“Questa pandemia ha creato una crisi nel tessuto economico e produttivo mai vista prima, e ci ha fatto rendere conto di tutti i punti di debolezza del nostro settore industriale. È vero che ci sono eccellenze e aziende strutturate che anche in questo momento riescono ad andare avanti, ma la maggior parte ha un mese di vita”. Sì, appena un mese. È la prognosi che Alessio Rossi, presidente dei giovani imprenditori di Confindustria, fa commentando gli effetti della crisi e le minacce che si temono per il futuro. “Ci si è resi conto che le piccole e medie imprese, senza liquidità e con ricavi zero, riescono in media a stare in vita appena un mese, poi entrano in una grandissima difficoltà che è quella che stiamo vivendo – osserva Rossi – Tutti gli imprenditori se ne sono resi conto, probabilmente lo Stato ancora non se n’è reso conto, altrimenti in questi giorni non staremmo ancora commentando misure che sono inadeguate e insufficienti”.

Gli imprenditori sono contrari alle iniziative del governo che si traducono, nella realtà, in nuovi debiti, seppure a costi minori. “Quello che ha funzionato finora – aggiunge Rossi – sono le moratorie, non quelle statali ma quelle che le banche hanno autonomamente messo in campo”. Il rischio è che aumentando l’indebitamento non si esca dalla crisi ma che si precipiti verso il baratro del fallimento o la minaccia di essere fagocitati da altre imprese, più grandi, e magari provenienti dall’estero. “La questione non va risolta puntando solo sulla liquidità – spiega il presidente dei giovani industriali – La liquidità riguarda l’immediato, ma ci sarà poi un problema successivo perché questa crisi ha evidenziato le debolezze del nostro sistema, un sistema composto soprattutto da aziende che sono piccole, poco capitalizzate e poco patrimonializzate. Dobbiamo quindi portare alle aziende liquidità per sostenere le spese correnti ma anche pensare a cosa succederà dopo, ragionando quindi su come farle crescere, altrimenti, soprattutto al Sud, assisteremo a una serie di fallimenti”.

Il settore turistico, quello alberghiero e della ristorazione sono tra i più colpiti dagli effetti della pandemia e del lockdown ma la fase 2 è lenta per tutti. Nelle aziende i telefoni non squillano più in maniera forsennata, i nuovi ordini ripartono a rilento, il clima di incertezza è ancora troppo forte. Serve un’iniezione di forza. “Sì – dice Rossi – a misure che favoriscano l’aggregazione, la capitalizzazione delle imprese e quindi la possibilità per fondazioni bancarie, enti di previdenza, fondi pensioni di investire non in fondi internazionali ma nei capitali delle nostre aziende. Abbiamo bisogno di dare forza e struttura alle imprese facendole crescere di dimensione, altrimenti il problema della produttività scarsa italiana non farà altro che peggiorare”. Il motivo sembra semplice.

“Più un’azienda è strutturata e grande e più è produttiva”. E più risorse private nel nostro tessuto imprenditoriale appare come una possibile soluzione. In questo scenario le più penalizzate rischiano di essere le imprese del Sud, il Sud che soffre la mancanza di infrastrutture e collegamenti ma anche dove le piccole imprese sono le più numerose e dove si contano più start-up innovative (la Campania è fra le prime cinque regioni in Italia). “Dobbiamo dare a queste imprese gli strumenti per sopravvivere ora, e per crescere domani”, commenta Rossi. Come?

“Servono subito misure – afferma il presidente dei giovani imprenditori – Una per tutte è il taglio dell’Irap, un intervento immediato e fattibile che servirebbe a dare respiro alle imprese e aiutarle a sopravvivere e superare questi sei mesi difficili. Poi bisogna iniziare a ragionare su come strutturare le nostre aziende, puntando alla loro crescita dimensionale per tornare a competere sui mercati internazionali”. Ma è una corsa contro il tempo. “Questa misura di intervento intermedia va messa in cantiere oggi – ragiona Rossi – non è possibile che si agisca come per il decreto aprile che è poi diventato maggio e forse sarà autunno-inverno”.

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Napoletana, laureata in Economia e con un master in Marketing e Comunicazione, è giornalista professionista dal 2007. Per Il Riformista si occupa di giustizia ed economia. Esperta di cronaca nera e giudiziaria ha lavorato nella redazione del quotidiano Cronache di Napoli per poi collaborare con testate nazionali (Il Mattino, Il Sole 24 Ore) e agenzie di stampa (TMNews, Askanews).