Dopo il caso Scurati ecco un nuovo caso che coinvolge un altro scrittore engagé. Anzi lo scrittore italiano contemporaneo engagé per antonomasia. Si parla di Roberto Saviano. Lo schema è più o meno lo stesso: il governo di destra-destra censurerebbe le voci degli intellettuali dissenzienti e per questo, secondo Saviano, il suo nome non sarebbe stato incluso dal commissario governativo Mauro Mazza nella pattuglia di scrittori italiani invitati a partecipare alla Fiera del Libro di Francoforte.

Ho il sospetto che possa essere vero. Ho potuto apprezzare in più di un’occasione l’entusiasmo e lo zelo della burocrazia culturale di questo governo. E per altro Saviano a Francoforte, per altre vie, ci sarà. Ma non desidero parlare di questo ennesimo duello fuori tempo massimo tra neostaracismo e antifascismo militante. Roberto Saviano vent’anni fa scrisse uno splendido libro. Un libro il cui principale pregio consisteva nell’epos che trasudava da ogni riga. È l’epos peccaminoso ed inconfessabile ad aver reso Gomorra un libro importante. Saviano seppe trasformare un racconto basato su fatti di cronaca criminale in una grande saga elegiaca che trovò la sua mirabile consacrazione artistica nella successiva serie televisiva (a differenza della dimenticabile trasposizione cinematografica di Garrone).

La storia è piena di capolavori capaci di rendere irresistibilmente epiche le storie di personaggi moralmente esecrabili: il Padrino, Quei bravi ragazzi, I Soprano, solo per citarne alcuni. Eppure, come sappiamo, Gomorra non divenne l’Iliade del crimine organizzato ma un coraggioso atto di denuncia. Questa circostanza produsse due tristissime conseguenze: la prima fu che le minacce della Camorra costrinsero Saviano a vivere sotto scorta.

La seconda, diretta conseguenza della prima, fu la trasformazione di Saviano da potenziale giovane Omero a eroe civile, con tanti saluti all’epos. Certo va onestamente detto che si trattò di una scelta forzata dagli eventi ma resta il fatto che da quel momento in poi, dal punto di vista letterario, la luce si spense. E temo che la partecipazione a Francoforte non basterà a riaccenderla.

Filippo Piperno

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