Il confronto sull’applicazione della legge
Riforma Orlando un vero disastro, la giustizia non può essere precaria

L’avvocato Armando Rossi, sulle pagine del Riformista, ha lanciato un grido d’allarme sulle condizioni in cui versano gli uffici del giudice di pace, precisando sui social che la legge Orlando non è la soluzione ma una delle cause del problema. Diciamo che non vi è alcun fallimento del “progetto giudice di pace”, uno dei rari strumenti illuminati del legislatore, caratterizzato da regole procedurali scarne, essenziali ed economiche volte a ottenere pronunce immediate nelle controversie più vicine ai cittadini. Dinanzi all’ufficio, che rappresenta l’1% del pil nazionale con capacità di definizione in un periodo inferiore a un anno, pende oltre il 60% del contenzioso, dimostrando che si può amministrare la giustizia “a legge Pinto zero”. Su tale dato l’Italia si è più volte difesa dinanzi agli investitori stranieri usando i dati statistici dei giudici di pace che, per competenza per materia e funzionale, rappresentano il vero primo grado della giustizia.
Con la parziale entrata in vigore della riforma Orlando, avviata nel 2016, che ha cominciato a smantellare gli uffici del giudice di pace e a modificare i principi di autonomia e imparzialità di questa istituzione, i dati menzionati hanno subito una contrazione e un forte peggioramento, colpendo i piccoli e medi studi legali che non hanno retto al terremoto giudiziario provocato dall’improvvisa cessazione obbligatoria dall’incarico di molti magistrati di pace, nonché dall’accorpamento degli uffici territoriali di prossimità. La nostra associazione, in questi anni, ha tentato più volte di sollecitare e coinvolgere l’avvocatura nella consapevolezza che la precarietà della magistratura di pace, in realtà, finisce col precarizzare l’intero comparto giustizia.
Con l’emergenza epidemiologica, tramite comunicazioni inviate all’Organismo congressuale forense, al Consiglio nazionale forense e ai Consigli degli Ordini degli avvocati, abbiamo evidenziato le assurde dimenticanze del legislatore verso i giudici di pace sotto il profilo economico e procedurale, temperate solo dalla scrupolosità dei colleghi che, pur nell’emergenza e sprovvisti di ogni tutela, hanno continuato a prestare la loro attività non solo per ottemperare ai provvedimenti d’urgenza, ma anche per definire i provvedimenti decisori, consci del dovere personale di contribuire alla ripartenza del Paese.
Contestualmente, mentre sollecitavamo un intervento normativo idoneo a consentire la ripresa, chiedevamo proprio all’avvocatura di associarsi a noi pretendendo un decreto d’urgenza di stabilizzazione dei magistrati “in transitorio” nel ruolo di giudici di pace, ovviando alla questione retributiva ed evitando la paralisi degli uffici, certa ad agosto 2021. Noi, infatti, siamo tra i pochi lavoratori in Italia che, nel pieno della pandemia, si sono ritrovati nella paradossale situazione di non aver retribuzione certa né copertura assistenziale e previdenziale. Nulla è accaduto per cui non solo si procede con una giustizia a singhiozzo limitata alla trattazione di pochi procedimenti, con rinvii lunghi, ma a metà febbraio si dovrà scegliere di ridurre la nostra attività (attualmente a tempo pieno) a due o tre non meglio identificati “impegni” a settimana, con lenta estinzione dell’ufficio e conseguente paralisi della giurisdizione di primo grado.
La riforma Orlando serve solo ad azzerare il giudice di pace comprimendo i diritti di chi ci lavora, avviando la degiurisdizionalizzazione, assicurando la giustizia a pochi (cioè ai ricchi) ed eliminando una categoria e generazioni di professionisti: da un lato i giudici di pace, affossati da una legge che contrasta con le pronunce europee; dall’altro il 60% dell’avvocatura che frequenta quegli uffici e rappresenta la spina dorsale del Paese. Il momento è veramente drammatico! Ma proprio in questi momenti noi italiani, popolo di guelfi e ghibellini, siamo in grado di mettere in campo risorse eccellenti in modo tale da ritrovare il timone e condurre il Paese in un porto sicuro.
Per l’ufficio del giudice di pace chiediamo la costituzione di un comitato formato da componenti rappresentative e istituzionali dell’avvocatura e dei giudici di pace per appoggiare la richiesta di stabilità della categoria – il che, per la stessa avvocatura, è garanzia di essere esaminata da un giudice qualificato, sereno e imparziale come impone la Costituzione – e per formulare soluzioni e chiedere interventi normativi urgenti e mirati per l’ufficio, da riconsiderarsi nel suo ruolo di ufficio di giustizia di prossimità.
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