Gaetano Manfredi ha tirato un sospiro di sollievo. Certo, piccolo, ma è già qualcosa. Dei seimila emendamenti presentati da senatori, commissioni e partiti per modificare la bozza della legge bilancio, poco più di 700 arriveranno alla discussione in Senato. Tra questi ci sono le due proposte Salva Napoli, una presentata dal Movimento Cinque Stelle e l’altra dal Partito Democratico per aiutare Palazzo San Giacomo a uscire dalle sabbie mobili del debito che ammonta a cinque miliardi di euro.

L’emendamento del Pd avrà come prima firmataria la senatrice napoletana Valeria Valente, e a seguire i componenti Dem della commissione Bilancio Antonio Misiani, Daniele Manca e Alan Ferrari: il testo prevede, in sintesi, la possibilità che lo Stato assuma il peso dei mutui e dei prestiti, che oggi spingono il Comune verso il disastro finanziario. Si era discusso anche dello scorporo degli oltre 300 milioni del debito monstre (relativo soprattutto alla stagione dei rifiuti, e al terremoto) ma su questo il testo non è ancora definitivo. Alzano il tiro, invece, i pentastellati. L’emendamento a firma del senatore Vincenzo Presutto, infatti, prevede una struttura commissariale per gestire il grande debito accumulato dall’amministrazione comunale e le perdite delle sue imprese partecipate fino al 31 dicembre 2021, con l’aggiunta di 200 milioni di euro che il MEF erogherebbe per il sostegno degli oneri derivanti dal piano per l’estinzione del debito pregresso a decorrere dall’anno 2022. Resta da capire se nella Manovra riuscirà a spuntarla uno dei due emendamenti (o entrambi) presentati ad hoc per risollevare le casse partenopee.

Il pressing senza sosta del sindaco di Napoli Gaetano Manfredi, seguito da quello dell’assessore al Bilancio Pier Paolo Baretta pare abbia portato a un primo risultato. Resta da capire cosa deciderà la commissione Bilancio e come si comporteranno le altre parti politiche, la Lega per esempio. Il leader del carroccio Matteo Salvini si era detto assolutamente contrario a una legge ad hoc per portare in salvo Napoli, o meglio, solo Napoli. In Italia sono 800 i comuni sull’orlo del dissesto, nella lista anche due grandi città come Palermo e Torino. Bisognerà capire se l’intervento per Napoli verrà inserito in un quadro più ampio di norme che tenderanno una mano a tutte le città in difficoltà oppure si tornerà a parlare di una legge speciale per il capoluogo campano. Il Riformista ha analizzato con Michele Saggese, ex assessore al bilancio del Comune di Napoli, i due possibili scenari.

Soluzione 1 

«L’emendamento presentato dai senatori del Partito democratico è specifico per la città di Napoli perché sostanzialmente prevede di congelare la restituzione dei debiti che il Comune ha solo nei confronti della Cassa Depositi e Prestiti. Quindi non si tratta dell’intero ammontare della porzione debitoria (nei mesi scorsi valutata dallo stesso sindaco Manfredi in circa 5 miliardi di euro, ndr), maturata negli ultimi decenni da palazzo San Giacomo nei confronti di chi che sia, ma solo per una parte di debiti. Una cifra che possiamo quantificare in circa due miliardi e mezzo di euro. Le rate di restituzione di queste somme verrebbero accollate direttamente dallo Stato: sarà lui a restituire i soldi nei tempi e nei metodi di pagamento che verranno decisi in seguito. Questa proposta Dem prevede un esborso piuttosto significativo da parte del Governo centrale, anche se spalmabile nel corso degli anni, ma resta comunque una spesa molto importante.

Un emendamento, quello pensato e presentato dal Pd, che dal mio punto di vista rappresenta la soluzione più giusta per la città di Napoli. In questo modo si alleggerirebbe notevolmente il debito del Comune, che sarebbe deputato a gestire esclusivamente le trattative con i creditori. L’amministrazione partenopea risulterà così sgravata dalle rate di pagamento dei mutui nei confronti della Cassa Depositi e Presiti: stiamo parlando di una cifra che oscilla tra i 100 e i 150 milioni di euro l’anno di spesa corrente. Denaro ‘risparmiato’ che entrerebbe nelle casse del Comune e della neo Giunta guidata da Gaetano Manfredi, rimettendole quasi in equilibrio. Facendo un veloce calcolo, infatti, i 150 milioni risparmiati sono più o meno gli stessi soldi che le casse di Palazzo San Giacomo perdono ogni anno a causa della scellerata gestione delle società partecipate. Questa manovra eviterebbe quindi di andare in disavanzo e di gestire autonomamente le transazioni con i debitori grazie alla copertura dello Stato».

Soluzione 2

«L’emendamento presentato dal Movimento Cinque Stelle è molto simile a un dissesto mascherato. Di fatto anche se non viene chiamato in questo modo, prevede la nomina di un Commissario che dovrà gestire con una contabilità separata l’intero debito maturato dal Comune di Napoli che comprende anche le perdite delle società partecipate. Un Commissario che dovrebbe usufruire di un bonus, presumibilmente erogato dallo Stato, di 200 milioni di euro l’anno per sanare tutta la posizione debitoria dell’amministrazione di Palazzo San Giacomo. Dovrebbe inoltre portare a termine delle transazioni con i vari interlocutori nelle quali non restituirebbe l’intera somma debitoria, ovvero i cinque miliardi di euro, ma solo una parte più o meno corposa a seconda del creditore e del debito contratto nel tempo. Quindi con i 200 milioni di euro all’anno il Commissario ripianerebbe, un po’ alla volta e in ben 25 anni il rosso presente nelle casse comunali. Se invece le trattative con i numerosi creditori dovessero essere fruttuose, il tempo del rientro dal debito potrebbe anche ridursi di qualche anno.

La proposta avanzata dal partito pentastellato è molto simile all’iter prestabilito in caso di disseto. Una parola, quest’ultima, che fa paura ma di fatto è di questo che si parla. Ma, è questo questo il mio unico dubbio, con un Commissario a gestire il debito va da sé che l’autonomia di palazzo San Giacomo e quindi del sindaco Manfredi si riduce notevolmente. C’è poi una terza proposta presentata da altri soggetti politici e relativa alla creazione di una società per azioni che possa lavorare per ripianare il deficit. Una soluzione che non mi dispiace e che sostanzialmente si avvicina all’idea del Commissario perché si tratta, in sintesi, di un soggetto che si accolla il compito di ripianare il debito e andrebbe finanziata con fondi Statali. Non è molto diversa, quindi, la soluzione del commissario da quella di una società per azioni, cambierebbe solo l’interlocutore dei creditori».

 

Avatar photo

Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.