«Salvini dopo questa è finito». Lo dice un altissimo dirigente della Lega. Pragmatico, serio, non si butta nella mischia. Non vuole esser intervistato, non mentre il segretario leghista sta precipitando nella buca che s’è scavato da solo. La fronda si ingrossa. Si ingrossa e ormai in privato festeggia. Lui fa l’ermetico, è molto composto, ma si vede che freme. Gli brillano gli occhi mentre li alza al cielo sospirando: «Vediamo prima cosa succede». Mani in tasca, ottimo umore, passeggia in Transatlantico durante il voto con cui Salvini manda a sbattere Maria Elisabetta Casellati su una drammatica conta alla fine della quale, per uscire dall’Aula, la presidente del Senato dovrà appoggiarsi all’abbraccio di una parlamentare amica.

Lui è uno dei capi dell’altra Lega, quella alternativa al club Papeete. È l’eternamente sospettato di costruire trabocchetti e ostacoli per il segretario. Di preparare il golpe contro lo Scamiciato. È uno dei riferimenti di tutti quelli che dentro la Lega da mesi godono a veder Salvini cucinato a fuoco lento e di quelli che fuori dalla Lega vagheggiano ancora, a centrodestra schiantato, un progetto di partito di destra allargato dove non ci sia spazio per le sparate e dove il pensiero si articoli non per slogan. Due colonnelli della fronda leghista, seduti in attesa sui divanetti rossi, svelenano tra loro commenti pesanti sulle frequenti necessità del segretario di assentarsi un attimo, giusto un attimo, per poi tornare rinfrancato e pimpante.

Lui, da capo, questi commenti non li fa. Ma a voto ancora in corso i suoi conti l’ha già fatti: «Non posso parlare oggi, è chiaro». Ma può spiegare perché Salvini s’è incaponito a mandarvi al voto sul nome Casellati. «Beh, era nella rosa del centrodestra». Fissa un punto indistinto nella selva dei cappotti in fondo al corridoio, tono monocorde: «Poi è una donna, la seconda carica dello Stato…». E a lei piace? Silenzio, gli occhi che ridono. «Diciamo che è veneta».
Perché impuntarsi su un nome che ha tanti nemici anche dentro Forza Italia? Perché voler forzare la mano stamattina? «Ma no, dai, non ha forzato la mano, in fondo nella rosa del centrodestra c’era anche lei». Guardi, l’ha ammesso esplicitamente Antonio Tajani che ha detto vediamo se ci riesce il blitz. Lui: «Eh». Silenzio. Se non gli riesce la mossa Salvini ha chiuso, giusto? Il gesto secco della mano nell’aria è una decapitazione: «Salvini dopo questa è finito».