I nuovi scenari per Londra
Regno Unito, il New Labour di Starmer vince le elezioni suppletive e punta a Downing Street
Le elezioni ci saranno a fine 2024 e i laburisti sono in grande vantaggio. Potrebbero ripensare la Brexit e tornare in Europa?

Il Regno Unito andrà al voto a fine 2024. Potrebbe essere quello il momento per un cambio della guardia importante, a Downing Street, dove 14 anni di dominio Tories sono sfidati da un avversario temibile. La rivoluzione riformista del leader del Labour Party, Sir Keir Starmer, avanza a passo di carica. Dopo aver rottamato i tre quarti della vecchia nomenclatura laburista, reimpostato il programma del partito su basi liberal ed europeiste e sradicato l’odioso antisemitismo alla Corbyn, il Labour torna New Labour. Su Londra soffia un vento nuovo. Un refolo di blairismo. E quel vento si chiama Starmer.
Oggi può festeggiare: ha appena portato a casa due seggi scivolosi, per nulla scontati, imprimendo una accelerazione ulteriore al cambio di passo del partito. Non stupisce dunque la reazione quasi euforica del leader Labour dopo l’esito delle suppletive svoltesi giovedì in due roccaforti Tory dell’Inghilterra profonda. Roccaforti espugnate entrambe dai candidati del Labour – fra travaso di voti e affluenza bassissima – con un ribaltamento senza precedenti di maggioranze di oltre 20.000 suffragi: numeri che non mettono a rischio il controllo del governo Sunak sulla Camera dei Comuni, ma rafforzano la sensazione di un possibile sfaldamento dei Tories – logorati da scandali, divisioni e da un ciclo di potere avviato verso i 14 anni – al prossimo voto politico nazionale in calendario verso fine 2024.
Il voto di giovedì ha riguardato i collegi di Mid Bedfordshire e di Tamworth, il primo in mano Tory addirittura da quasi un secolo, dal 1931. Si trattava dei seggi da deputati lasciati liberi nei mesi scorsi fra le polemiche da due ex fedelissimi di Boris Johnson. La prima è Nadine Dorries, già ministra della Cultura, dimessasi dopo aver addirittura parlato di “tradimento” di Sunak e di altri ai danni di BoJo e annunciato la pubblicazione di un libro con rivelazioni bomba su quella “congiura”. Il secondo è l’ex vicecapogruppo (e membro del gabinetto Johnson) Chris Pincher, travolto l’anno passato da uno scandalo di presunte molestie gay da ubriaco a colleghi di partito e da un siluramento tardivo destinato di lì a poco ad accelerare la caduta finale dello stesso Johnson. Più di un test, una disfida simbolica importante. Tanto che Starmer alla notizia dei due seggi espugnati si è precipitato immediatamente sul posto per celebrare i vincitori ed i loro “successi storici”.
Successi presentati come la conferma che “il Paese vuole cambiare” e che il Labour può in effetti puntare a tornare a Downing Street dopo quasi tre lustri di sconfitte. Sulle ali dell’entusiasmo, diversi esponenti laburisti, inclusi i due deputati neo-eletti, hanno sfidato Sunak a prendere atto del cambiamento di clima nel Paese e a convocare elezioni anticipate in tempi brevi. Lo stesso Starmer non fa mistero di sentirsi già come capo del governo in pectore. Evocando una prospettiva di “10 anni” di potere laburista, dopo un lungo digiuno segnato da 4 sconfitte elettorali consecutive (2010, 2015, 2017, 2019).
E confermando nella sostanza la svolta moderata impressa al partito, evocando un pieno ritorno al blairismo, dopo l’emarginazione della sinistra interna del predecessore Jeremy Corbyn, gradito forse dagli iscritti, ma non dalla platea più ampia della maggioranza silenziosa dell’elettorato britannico. Di qui il richiamo insistito alla volontà di costruire “un Regno Unito nuovo”, ma “stabile e forte” in nome della prospettiva di un’alternativa credibile: sotto una leadership che non incarna più “la contestazione” al sistema nelle parole di Starmer per porsi invece “al servizio del Paese”. Se torna il New Labour, tornerà anche l’Europa? Londra rinuncerà all’isolamento in cui i cattivi consiglieri l’hanno portata? Presto per dirlo, ma qualcosa di profondo si sta muovendo: se si votasse oggi, dicono i sondaggisti dell’istituto britannico SRD, il Remain vincerebbe sul Leave.
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