Se si dovesse pensare a una situazione in cui la politica promette in clima di campagna elettorale e dimentica poi, una volta arrivata al potere, viene da pensare alla situazione di giudici di pace e magistrati onorari. Sono stati lasciati alla loro vita da precari, senza garanzie e senza una retribuzione certa, cloni dei magistrati professionali che invece possono godere di garanzie e lauti stipendi. Eppure i numeri sulla loro produttività sono tra le percentuali che molti politici hanno esibito all’estero per dimostrare l’efficienza del sistema giustizia. Perché, si sa, dove la giustizia non funziona è più difficile, se non impossibile, attirare investimenti.

E allora partiamo dai numeri: giudici di pace e magistrati onorari rappresentano l’1% di pil nazionale, producono circa il 70% del contenzioso nazionale e consentono una risposta celere se si considera che i procedimenti dinanzi ai giudici di pace hanno una durata media di un anno. Soltanto a Napoli i circa cento giudici di pace consentivano, in tempi ordinari e quindi prima dell’emergenza Covid, la definizione di circa 10mila procedimenti a settimana. Numeri enormi, se si considera che solo tra Napoli e provincia operano circa mille magistrati onorari. Numeri che rischiano di calare bruscamente con tutte le ricadute in termini di giustizia negata per i cittadini. E rischiano di calare non solo a causa degli stop e dei rallentamenti imposti dalla pandemia, ma anche della protesta degli stessi giudici di pace e magistrati onorari che, ormai stanchi della loro vita da precari, si dicono pronti a bloccarsi e bloccare il volume di lavoro che garantiscono se la loro voce dovesse continuare, come accade ormai da molti anni, a rimanere inascoltata.

Per ora hanno deciso di ricorrere a una forma di protesta pacifica ma altrettanto incisiva: lo sciopero della fame. Quattordici giorni fa hanno cominciato due viceprocuratori onorari di Palermo, da ieri anche tre magistrati di Napoli. «Sarò in sciopero della fame finché il fisico me lo consentirà», spiega Olga Rossella Barone, giudice di pace di Napoli e presidente del Coordinamento magistratura giustizia di pace. Con lei hanno aderito alla protesta le colleghe Maria Cuomo del foro di Nola e Antonella Giugliano del foro di Barra. «Finora non c’è stato alcun comunicato delle istituzioni», racconta Barone sottolineando il silenzio e l’inerzia dello Stato: la questione relativa all’inquadramento e alla regolarizzazione di giudici di pace, giudici onorari di Tribunale e viceprocuratori onorari in questi anni è stata al centro delle false promesse della politica ma anche di procedure di infrazione tanto che l’Unione europea ha più volte intimato all’Italia di regolarizzare la posizione dei magistrati onorari e di recente molti Tribunali, incluso quello di Napoli, hanno riconosciuto ai giudici di pace lo status di «lavoratori» (in passato erano considerati a mo’ di volontari) e il diritto al trattamento economico e normativo previsto per chi svolge «funzioni analoghe alle dipendenze del Ministero». Eppure nei fatti nulla cambia: magistrati e giudici di pace lavorano senza avere diritto a ferie, ad assenze per malattia e contributi pensionistici e con una paga a cottimo.

«Noi giudici di pace siamo giudici nell’ufficio del giudice di pace, un ufficio di giustizia di prossimità, e pronunciamo le sentenze in nome del popolo italiano – spiega Barone – Abbiamo il diritto di essere inquadrati come giudici di pace, non chiediamo di diventare giudici professionali. Purtroppo finora non ci hanno mai ascoltato – aggiunge con rammarico – Ci hanno preso in giro con tavoli tecnici e politici mentre il tempo passava. Ci sono colleghi che sono deceduti, nel frattempo, e alle loro famiglie non hanno potuto lasciare nemmeno una pensione. Ora siamo arrivati alla pandemia, noi giudici di pace andiamo a lavorare a nostro rischio e pericolo: per noi non ci sono assistenza né previdenza se ci ammaliamo o siamo in isolamento fiduciario, non c’è retribuzione se non possiamo andare a lavoro».

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Napoletana, laureata in Economia e con un master in Marketing e Comunicazione, è giornalista professionista dal 2007. Per Il Riformista si occupa di giustizia ed economia. Esperta di cronaca nera e giudiziaria ha lavorato nella redazione del quotidiano Cronache di Napoli per poi collaborare con testate nazionali (Il Mattino, Il Sole 24 Ore) e agenzie di stampa (TMNews, Askanews).