Alle sei del mattino del 4 marzo 2021 è uscita dalla sua casa a Cles e da quel momento di Sara Pedri, 31 anni, non si è saputo più nulla. È come se si fosse volatilizzata. Ma l’auto trovata vicino a un ponte del lago Santa Giustina ha fatto comparire il tremendo presagio che Sara si possa essere suicidata. Da un anno si cerca il corpo ma di Sara non c’è traccia.

E così la convinzione: “È un pensiero brutto, lo so, tu te la immagini lì sotto e nessuno me la porta su. Quando hai quell’immagine nella testa e ci vivi da un anno, ti disturba sempre di più”, ha detto Emanuela Pedri, la sorella di Sara, intervistata da Repubblica, che da un anno non si dà pace. Ed è lei il volto della ricerca della verità per Sara, lei che ha innescato l’inchiesta sul reparto in cui lavorava la sorella, sul clima pesante che vigeva in quel reparto e che poi ha spinto anche altri a farsi avanti e a denunciare.

Sara oggi è anche una delle parti nel processo che vede indagati per maltrattamenti e abuso di mezzi di correzione l’ex primario (licenziato) Stefano Tateo e la sua vice (trasferita) Liliana Mereu. “Come famiglia ci stiamo molto impegnando per tenere vivo il ricordo. Lo facciamo per noi, ci fa stare bene. E se di riflesso la notizia può aiutare altre persone, nella speranza di vedere un cambiamento, questo accresce il nostro sollievo”, ha continuato Emanuela.

Oggi in ricordo della sorella Sara sono state messe in campo numerose iniziative tra cui una preghiera di 12 ore nella chiesa di Villanova e una messa con il vescovo di Forlì. Poi il 6 marzo nel parco urbano sarà piantato un albero di Liquidambar, una pianta dalle foglie rosse come i capelli di Sara. “Questo è un modo per trovare un posto per lei, perenne – continua Emanuela – Avevo bisogno di dedicarle un luogo. Sperando di darle una degna sepoltura”.

Le ricerche del corpo di Sara riprenderanno a inizio aprile, con situazioni meteo migliori. Nei mesi non è emersa nessuna pista diversa dalla triste ipotesi che la giovane possa essersi tolta la vita da sola. L’ultima volta che Emanuela l’ha sentita al telefono è stata la sera prima di scomparire nel nulla. “Mi ha chiamato per mezz’ora, lei era stanca ma più rilassata perché si era dimessa – ha raccontato ancora Emanuela a repubblica – Forse si era tolto un peso ma non siamo riusciti a dare un’immagine a quel peso. L’ho riempita di complimenti, le ho detto che era stata coraggiosa, che si sarebbe aperto un portone, sarebbe andata verso la direzione che meritava, che il suo non era un fallimento. Mi ha detto che si sarebbe finalmente riposata, che avrebbe dormito e fatto passeggiate. Ci siamo salutate così”.

Poi il giorno dopo il telefono ha squillato a vuoto per tante ore. “Sara riversava tutto su se stessa, ci penso sempre a cosa potevamo cambiare di quella settimana ma non avevamo gli strumenti, lei non voleva aiuto in quel momento, si definiva ingabbiata, non usciva dal suo malessere”. Poi la famiglia Pedri ha lasciato parlare i colleghi di Sara, quelli che poi hanno deciso di denunciare i maltrattamenti subiti. Ora la Procura di Trento sta raccogliendo tutte le testimonianze per stabilire cosa sia successo.

“Sentire testimoni che a quarant’anni piangono ancora per cose successe nel 2018 fa venire i brividi – continua Emanuela – Ci sono professioniste che lavorano lì da vent’anni e ancora piangono solo ricordando determinate cose. Sono empatica, questo provoca dolore pure a me. La procura sicuramente sta andando a fondo”. Intanto giorni fa l’ex primario Tateo ha sempre preso le distanze dalle accuse nei suoi confronti.

A un anno di distanza resta però una speranza: “Ritrovare Sara è la cosa più importante. Lo è anche lo sviluppo giudiziario: penso che una punizione debba esserci per un sistema che non ha gestito le cose. A prescindere da come finirà il processo, non ci saranno vinti o vincitori. Deve invece uscire un messaggio: l’unione fa la forza, non ci dobbiamo fare trattare così da nessuno. La parola mobbing deve essere considerata come un’arma che fa diventare le persone malate. Cos’è successo a Sara? Perché non si è fatto niente? Perché ci si è girati dall’altra parte? La risposta ancora non c’è. E noi la vogliamo”.

Avatar photo

Laureata in Filosofia, classe 1990, è appassionata di politica e tecnologia. È innamorata di Napoli di cui cerca di raccontare le mille sfaccettature, raccontando le storie delle persone, cercando di rimanere distante dagli stereotipi.