Con il Sottosegretario alla Difesa Matteo Perego di Cremnago, Forza Italia, parliamo della Difesa italiana nella prospettiva europea.

Sottosegretario, come definirebbe la dotazione, la preparazione, lo stato di salute delle forze armate italiane?
«L’Italia, tra i Paesi occidentali, è il primo contributore in termini di personale alle operazioni di pace ONU, e il secondo contributore all’interno della NATO. Un dato che evidenzia non solo la nostra preparazione e capacità tecnologica all’avanguardia, risultato delle eccellenze presenti nel tessuto industriale dell’industria della Difesa nazionale, ma anche le nostre innate abilità nel saper costruire dialogo e cooperazione internazionale là dove necessario, motivo per cui il nostro impegno è così apprezzato, riconosciuto e richiesto a livello internazionale. Relativamente ai nuovi scenari operativi, estremamente mutevoli e caratterizzati da una forte spinta dettata dalle nuove tecnologie, stiamo rafforzando ulteriormente la capacità della Difesa di continuare a generare effetti anche nei domini più innovativi come lo Spazio, quello cyber, così come nella dimensione underwater, informativa e cognitiva, tutte realtà strettamente legate alla sicurezza dei nostri cittadini».

Nella cultura popolare siamo invece un Paese disarmato, in perenne pace con tutti. L’Italia è una media potenza militare che non sa di esserlo?
«L’Italia ha capacità militari avanzate, un’industria della Difesa strategica e un forte impegno nelle missioni internazionali. Siamo nella NATO, nell’ONU e nell’Ue. Tuttavia, il nostro contributo alla pace e alla stabilità internazionale è spesso sottovalutato, sia dall’opinione pubblica che nel dibattito politico. La Difesa non è solo una necessità operativa, ma una funzione primaria e imprescindibile dello Stato moderno, essenziale per garantire sicurezza, stabilità e sovranità. In un mondo in cui le minacce sono sempre più complesse, mutevoli, interconnesse e dalla natura multidominio, è cruciale lavorare per diffondere una “cultura della Difesa” affinché i cittadini comprendano il suo ruolo alla base della nostra società. La vera sfida è la consapevolezza: dobbiamo vincerla, la Difesa è un pilastro essenziale della nostra credibilità internazionale che va rafforzato».

MATTEO PEREGO DI CREMNAGO, SOTTOSEGRETARIO ALLA DIFESA

⁠L’aumento delle spese per la Difesa al 2% del PIL venne approvato dal governo Conte II, ma è rimasto inapplicato. Ora bisogna correre ma il punto vero è: come si spenderanno quei soldi?
«L’impegno dell’Italia è chiaro, raggiungere l’obiettivo del 2% del PIL per la Difesa. Tuttavia, investire in Difesa non deve essere visto solo come un vincolo imposto dall’esterno, ma come una scelta strategica per garantire sicurezza nazionale, sviluppo tecnologico e crescita economica. Un Paese sicuro è un Paese più stabile, più attrattivo per gli investimenti e meglio posizionato a livello internazionale. Ogni giorno le Forze Armate italiane operano, con professionalità e dedizione, per garantire sicurezza e pace. È nostro dovere sostenerle e investire nelle loro capacità e permettere, stando al passo con i tempi, di fare il loro lavoro per garantirci il nostro abituale stile di vita o meglio, dormire sonni tranquilli».

Come immagina le prospettive del modello di Difesa europeo? Come per la Nato, ciascuno concorre alla Difesa comune con il proprio contingente nazionale, ma con un Comando centrale a rotazione?
«La NATO rappresenta il pilastro fondamentale della sicurezza europea e atlantica e un’Europa più forte nella Difesa rafforzerebbe la NATO stessa, contribuendo in maniera più significativa alla stabilità internazionale. Ad oggi, però, nulla può sostituire la NATO né offrire lo stesso livello di protezione. Per questo motivo ora è necessario un impegno per costruire una visione strategica condivisa anche rafforzando il contributo dei singoli Paesi, garantendo un livello adeguato di deterrenza dell’intero continente. Ad ogni modo, NATO e Ue devono essere complementari e sinergiche!»

ReArm Europe è un primo passo, ancora un libro bianco tutto da scrivere. A lei, Sottosegretario, piace?
«Le radici alla base del Piano ReArm Europe sono valide, non sta aiutando la sua denominazione di “piano di riarmo” quanto invece sarebbe più adeguato identificarlo come un piano di Difesa e sicurezza che possa incidere su una maggiore autonomia strategica dei Paesi europei. Lavorare per ridurre le frammentazioni presenti nel tessuto produttivo continentale, e operare in sinergia, non può che essere un’opportunità per rafforzare l’autonomia di un’industria della Difesa di eccellenza che consenta una capacità di risposta alle comuni sfide alla sicurezza derivante dall’attuale scenario geopolitico. Tuttavia, il successo di questa iniziativa dipenderà da come verrà implementata: non basta aumentare il budget, servono ora investimenti mirati e l’adozione di strumenti finanziari adeguati che rendano il Piano sostenibile nel tempo».

⁠Veniamo al finanziamento degli investimenti. A questo riguardo, il presidente Meloni ha ribadito la necessità di porre l’accento sulla partecipazione del capitale privato, per esempio attraverso il modello Invest-EU. Una strada interessante, che la Presidente von der Leyen sembra intenzionata a seguire…
«Non si tratta solo di armi e munizioni, ma di investimenti in nuove tecnologie con importanti e positive ricadute nel tessuto industriale europeo. L’idea di coinvolgere il capitale privato nel settore è una scelta di opportunità per accelerare l’innovazione e ridurre il peso diretto sui bilanci pubblici. Strumenti sulla scia del modello Invest-EU possono favorire l’accesso a risorse aggiuntive, stimolando la crescita del comparto industriale e tecnologico».

A quali condizioni e in quale contesto vede possibile, se le trattative di pace lo consentiranno, l’invio di un contingente di peace-keeper italiani in Ucraina?
«Un’eventuale partecipazione italiana a una missione militare in Ucraina, pur consapevole che il tempo di parlarne è prematuro, dovrebbe avvenire auspicabilmente a seguito di una risoluzione delle Nazioni Unite, assicurando un intervento multilaterale, legittimato e imparziale, finalizzato a garantire stabilità, sicurezza e una pace duratura e condivisa».

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.