Il rapporto annuale
Sapevamo già che Napoli è invivibile, ora basta piagnistei e alibi
Il disastro è sotto gli occhi di ogni napoletano e non occorre consultare statistiche per sapere che Napoli e la sua immensa e disordinata conurbazione non offrono i migliori standard di vivibilità. Nessuna sorpresa, quindi, se l’ultimo rapporto annuale sulla qualità della vita, curato da Italia Oggi e dall’Università La Sapienza, ha collocato la città partenopea e la sua provincia al 106° posto, il penultimo della classifica, seguita da Crotone e preceduta da Siracusa e Foggia.
La provincia napoletana ha perso tre posizioni rispetto all’anno scorso. Risultati pessimi anche per le altre province campane: Benevento scende di ben quaranta posizioni (73°), mentre Avellino registra una perdita più contenuta di sei posti (76°). Si salva solo Salerno che migliora la sua posizione di sei punti (77°). I criteri per redigere la classifica sono alquanto complessi: si considerano 95 indicatori suddivisi in 9 aree (affari e lavoro; ambiente; sicurezza sociale; istruzione e formazione capitale umano; popolazione; reddito e ricchezza; salute; tempo libero). Per collocarsi al penultimo posto la provincia napoletana non ha registrato un solo indicatore positivo. Il risultato di Napoli è in controtendenza rispetto alle grandi città. Sono soprattutto i grandi centri urbani del Nord e in parte del Centro a occupare i primi posti della classifica. Milano, per esempio, guadagna ben quaranta posizioni e si colloca al quinto posto. Nonostante la scelta di indicatori sintetici sia sempre discutibile, la classifica restituisce comunque un’immagine realistica delle diverse realtà locali. Ovviamente, il miglioramento o il peggioramento netto in classifica è in gran parte il risultato delle politiche locali.
L’efficienza delle amministrazioni locali si riflette immediatamente sui servizi offerti ai cittadini, altri indicatori, come quelli che riguardano la giustizia e la sicurezza, la ricchezza, il reddito, l’occupazione, sono in gran parte il risultato di situazioni croniche difficilmente modificabili nel breve periodo. Non può essere certamente giudicata positivamente per qualità della vita una provincia in cui si registrano due agguati di camorra in quattro giorni, cinque attentati dinamitardi in un mese e un diffuso clima di violenza, soprattutto tra i giovani. Tuttavia se in questi anni le amministrazioni della provincia napoletana avessero governato con maggiore efficienza, agendo sugli indicatori di propri competenza, pur nella ristrettezza di risorse disponibili, non si sarebbero registrati per l’ennesima volta risultati così negativi. E invece più che assumersi le proprie responsabilità la nostra classe dirigente di fronte a risultati negativi (dall’università alla qualità della vita) scrolla le spalle, chiamando a rispondere il destino maligno e il solito alibi delle risorse scarse.
De Magistris ha governato negli ultimi dieci anni con il vittimismo piagnone, sarebbe una sciagura se il nuovo sindaco lo imitasse, giustificando un inaccettabile immobilismo. I suoi continui appelli al governo rischiano di essere patetici. Le condizioni di Napoli erano note a tutti e certo l’ennesimo patto per Napoli (uno fu già sottoscritto nel 2016 per le infrastrutture e Bagnoli) non può sostituire il buon governo quotidiano. É da questo che Manfredi deve cominciare.
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