«Ho studiato i conti del Comune e ho scoperto il dolore. Alle aspettative dei cittadini si sostituirebbe la frustrazione». Con queste parole a maggio scorso, Gaetano Manfredi, ex rettore dell’università Federico II, rifiutò l’offerta di candidatura a sindaco di Napoli da parte dei vertici del Partito democratico e del Movimento 5 Stelle. Fu un gentile ma secco “no”, maturato dopo un’attenta ricognizione del bilancio della terza città d’Italia.

Subito balzarono agli occhi conti disastrati oltre ogni limite di immaginazione per colpa soprattutto degli ultimi dieci anni di scellerata amministrazione, capeggiata da un sindaco iper litigioso con tutti i livelli superiori di governo, un atteggiamento che ha confinato la città in un isolamento politico e istituzionale mai visto. Fu poi l’ormai tristemente famoso «Patto per Napoli» che convinse Manfredi ad accettare la candidatura a sindaco della città capitale del Mezzogiorno. Si trattava sostanzialmente di una base programmatica tesa a “salvare” Napoli dalle paludi economiche in cui si è ritrovata, un documento siglato da Enrico Letta, Giuseppe Conte e Roberto Speranza, numeri uno rispettivamente del Pd, del M5s e di Articolo Uno. Il “patto” è stato sbandierato in campagna elettorale dall’attuale sindaco, dai segretari di partito, dai movimenti civici, dalle migliaia di candidati per il consiglio comunale e per i dieci consigli municipali. Il refrain di tutti i candidati e sostenitori dell’ingegnere prestato alla politica è stato: «Votate per noi, se vince Manfredi arrivano le norme e le risorse per far ripartire Napoli».

Prevista gestione commissariale del debito, incremento da 500 miliardi ad un miliardo per il sostegno degli enti locali in difficoltà, un piano straordinario di assunzioni. Insomma Napoli sarebbe dovuta diventare, a detta loro, un laboratorio nazionale in cui sperimentare un nuovo modello di intervento e gestione del debito a favore dei Comuni italiani. Una manna che sarebbe caduta dal cielo, facilissima da raccogliere e utilizzare. Dopo questa promessa in campagna elettorale, che tanti voti ha portato al centrosinistra allargato, anzi, allargatissimo alla deluchiana maniera, il fantastico intervento è rimasto una promessa da campagna elettorale. Il patto è sostanzialmente svanito, il deficit accertato nel bilancio consolidato, approvato dal consiglio comunale qualche giorno fa, è arrivato addirittura alla cifra monstre di ben 5 miliardi di euro. L’assenza del «Patto» nella finanziaria varata dal governo Draghi è stata la certificazione che quel documento firmato ed utilizzato in campagna elettorale, non è altro che un «patto tra privati» come giustamente ha sentenziato Antonio Bassolino nel suo intervento da consigliere comunale durante la seduta del consesso cittadino per la discussione del rendiconto.

I tre firmatari, infatti, non sono la maggioranza politica e parlamentare che sostiene il governo Draghi, ne sono solo una parte, ovviamente non determinante, non autonoma e quindi non in grado di dettare agenda, a meno che non si raccordi con le altre forze di maggioranza: Forza Italia e Lega. La situazione attuale dice che solo con una modifica alla finanziaria, attraverso uno o più emendamenti, si può tentare di portare a casa qualcosa di concreto per le casse comunali ogni giorno più vuote. Ma il centrosinistra, Pd e M5s in particolare, continua imperterrito a non condividere iniziative, emendamenti e mozioni, con altre forze di maggioranza, che pure si sono dette fortemente disponibili a collaborare, anche attraverso dichiarazioni del candidato sindaco sconfitto del centrodestra, Catello Maresca, e del parlamentare europeo e coordinatore cittadino di Forza Italia, Fulvio Martusciello.

L’annuncio delle ultime ore della presentazione di emendamenti, utili a inserire nella finanziaria una norma che aiuti principalmente Napoli, a firma di senatori del Pd, del M5s e di Leu, pare infatti confermare un disegno teso a tenere fuori il centrodestra di governo dalla primogenitura e forse addirittura dalla partecipazione stessa dell’iniziativa parlamentare in aiuto soprattutto di Napoli. Per una volta ci avrebbe fatto piacere leggere su uno stesso documento, in questo caso un emendamento a favore innanzitutto di Napoli, le firme dei rappresentanti parlamentari di tutte le forze politiche, non solo di governo ma anche di opposizione. Avrebbe avuto una forza incredibile e sarebbe stata una bellissima pagina.