Non invidio il sindaco di Napoli, uomo perbene, cui auguro un ottimo anno. Un episodio minore e contingente ne rivela l’estraneità all’anima profonda della città che amministra, non essendone peraltro un residente, almeno fino all’elezione. Qualcuno deve averlo convinto a emanare un’ordinanza che vietava di sparare i tradizionali botti di fine anno. Premetto che non ho mai capito quest’uso, o magari lo capisco ragionando in astratto, ma senza avervi mai partecipato; tra l’altro rispetto gli animali, che ne vengono spaventati.

Non capisco del resto nemmeno luminarie pacchiane o pupazzi più o meno strani e alberi di Natale illuminati in piazza. Napoli è già straordinariamente bella così com’è, che senso ha ornarla di cose che non aggiungono nulla al suo fascino, ma semmai lo sporcano? Sta di fatto che – mi dicono, perché non vi abito – in città si è sparato come al solito, qualcuno sostiene anche di più. Benedetto uomo, che cosa aggiunge alla sua autorevolezza una grida manzoniana alla quale prevedibilmente non sarebbe stata prestata obbedienza, se non segnalarne la solitudine della voce che grida nel deserto? Un profeta disarmato (o armato unicamente di lodevole ragionevolezza) non dovrebbe creare l’occasione perché, come nella favola dei vestiti dell’imperatore, qualcuno si accorga che il re è nudo.

Credo che occorra salvare da brutte figure il soldato Gaetano Manfredi, allampanato hidalgo malinconico, perfetto per introdurre convegni culturali e per governare un’assemblea di baroni universitari, ma visibilmente a disagio quando deve sintonizzarsi con la sensibilità della gente comune, sia pure senza il populismo del suo predecessore e bisogna dunque che qualcuno gli dica ogni tanto parole non adulatrici.