Il sistema delle alleanze è crollato, questo è sotto gli occhi di tutti e nei commenti generali. La grande occasione sta per nascere, purché si sappia guardare lontano e affrontare i rischi della politica, rimettere in moto la sua energia vitale e creativa che si è spenta: la politica “pazza” e creativa, quella che Machiavelli vide come tratto decisivo della creazione di un mondo. L’antipolitica ha subito un colpo che può essere mortale. Fenomeni contrastanti sono sotto i nostri occhi: il centro-destra è in frantumi, Salvini e Meloni non più concorrenti, ma avversari. Forza Italia, almeno in una sua parte, sa di doversi ridefinire. La leadership di Conte non esiste più, non può riconquistare nessuna credibilità, avendo messo in chiaro ciò che ad alcuni già appariva tale, la totale spregiudicatezza dei suoi movimenti che nascono nel vuoto delle sue idee e della sua personalità politica, per chiamarla benevolmente così.

La linea Letta-Conte, con alle spalle D’Alema e Bettini, non ha più nessuna credibilità. Per il Pd insistere su essa sarebbe un grave errore strategico. Non solo, ma sarebbe perdere l’occasione per contribuire a che lo scontro all’interno dei 5 stelle possa produrre un effetto benefico sull’insieme del sistema, dando un peso diverso ai 5 stelle che hanno messo la testa a posto e sono diventati grandi, ammesso che lo siano davvero. Il movimento sulla Belloni, con protagonisti Conte, Salvini e Meloni per un momento ha mostrato a tutti l’immagine unita del populismo-sovranismo, e gli sconquassi che può creare, con tutto il rispetto dovuto alla candidata, per le gravi menomazioni istituzionali che è in grado di produrre. Insomma, se c’è del vero in queste annotazioni, non c’è più né il centro-destra né il centro-sinistra, sotterrati, come tali, dalla sconfitta dell’antipolitica e delle alleanze che aveva prodotto. L’occasione è quella della creazione di un nuovo quadro d’insieme, dove non vale più l’attuale bipolarismo che, se vuole conservarsi come è oggi, e così affrontare il voto politico del 2023, produrrebbe solo danni all’Italia. Centrale è che questa consapevolezza contribuisca a produrre un mutamento strategico nel Partito democratico.

La conquista di una autonomia ideale con una configurazione di sinistra dai confini che la nuova costituente disegnerà. Un partito in grado di dialogare con un nuovo centro di cui si intravede la fisionomia e che può comprendere Italia Viva, Azione, + Europa, con una parte almeno di Forza-Italia consapevole di non poter essere sommersa nel sovranismo-populismo, a sua volta diviso e in concorrenza, destinato a trovare nuove forme di intesa. Tutto questo è possibile nello stato di emergenza in cui vive l’Italia? La domanda è reale, almeno quanto lo è l’impossibilità di far finta che nulla sia avvenuto. È un momento difficile anche per gli equilibri di governo, inutile sottovalutare queste cose, però non pensiamo di disegnare un quadro ideale, destinato solo a restare tra le nuvole.
Qui proprio fa la sua comparsa la politica “pazza” e creativa, che può essere in grado di risvegliare la coscienza di milioni di cittadini i quali non hanno più alcun riferimento politico; assenti, frastornati dagli eventi, desiderosi di una nuova classe dirigente la quale può nascere solo dalla consapevolezza che un sistema di alleanze è crollato. Il realismo dell’ipotesi disegnata sta anche nel fatto che nessuno ha voglia di far cadere il governo e annullare l’azione di Draghi.

Le due strade possono camminare in parallelo, preparando lo scontro di domani che dovrà dare un nuovo assetto istituzionale all’Italia, una nuova energia nella battaglia per il lavoro, una nuova classe dirigente che si forma nella lotta politica. Un movimento nella direzione indicata metterebbe in moto, forse, anche le insofferenze ormai evidenti nella Lega, un dibattito vero dentro i 5 Stelle fino a una possibile scissione con tratti possibilmente creativi. E molto probabile che tutto si risolva nel tentativo di mettere “pezze a colore” dove ci sono buchi, e affannosi sforzi di conservazione dell’esistente. Mantengo però quello che ho scritto, pur consapevole di quanto ora ho detto.

Il momento è quello di delineare idee, di immettere nella discussione possibilità e speranze di rinnovamento, non di tacere e dire: abbiamo vinto, l’Italia ha vinto, Sergio Mattarella è confermato Presidente, che non sarebbe un discorso vero. Una cosa è applaudire con calore questa rielezione, tutt’altra cosa è non vedere lo sfacelo della politica da cui è nata, ma anche la sconfitta dell’antipolitica che in embrione contiene. L’Italia è di sicuro ben presieduta, il che è molto, ma se non si riempie il vuoto da cui la rielezione è sorta imprevista, i nodi verranno al pettine, e non sarà affatto facile affrontarli e scioglierli.