Ogni anno in Campania si contano in media 5mila ragazzi, tra i 12 e i 18 anni, identificati e riaffidati ai genitori o condotti in comunità di recupero per episodi di disagio e devianza, atti di bullismo, risse. Circa 250 sono quelli che affrontano percorsi rieducativi, 150 quelli affidati a comunità, circa 70 quelli detenuti nei centri di accoglienza per minori per accuse relative a reati penalmente rilevanti. Sono un mondo, delicato e complesso al tempo stesso. Dietro ognuno di loro c’è una diversa storia di povertà e disagio, di abbandono e sofferenza, di criminalità e mancanza di alternative.

Nel 40% dei casi hanno abbandonato la scuola troppo in fretta e così la povertà culturale diventa uno dei fattori che alimenta il fenomeno della criminalità minorile. L’altro fattore è la camorra, presente e diffusa anche nelle vite dei più piccoli attraverso legami familiari o amicizie di quartiere. A rischio sono quindi i figli dei camorristi, i figli degli affiliati, i boss in erba, i giovani che si armano per fare stese e rapine a mano armata. A queste realtà se ne affiancano però anche altre, non meno pericolose: sono le cosiddette baby gang, quelli della violenza anche senza motivo, degli accoltellanti e delle risse in strada, delle aggressioni a tutte le ore del giorno ad opera di ragazzini che spesso non hanno nemmeno l’età imputabile.

«La vicenda di Luigi Caiafa e l’attuale virulente connotazione del complesso fenomeno della criminalità minorile impongono di rivedere sia il ruolo dello Stato nella capacità educativa del minore sia le strategie di contrasto al fenomeno della devianza», commenta l’avvocato Gennaro Demetrio Paipais, esperto in diritto minorile, presidente dei giovani penalisti di Napoli e promotore di iniziative per il recupero dei minori a rischio. «Se, nonostante i buoni propositi di reinserimento sociale, il giovane diciassettenne aveva optato per un percorso alternativo non può non segnalarsi un corto circuito nel sistema educativo. È pertanto improcrastinabile – aggiunge – l’attuazione di politiche sociali proiettate al rafforzamento della formazione, del lavoro e più in generale dell’inclusione in favore di minori, soprattutto dei territori a rischio, con l’auspicio che il disagio familiare o territoriale non si traduca in devianza».

In questa ottica, l’Unione Giovani Penalisti ha sollecitato un incontro/confronto alla Camera dei deputati tra i componenti delle Commissioni Infanzia e Adolescenza, Giustizia, Lavoro e Difesa nonché con le istituzioni nazionali e locali e con il terzo settore, al fine di tratteggiare un itinerario correttivo dei minori a rischio di esclusione. Intanto a Napoli, venerdì, si riuniranno i garanti territoriali delle persone private della libertà. L’assemblea sarà presieduta dal garante della Campania, Samuele Ciambriello. Parteciperanno, tra gli altri, il sottosegretario alla Giustizia, Andrea Giorgis, il capo dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, Bernardo Petralìa, il capo del Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità, Gemma Tuccillo. Sarà una due giorni di confronti e dibattiti sui vari aspetti della funzione rieducativa della pena in contesti di criminalità organizzata, del reinserimento sociale e dell’accoglienza delle persone private della libertà.

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Napoletana, laureata in Economia e con un master in Marketing e Comunicazione, è giornalista professionista dal 2007. Per Il Riformista si occupa di giustizia ed economia. Esperta di cronaca nera e giudiziaria ha lavorato nella redazione del quotidiano Cronache di Napoli per poi collaborare con testate nazionali (Il Mattino, Il Sole 24 Ore) e agenzie di stampa (TMNews, Askanews).