E adesso? Che ne sarà della riqualificazione di Bagnoli, della rigenerazione di Napoli Est e di tanti altri progetti ritenuti strategici per il futuro della Campania ma puntualmente arenatisi a causa di burocrazia, incapacità gestionale o mancanza di fondi? A leggere le parole di Vincenzo Amendola, l’interrogativo sorge spontaneo. In un’intervista al Mattino, infatti, il ministro degli Affari europei, da più parti indicato come possibile candidato del centrosinistra alle comunali di Napoli nella prossima primavera, chiarisce che con le risorse del Recovery Fund non saranno finanziati progetti vecchi, ma che soprattutto al Sud sarà data priorità a investimenti nell’economia sostenibile e nella digitalizzazione. Parliamo di una quota consistente dei 209 miliardi concessi all’Italia attraverso il Recovery Fund cui sono destinati a sommarsi altri 80 tratti dal bilancio ordinario dell’Unione europea. Molti hanno pensato che queste risorse potessero rappresentare la chiave di volta per tanti progetti che, per un motivo o per un altro, lo Stato e le amministrazioni locali non sono riusciti a realizzare.

Prima fra tutti la riqualificazione di Bagnoli, simbolo dei grandi progetti in cui politica e imprenditoria meridionali si sono impantanati. E invece no. Dopo aver fatto inserire in una bozza del piano nazionale di ripresa e resilienza una postilla in base alla quale i vecchi progetti saranno finanziati con i miliardi del Recovery Fund solo se «credibilmente rafforzati», Amendola ha fatto sapere che saranno penalizzati «quei progetti storici che hanno noti problemi di attuazione o di difficile soluzione nel medio termine». Poi l’intervista al Mattino nella quale il ministro ha aggiunto che al Sud potrebbe essere destinato anche più del 34% dei fondi europei originariamente previsti. Non c’è che dire, su un punto Amendola ha senz’altro ragione: la storia ci insegna che, in iniziative come quella di Bagnoli, il rischio di sperperare enormi risorse economiche è sempre dietro l’angolo. Quindi è logico, comprensibile e persino condivisibile che il governo intenda privilegiare progetti nuovi, magari finalizzati a colmare il gap tra Nord e Sud in quegli ambiti in cui esso è più evidente (sanità e infrastrutture, solo per citarne alcuni). A questo punto, però, di interventi come quello di Bagnoli che ne sarà?

La prima soluzione sarebbe quella di lasciarli ancora in stand-by e, dunque, di non utilizzare le risorse europee per accelerarne la realizzazione. Ma questa sarebbe un’enorme offesa all’idea di rigenerazione ambientale e di sviluppo sostenibile, oltre che al lavoro che, per quanto inconcludente, tecnici e istituzioni hanno svolto per decenni. L’alternativa sarebbe quella di attualizzare tutti i progetti in cui il Sud, a cominciare dalla Campania, si è incagliato nel corso degli anni. Hanno ancora un valore strategico? È possibile rivederli alla luce delle priorità indicate dal governo nazionale e dall’Unione europea? Le risorse del Recovery Fund possono effettivamente sbloccarne la realizzazione? Se la risposta a queste domande è positiva, allora non c’è un minuto da perdere ma solo da rimboccarsi le maniche e lavorare. Ragion per cui Amendola e il governo siano chiari e dicano apertamente se sulla rigenerazione di Bagnoli bisogna mettere una pietra sopra una volta per tutte. Altrimenti indichino una strada e una prospettiva per quei progetti che, all’improvviso, non sembrano interessare più a nessuno.

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Classe 1987, giornalista professionista, ha cominciato a collaborare con diverse testate giornalistiche quando ancora era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell'università Federico II di Napoli dove si è successivamente laureato. Per undici anni corrispondente del Mattino dalla penisola sorrentina, ha lavorato anche come addetto stampa e social media manager prima di cominciare, nel 2019, la sua esperienza al Riformista.