Umanità e giustizia possono incrociarsi senza che l’una annulli l’altra. La notizia della scarcerazione di Carmine Montescuro, il detenuto più anziano d’Italia, restituisce un po’ di umanità al senso e alla funzione della pena. Montescuro è un vecchio boss della malavita napoletana. Ottantotto anni li compirà a luglio ed ridotto in pessime condizioni di salute a causa di diciassette patologie che lo hanno reso cieco, sordo, costretto su una sedie a rotelle, incapace di essere autonomo e bisognoso di cure e assistenza che in carcere era difficile garantire. Un altro detenuto lo piantonava ventiquattro ore su ventiquattro. E rischiava di morire ogni giorno, anche in considerazione dell’aumento dei contagi da Covid registrati nelle carceri negli ultimi mesi.

Da ieri Montescuro è agli arresti domiciliari. Il Tribunale di Sorveglianza ha accolto l’istanza presentata dai difensori di Montescuro. L’anziano detenuto ha quindi potuto lasciare il carcere di Secondigliano dove era recluso da due anni. Finì in cella, infatti, nel 2020, nel pieno della pandemia. Nonostante fosse un ultraottentenne. Nonostante le pattuglie, una sfilza di diciassette voci sulla cartella clinica. Nonostante fosse ridotto a una larva umana, per usare l’espressione utilizzata da chi, tra garanti e politici, si è recato in questi mesi in carcere a visitare il detenuto e constatare con i propri occhi le condizioni sue e della sua reclusione. L’ultima visita c’era stata pochi giorni fa. Il 19 febbraio scorso, il garante di Napoli Pietro Ioia era stata nel penitenziario di Secondigliano insieme alla senatrice del M5S Cinzia Leone e alla criminologa Patrizia Sannino, vice presidente dell’associazione Carcere vivo.

«Stare in carcere a 88 anni non è giustizia ma vendetta, è come una condanna a morte» aveva commentato Ioia al termine della visita. «Finalmente un po’ di umanità», ha aggiunto ieri il garante cittadino alla notizia della scarcerazione di Montescuro. «La dignità di un essere umano è stata rispettata – ha affermato – . Montescuro non poteva più restare in carcere, rischiava di morire da un momento all’altro. Voglio ringraziare il garante regionale Samuele Ciambriello e tutte le persone che si sono attivate con il sottoscritto», ha concluso Ioia ringraziando anche il Riformista per le sue battaglie in nome del garantismo e di una giustizia giusta. La storia di Carmine Monrescuro riaccende i riflettori su uno degli aspetti più delicati e difficili del sistema penitenziario, quello dei detenuti anziani. Nel nostro Paese la percentuale di reclusi over 70 è aumentata negli ultimi quindici anni.

Secondo le statistiche ministeriali, se nel 2005 nelle carceri si contavano 350 detenuti con un’età superiore ai 70 anni, nel 2021 se ne contano 993. Quasi il triplo. Negli anni, infatti, la popolazione detenuta è stata sempre più composta da anziani. Basti pensare che dai 350 detenuti ultrasettantenni del 2005 si è passati a 594 nel 2014, 776 nel 2017, 986 nel 2019. Nel 2020, anche a causa della pandemia, il numero dei detenuti anziani rinchiusi in carcere era sceso a 851 per poi risalire nel 2021 a 993. La Campania segue questo trend, nel senso che è in aumento da alcuni anni anche l’età media della popolazione rinchiusa nelle celle delle carceri di Poggioreale e Secondigliano. Lo avevano segnalato i garanti Ciambriello e Ioia nell’ultimo rapporto sulle carceri: troppi detenuti e troppo anziani era il dato. Numeri che si traducono in una serie di criticità se si considera che in carcere ci sono molte barriere architettoniche e poche risorse per garantire assistenza a un detenuto che si muove sulla sedia a rotelle, che non è autosufficiente, che ha bisogno di visite mediche specialistiche frequenti. criticità che si traducono in diritti mortificati e in una giustizia che rischia di perdere di vista l’umanità.

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Napoletana, laureata in Economia e con un master in Marketing e Comunicazione, è giornalista professionista dal 2007. Per Il Riformista si occupa di giustizia ed economia. Esperta di cronaca nera e giudiziaria ha lavorato nella redazione del quotidiano Cronache di Napoli per poi collaborare con testate nazionali (Il Mattino, Il Sole 24 Ore) e agenzie di stampa (TMNews, Askanews).