Il radicale che sognava la "Grande Napoli"
Quando al comune di Napoli c’era un vero modernista (e riformista): Marco Pannella
Una modernità che ha 40 anni. Ad avercelo adesso un Marco Pannella in Consiglio comunale… Tra una settimana l’assise cittadina guidata dal sindaco Gaetano Manfredi si riunirà per la prima volta. La speranza è che non si continui solo a dire quanto sia messa male la città (abbiamo sempre vissuto qui, mica a Pordenone), che non ci si lamenti del personale che scarseggia negli organigrammi della macchina amministrativa, dei conti e del verde pubblico messi l’uno peggio dell’altro, dei trasporti che non funzionano, delle scuole fatiscenti, di opportunità di fondi europei che sono state perse e forse si perderanno ancora.
Basta anche con gli ultimatum lanciati con lo stesso tempismo con cui si fa una battuta quando si è a una tavolata fra amici. Perché non è più tempo di pensare agli amici né di piangere su quello che non si ha. Si rischierebbe di avere troppa nostalgia di personalità e menti della politica d’altri tempi, di consiglieri vulcanici e colti, di leader nazionali di partito che si fronteggiavano sui problemi concreti e quotidiani della città e non sui massimi sistemi della comunicazione istituzionale. Era il 1984. Giacinto Pannella detto Marco era già da anni leader del partito radicale. Combattivo e irriverente, aveva preso le difese di Enzo Tortora sostenendo la sua battaglia di innocenza. Pannella si presentava alle sedute consiliari per mettere sul tavolo non solo le sue convinzioni e le sue ragioni, ma anche temi importanti per la città: la camorra, la questione delle aree metropolitane, il rischio Vesuvio, l’urbanistica selvaggia, Bagnoli, la giustizia giusta, i diritti delle fasce deboli.
Erano i tempi in cui sugli scranni del parlamentino cittadino sedevano personalità come Enzo Scotti, Giulio Di Donato, Giuseppe Galasso, Maurizio Valenzi, Franco De Lorenzi, Giorgio Almirante. E Pannella metteva pepe e dimostrava di guardare avanti, oltre. Parlava di città metropolitana, diede il suo sostegno a Enzo Scotti, sindaco per cento giorni. «Sappiamo tutti che il tentativo di Scotti è straordinario e durerà solo cento giorni. Sappiamo che sarà teso a ripianare il disavanzo comunale. Allora, dico, perché non impiegare questo tempo anche per preparare una legge per Napoli, un esempio straordinario che anticipi la riforma delle aree metropolitane? Napoli potrebbe essere in anticipo su tutta l’Italia» diceva Pannella. Sognava la «Grande Napoli», Pannella, un’idea moderna di città che passava attraverso la consapevolezza della necessità di un riassetto istituzionale.
Provava a lanciare stimoli nuovi, Pannella, senza limitarsi alla sola denuncia. Credeva che la crescita economica di una città, e quindi di una comunità, dovesse passare anche per la crescita dei diritti. Già i diritti, quelli dei napoletani di cui nessuno parla. Dai più semplici, come il diritto di poter camminare su strade pulite e asfaltate, che non si allagano alla prima pioggia. Il diritto di prendere un autobus per attraversare la città senza dover ipotecare il tempo che servirebbe a raggiungere la Toscana. Il diritto di avere parchi pieni di verde e scuole sicure. In due parole: servizi efficienti. «Il crimine più grande è stare con le mani in mano» diceva Pannella. Di personaggi come lui si ha sempre più nostalgia.
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