«Cronaca di una morte annunciata», tuona il garante regionale dei detenuti Samuele Ciambriello. Giovanni Marandino, 84 anni, è morto all’ospedale Cardarelli. Chi si indigna? Si conteranno sulle dita di qualche mano quelli che di fronte a questa notizia eviteranno di fare spallucce visto che Marandino era un detenuto con il marchio di aver fatto parte della Nco, la Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo.

In meno di una settimana è il secondo detenuto che muore in carcere perché sulla valutazione dello stato di salute si lascia prevalere la rigida burocrazia giudiziaria. Qualche giorno fa era toccato a un detenuto 50enne, Antonio Alfieri, a cui era stato negato il trasferimento in una comunità per tossicodipendenti nonostante il parere favorevole del SerD del carcere e del pm. Ieri la morte di Marandino. «Era una persona anziana con precedenti penali – spiega il garante Ciambriello – ma questo giustifica il fatto che da febbraio di quest’anno sia stato fatto morire nell’assoluta solitudine?». La morte del detenuto ultraottantenne riaccende il dibattito sulla tutela della salute in carcere e sulla pena che non può diventare accanimento o tortura. «La tutela della salute, della vita e dell’età avanzata sono prioritarie rispetto alle misure cautelari? – continua Ciambriello – Credo che sia questa la domanda da porci, non solo per una questione di umanità, che negli ultimi tempi pare sia diventata merce rara, ma anche per misurare l’efficienza e l’efficacia di un sistema penale e detentivo che rimuove ogni problema trincerandosi dietro vincoli burocratici in un gioco a rimpiattino sulle diverse competenze di magistratura, sanità penitenziaria e periti».

Il caso porta all’attenzione anche il tema dei detenuti anziani. «Da mesi, più volte interpellato dai familiari, ho seguito il caso di Giovanni in carcere e sono andato domenica scorsa a trovarlo in ospedale al Cardarelli – racconta il garante -. Davanti a me ho visto un vecchio in fin di vita, non in grado di intendere e volere. Tra l’altro in cella a Poggioreale era recentemente caduto, spezzandosi il femore e subendo un’operazione; non poteva nemmeno usufruire dell’ora d’aria e, considerate le sue patologie, gli era stato assegnato un piantone». Il caso di Marandino era apparso sin dal suo arresto un caso particolare: 84enne, sulla sedia a rotelle, con il catetere, affetto da demenza senile con un principio di Alzheimer e apnee notturne, oltre che cardiopatico e diabetico.

In casa viveva allettato per cui, quando a febbraio il gip del Tribunale di Salerno ha disposto per lui la custodia cautelare in carcere, è stato necessario portarlo da Paestum a Poggioreale in ambulanza. Poche settimane dopo l’arresto, Giovanni Marandino (per tutti “Ninuccio”), coinvolto assieme ad alcuni familiari in un giro di usura, ha avuto un malore ed è stato portato in ospedale e poi di nuovo in cella. La stessa cella dalla quale è uscito giorni fa per essere trasportato in condizioni critiche da Poggioreale al Cardarelli. Davvero non c’era una diversa possibilità di gestire il suo caso? «Una persona anziana arriva in carcere in ambulanza e ne esce nella bara – denuncia Ciambriello – Questo è accanimento giudiziario».

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Napoletana, laureata in Economia e con un master in Marketing e Comunicazione, è giornalista professionista dal 2007. Per Il Riformista si occupa di giustizia ed economia. Esperta di cronaca nera e giudiziaria ha lavorato nella redazione del quotidiano Cronache di Napoli per poi collaborare con testate nazionali (Il Mattino, Il Sole 24 Ore) e agenzie di stampa (TMNews, Askanews).