Esula dalle sue competenze la “pace fiscale”: eppure è il cavallo di battaglia del momento per il ministro dei Trasporti, Matteo Salvini. In realtà non mancherebbero i dossier che giacciono sulla sua scrivania al ministero, in attesa di essere affrontati. Tra stazioni ferroviarie, aeroporti e taxi, il ce n’è abbastanza da riempire abbondantemente l’agenda.

Sul trasporto aereo la controversia più delicata riguarda i servizi a terra degli aeroporti, inclusi i servizi di handling e check-in. I sindacati lamentano che il contratto è scaduto da sei anni. C’è poi la diatriba con le compagnie aeree low cost che riguarda anche non trascurabili problemi relativi alle condizioni di lavoro. Il tutto sfociato nello sciopero di sabato con mille voli cancellati in tutta Italia.

Sul fronte ferroviario, con Trenitalia le tensioni sono su condizioni di lavoro, assunzioni e lavoratori delle imprese che forniscono servizi di ristorazione sull’alta velocità. C’è anche un problema con Italo, relativo al rinnovo del contratto scaduto a dicembre 2021. Nel frattempo i treni esplodono per i troppi passeggeri, spesso costretti a viaggiare in condizioni precarie.

Sui taxi situazione è divenuta insostenibile in molte città italiane. Il boom di visitatori post-pandemia si scontra con carenza di offerta imbarazzante, per regole vecchie e mancanza di nuove licenze: basti pensare che a Roma l’ultimo sindaco ad aumentarne il numero è stato Walter Veltroni, nel 2006. Per domani Salvini ha convocato un tavolo per “fare il punto della situazione”.

Se analizziamo i numeri, il punto è già piuttosto chiaro e lo chiariscono gli ultimi dati (del 2019) dell’Autorità dei trasporti: in Italia sono operativi 23mila tassisti. Di questi, a Roma sono 7.774, a Milano 4852, a Napoli 2365. La media italiana è di un taxi ogni 2mila abitanti circa; quasi la metà rispetto alla Francia (1 ogni 1160 abitanti) e alla Spagna (1 ogni 1028).

Dunque che fare? Un’indicazione era contenuta nel Ddl Concorrenza varato dal governo Draghi, che includeva una norma su rilascio di nuove licenze, revisione di vincoli territoriali, tariffe e turni; e una regolamentazione delle piattaforme digitali. Tutto tramontato con la fine di quell’Esecutivo.
Naufragò anche la delega fiscale, poi però ripescata e approvata dall’attuale maggioranza con gli stessi principi di quella scritta ai tempi del governo Draghi. E allora perché non replicare anche sui taxi il testo del precedente governo? Sarebbe un colpo di scena; ma sappiamo che l’estate per Matteo Salvini è la stagione delle decisioni a sorpresa (Papeete docet).