I 20 anni dell’euro si celebrano quest’anno nel segno dell’inflazione: +5% a dicembre proprio nell’Eurozona. Negli ultimi mesi l’economia della zona euro si è ripresa dallo shock della pandemia e le restrizioni alle attività sono state revocate. Ma l’offerta fatica a tenere il passo con la domanda, provocando l’aumento dei costi energetici e creando carenza di molte materie prime. Eurostat segnala che i prezzi sono saliti dello 0,4% rispetto al mese precedente, spinti dagli aumenti di cibo, alcol, tabacco e altri beni. I prezzi dell’energia sono aumentati del 26% rispetto all’anno precedente. Così, l’inflazione nell’area dell’euro – misurata dall’indice armonizzato dei prezzi al consumo – ha superato le aspettative degli economisti che avevano previsto un aumento del 4,7 per cento.

Perfino la potente Germania è sotto stress. Il ritmo annuale di crescita dei prezzi nel paese è stato del 5,7% a dicembre. La percentuale è leggermente scesa rispetto al 6% di novembre (il livello più alto dai tempi della riunificazione del paese all’inizio degli anni ’90). I prezzi dell’energia sono cresciuti del 18,3% rispetto all’anno precedente. La preoccupazione di Berlino è legata anche a un motivo storico: l’iperinflazione degli anni ‘20 e ‘40 spazzò via i risparmi dei tedeschi. Il partito nazista si nutrì della miseria e della rabbia provocata dall’aumento dei prezzi. Sappiamo come andò a finire. Ecco perché in Germania l’inflazione è un tabù. Christian Lindner, ministro delle finanze tedesco, valuta la possibilità di fornire aiuti finanziari alle famiglie più povere per compensare l’aumento dei costi di riscaldamento durante l’inverno. La Germania, in pratica, si metterebbe così sulla scia di Francia, Spagna e Italia, che si sono già impegnate a intraprendere azioni simili.

Nel frattempo, i prezzi all’ingrosso del gas naturale in Europa – dopo il raddoppio prenatalizio – sono aumentati di nuovo per via del rallentamento delle forniture dalla Russia. I colli di bottiglia della catena di approvvigionamento continuano a causare ritardi e costi più elevati per i produttori, facendo aumentare il prezzo di molti beni di consumo. «Il rapido passaggio dell’aumento dei costi all’ingrosso nelle bollette al dettaglio in Spagna e, in misura minore, in Italia, nonostante l’intervento del governo, è stata la principale sorpresa al rialzo per noi a dicembre», spiega Morgan Stanley. Philip Lane, capo economista della Bce, ha assicurato all’emittente irlandese Rte, «che le pressioni inflazionistiche si attenueranno nel corso di quest’anno» e che, pertanto, «non c’è motivo per aumentare i tassi». Ma gli investitori continuano a scommettere che l’inflazione elevata costringerà la Bce ad aumentare i tassi di interesse prima del previsto.

L’economista tedesca Isabel Schnabel, componente del consiglio della Bce da due anni, è da sempre la critica più accanita del suo vasto programma di acquisto di obbligazioni. Nel corso della riunione annuale dell’American Finance Association di sabato, Schnabel ha chiarito che «la necessità di intensificare la lotta ai cambiamenti climatici può implicare che i prezzi dei combustibili fossili dovranno continuare a crescere se vogliamo raggiungere gli obiettivi dell’accordo di Parigi sul clima». È probabile insomma che anche le politiche europee per affrontare il cambiamento climatico manterranno i prezzi dell’energia più alti, più a lungo: ciò potrebbe costringere la Banca centrale europea a ritirare lo stimolo più rapidamente del previsto.

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