Dopo una settimana di follia politica ci ritroviamo al punto di partenza con Draghi a Palazzo Chigi e Mattarella (bis) al Quirinale. Ma il quadro è totalmente mutato. Il famoso detto del romanzo “Il gattopardo” tutto cambi, perché nulla cambi, in questo caso ha un esito opposto: non è cambiato niente nelle cariche istituzionali, ma lo smottamento è clamoroso.

Centrodestra esploso, Lega spaccata, Forza Italia che veleggia verso il centro e turbosovranismo perlomeno in crisi di autore. Centrosinistra altrettanto messo male ma sicuramente meglio. Implode il Movimento Cinque Stelle ma non si tratta banalmente e solo di un problema di leadership.

È finito il M5s perché sono finite le sue ragioni profonde, il motivo per cui nato, le sue battaglie ideali. Oggi resta solo da spartirsi quel che resta del potere e di quel po’ di consenso che andrà ancora scemando. Conte ormai è ai minimi storici di tenuta del partito, avanza Di Maio ma il Movimento è quello della sfilata delle auto blu per andare al Quirinale che abbiamo visto sabato sera e non delle motorette turbo populiste o delle passeggiate alla Fico per dire noi siamo diversi. Fine. Il Movimento Cinque stelle è stato travolto da inchieste, divisioni e mancanza di una idea politica che non sia la eco ormai sbiadita del vaffa.

Dall’altra c’è il Pd, che nonostante alcuni errori clamorosi come la proposta del nome di Belloni gestita malissimo con Conte e data in pasto a Salvini per poi far finta di nulla, ne esce abbastanza bene. Ora si tratta di capire se Letta e i suoi avranno la forza di cambiare strada e di non mettere al centro della coalizione il rapporto con i Cinque stelle. La vera novità è infatti la ripresa del dialogo con Renzi che nel caso di una nuova legge elettorale potrebbe aprire nuovi scenari e che comunque liquida (ma lo capiranno?) quel centrosinistra giallorosso che tanto piaceva e forse ancora piace a Bettini. A cui però bisognerebbe dire che errare humanum est, perseverare…

La crisi della politica e della democrazia è però tutta lì, ancora più forte, ancora più profonda e i prossimi mesi soprattutto per il governo saranno un viaggio periglioso con Draghi che dovrà guidare una nave impazzita e da domani in campagna elettorale. Ma è ancora l’unico che può provare a farlo e forse anche riuscirci. A questo punto il problema è il dopo, con o senza di lui e con quale quadro politico? Una partita decisiva sarà quella del centro, in cui oltre Italia viva si colloca ufficialmente dopo queste giornate Forza Italia il cui futuro è però altrettanto incerto.

Le pagelle  

Salvini: non ne ha azzeccata una, si è mosso come un elefante. Ed è riuscito nell’impresa di dividere la Lega e sfasciare il centrodestra. Voto 4 (di incoraggiamento)

Meloni: Coerente ha sempre però agito di rimessa senza una vera strategia. Le urne la premieranno ma un centrodestra sfasciato non fa bene neanche a lei. Voto 6

Tajani: non pervenuto

Conte: Ha fatto più giri di valzer, ha buttato in pasto a Salvini la capa dei servizi segreti Belloni, non ha saputo tenere il partito. Sarà la sua uscita di scena? Voto 4

Renzi: Ha giocato la sua partita, facendo avanzare gli altri e schiacciando la palla quando era necessario. Il dialogo con Letta riapre anche la discussione sul profilo del centrosinistra. Voto 7

Letta: Profilo basso, troppo basso, alcuni errori ma niente di grave. Ne esce bene ma senza brillare. Voto 6

Di Maio: Ha lavorato bene nell’ombra, mettendo le pezze agli errori di Conte. Da rivoluzionario a democristiano. Un bravo leader di centro. Voto 6 e mezzo

 

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