Anche l’Italia, dopo l’Eurozona, torna a dicembre scorso con l’inflazione al 3,9 per cento su base annua: come nel 2008. Fino a non molto tempo fa, a livello europeo, ci si preoccupava dei rischi di deflazione e la Bce era impegnata a portare il tasso di aumento dei prezzi “ intorno, ma sotto il 2 per cento”, il target allora vigente per assicurare la stabilità monetaria. Ora il nuovo livello vigente è il “ 2 per cento simmetrico”. Ma , ammessa la conferma della transitorietà dell’aumento dei prezzi dovuto ai beni dell’energia ( gas ed elettricità) e alle non completamente funzionanti catene di approvvigionamento dei prodotti, mentre si è registrato un rimbalzo sembrando la crisi pandemica illusoriamente in via di rientro, il problema che si pone riguarda la durata della transizione.

La stessa Bce, la quale considera non strutturale l’aumento dei prezzi, di recente ha previsto un allungamento del tempo per il ripiegamento della curva dell’inflazione. L’Istituto si è comunque riservato di intervenire qualora l’aumento dei prezzi in questione abbia impatti di secondo livello, a cominciare dai salari. Intanto, però, l’aumento incide sui bilanci familiari attraverso, innanzitutto, l’aumento delle tariffe delle bollette che varia dal 40 al 50 per cento e che è calcolato, come è stato ricordato, con riferimento alla situazione al 1° ottobre. Subiscono in modo particolare l’iniqua tassa di questa per ora circoscritta inflazione i redditi più bassi. Divergono, in questa fase, i compiti e le finalità della politica monetaria che guarda al sistema e al momento non decide di intervenire, da quelli della politica economica che, per quanto concerne l’Italia, ha adottato e ripetuto misure di alleggerimento degli oneri conseguenti agli aumenti tariffari.

Ma per quanto può durare una tale politica di sostegni? Vi è qualcuno che addirittura ipotizza una condizione di stagflazione, inflazione e stagnazione insieme. Si è evitato il rischio di deflazione – che è un male peggiore dell’inflazione -. ma ora si profila il rischio opposto? Non credo che siamo a questo punto, così come la dura esperienza dei due shock petroliferi degli anni settanta del secolo scorso non è destinata oggi a rivivere. Tuttavia, bisogna agire e mettere in conto anche l’ipotesi del carattere strutturale di tali aumenti, dunque dell’attenuazione, almeno in parte, della previsione di transitorietà. E pure per prevenire l’impiego della leva monetaria, con una stretta e la revisione delle misure non convenzionali che sarebbero inevitabili se l’inflazione si affermasse per un tempo non più breve con conseguenze sul finanziamento del debito, occorre agire con la “ fiscal policy” e con la politica estera.

Soprattutto è l’Europa che deve curare, con la sua maggiore forza contrattuale e la panoplia delle misure attivabili congiuntamente , il coordinamento delle politiche nazionali in campo energetico, i rapporti con la Russia, le misure per fronteggiare, in questa fase, i cambiamenti climatici. Sarebbe un atteggiamento miope limitarsi ad attendere che la effettiva o presunta transitorietà degli aumenti anzidetti si verifichi. Negli Usa, dove però l’inflazione ha superato il 6 per cento, la Federal Reserve ha previsto tre aumenti dei tassi di interesse in quest’anno. La Bce ha soltanto considerato concluso il Programma pandemico di acquisti di asset con il prossimo 31 marzo, anche se si tratta di una decisione bilanciabile con altri programmi straordinari e assunta prima dell’esplosione dei contagi di queste settimane. Bisogna, insomma, evitare che, alla fin fine, l’unica misura sia quella monetaria e non un largamente preventivo raccordo stretto tra l’azione della Banca centrale e le politiche economiche.

A oltre venti anni dall’istituzione della moneta unica, doversi confrontare con un problema che appariva scomparso da tempo non è facile e soprattutto è ancora più difficile nel momento in cui, per contrastare la recrudescenza della pandemia, non gioverebbe di certo ridimensionare, come accennato, le misure monetarie straordinarie di carattere espansivo; anzi sarebbe necessario semmai rinforzarle. È la politica con una vista lunga che deve fare la propria parte, a livello nazionale e a livello europeo. Sin d’ora, piuttosto che concentrarsi completamente nei “ giochi” tattici per la elezione del Presidente della Repubblica. Del resto, quanto al Governo, non è quello dei Migliori? O non lo è più?