con la misura aperturista. Dietro l’apparente paradosso – la Lega aperturista contro il pacchetto di misure più aperturiste di sempre – quella che i leghisti definiscono “una grave discriminazione”: le riaperture, infatti, e la semplificazione delle norme riguardano i vaccinati con tre dosi. Restano impigliati nel groviglio di norme e divieti chi ha deciso di non vaccinarsi, adulti e bambini. Il Consiglio dei ministri n°59 del 2 febbraio 2022 è un appuntamento zeppo di significati: un anno fa, oggi, il presidente Mattarella dava l’incarico a Mario Draghi di formare “il governo dei migliori” senza colore politico nel nome della responsabilità.

Ieri è stato nei fatti il primo tempo della Fase 2 del governo Draghi visto che la riunione di lunedì era stato soprattutto un guardarsi di nuovo in faccia dopo gli agguati, le trappole e i fallimenti del romanzo Quirinale durato un mese e mezzo. Sgomberato il campo dal dilemma chi va al Colle e chi resta a Palazzo Chigi, chiarito chi deve fare cosa, il governo intende ripartire con una tabella di marcia serrata. Al netto dei siluri che arriveranno un giorno sì e l’altro pure da quegli stessi partiti che hanno voluto la continuità salvo poi sparargli addosso per motivi di posizionamento politico e campagna elettorale.

“I provvedimenti di oggi vanno nella direzione di una ancora maggiore riapertura del Paese” ha esordito il presidente Draghi aprendo i lavori del Consiglio dei ministri. Nel decreto ci sono le misure verificate in questi giorni con il Comitato tecnico-scientifico e il ministro Speranza e spiegate alla maggioranza nella Cabina di regia che ha preceduto il Cdm. “Oggi ci occupiamo della scuola in presenza, che è da sempre la priorità di questo governo” ha continuato il premier. “Veniamo incontro alle esigenze delle famiglie, che trovano il regime attuale delle quarantene troppo complicato e restrittivo. Vogliamo limitare di molto l’uso della didattica a distanza, per permettere a un numero sempre maggiore dei nostri bambini e ragazzi di andare in classe”. Più libertà anche oltre la scuola: sono eliminate le restrizioni, anche in zona rossa, per chi è vaccinato; la validità del green pass per chi ha tre dosi – oppure due dosi ed ha già avuto il Covid – diverrà indefinita. “Nelle prossime settimane – ha aggiunto il premier – andremo avanti su questo percorso di riapertura sempre sulla base dell’evidenza scientifica e l’andamento delle curve”.

Giorgetti, capo delegazione della Lega al governo, ha avvisato il premier prima ancora dell’avvio della cabina di regia. “Mario noi non possiamo votare, dal nostro punto di vista tutto ciò è discriminatorio. E lo è soprattutto per i bambini”. Il ministro dello Sviluppo economico ha incontrato Salvini a fine mattinata in zona Senato. E qui è stato deciso quello che è ancora più uno strappetto che uno strappo vero e proprio. Il 70 per cento dei ragazzi sopra i 12 anni non è vaccinato “e non è certo vessando le libertà dei nostri ragazzi che convinciamo i genitori a vaccinarli”. Questo la Lega non può saperlo. E invece creare nei fatti due binari – i vaccinati nei fatti non avranno più dad e neppure l’isolamento se vaccinati – può essere il motivo che induce i genitori a cambiare idea. I dati del ministro parlano chiaro: il 74% dei ragazzi ricoverati non è vaccinato. Draghi ne ha preso atto e ha detto: “Io vado avanti, fate voi…Francamente non capisco: nella sostanza vi state opponendo alla riapertura del Paese”. Intorno al tavolo del governo si sono seduti solo i ministri Garavaglia e Stefani che però non hanno partecipato al voto.

Difficile dire se quello di ieri è stato un caso isolato o sarà invece la costante dei prossimi mesi. Se, oltre alla Lega, vorrà intraprendere lo stesso metodo anche il Movimento 5 Stelle alla prese con la guerra finale tra Giuseppe Conte e Luigi Di Maio. Quello che è abbastanza chiaro è che Mario Draghi non ha alcuna intenzione di rallentare nuovamente l’azione del governo per mediare istanze che non hanno un fondamento politico ma sono strumentali alla eterna campagna elettorale che ha segnato la XVIII legislatura. Ieri, dopo il Consiglio federale della Lega che ha confermato e blindato Salvini (ma non poteva essere diversamente) e mentre i primi sondaggi premiano la “coerenza” (facile) di Meloni arrivata oltre il 20% e puniscono le Lega di governo scesa al 17%, doveva essere dato un segnale. Molto contraddittorio ma sempre un segnale. “Continuando a seguire l’andamento della curva epidemiologica, annunceremo un calendario di superamento delle restrizioni ancora in vigore. Vogliamo un Italia sempre più aperta, soprattutto per i nostri ragazzi” ha detto Draghi. Parole che la Lega avrebbe dovuto sottoscrivere una dopo l’altra. Come hanno fatto, del resto, gli altri ministri.

Un governo che vuol correre. E fare. Forte del fatto che chi proverà a fermare questa corsa – tirando ogni volta la corda finché poi un giorno si romperà – ne sarà responsabile di fronte al Paese a cui dovrà chiedere il voto per le prossime elezioni. La riunione a palazzo Chigi ha archiviato il dissenso leghista ed è passata oltre. Alla verifica del Pnrr. Il giudizio è stato “positivo”. Al 31 gennaio 2022 le amministrazioni titolari di interventi hanno emanato 113 bandi e avvisi per un importo complessivo pari a circa 27,86 miliardi di euro. Ad oggi risultano aperti 48 bandi per un ammontare di risorse da assegnare pari a 23,17 miliardi. Il “bello” arriva adesso: riusciranno le amministrazioni a mettere a terra i progetti, realizzarli e spendere i soldi? Qui i giudizi si fanno un po’ più preoccupati.

Ecco perché sarebbe più opportuno dedicare le energie su questo punto anziché perderle per questioni di bandiere per lo più contraddittorie. Nel 2022 l’Italia deve conseguire complessivamente 100 obiettivi (83 milestone e 17 target). Di questi 45 sono da conseguire entro il 30 giugno 2022 (ad oggi solo tre), a cui è collegata una rata di rimborso di 24,13 miliardi, e 55 entro 31 dicembre 2022, per la quale è associata una rata di rimborso pari a 21,83 miliardi.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.