Completamento delle fogne e successiva separazione dalla rete delle acque bianche. Ammodernamento degli impianti di depurazione. E, soprattutto, una cabina di regia regionale per la corretta gestione dei reflui. È una ricetta in tre punti quella che propone Edoardo Cosenza, presidente dell’Ordine degli ingegneri di Napoli ed ex assessore regionale ai Grandi Progetti, per tutelare il mare della Campania. L’Arpac, l’agenzia regionale incaricata di proteggere l’ambiente, ha censito 475 punti in cui acque reflue o di altra natura “invadono” le coste. Si tratta di potenziali fonti di inquinamento disseminate tra le province di Napoli (306), Caserta (25) e Salerno (144): bombe a orologeria pronte a esplodere e a sfregiare tratti di costa meta di residenti così come di turisti provenienti da ogni parte del mondo. Analizzando il report dell’Arpac, emerge un primo dato. A incidere negativamente sulla qualità delle acque è la commistione tra le reti. In gran parte della Campania, infatti, le condotte dell’acqua piovana sono impropriamente collegate alle fogne.

In concomitanza di forte maltempo, quindi, la pioggia affluisce in grande quantità nelle tubature, già di per sé insufficienti, mandandole in tilt. A quel punto, per scongiurare danni agli impianti, viene attivato il sistema del troppo pieno con la conseguenza che in mare viene sversata acqua mista a liquami. «Il troppo pieno è un principio ingegneristico – spiega Cosenza – Nel nostro caso i tubi hanno una determinata portata, oltre la quale scatta quel meccanismo. Ovviamente, se il troppo pieno entra in funzione a ogni acquazzone non va bene e bisogna intervenire separando le reti». Prima ancora, però, andrebbero completate le fogne. Già, perché in Campania sono ancora numerose le località prive di impianti di smaltimento dei reflui. Spesso si tratta di cittadine piuttosto grandi, quindi capaci di produrre una grande quantità di liquami che, in mancanza della rete fognaria, vengono sversati abusivamente nei valloni, nei fiumi o direttamente a mare. «A Scafati le fogne sono in costruzione e molti altri centri a nord e a sud di Napoli ne sono privi – aggiunge Cosenza – Completarle sarebbe necessario per prevenire fenomeni di inquinamento più o meno gravi: le fogne smistano i liquami nei collettori che a loro volta li indirizzano verso i depuratori. Insomma, sono un tassello fondamentale della rete».

I depuratori, altra nota dolente. Sono circa 150 i gli impianti campani, ma ben pochi rispettano le normative europee che prevedono tre cicli di trattamento: chimico, biologico e di abbattimento dei nutrienti ed un impianto per essiccare i fanghi. Tra questi c’è il depuratore di Punta Gradelle, entrato in funzione qualche anno fa in penisola sorrentina dopo decenni di attesa. Pochi giorni or sono il governatore Vincenzo De Luca ha presentato il depuratore di Cuma, oggetto di lavori conclusisi solo a dicembre scorso. Altri impianti, realizzati negli anni Settanta dalla Cassa per il Mezzogiorno, andrebbero ammodernati e potenziati.

«A Benevento manca un depuratore – aggiunge Cosenza – con la conseguenza che i reflui vengono spesso smaltiti negli affluenti e poi nel fiume Volturno, al pari di quanto accade in alcune località irpine. Ed è paradossale che una meta turistica di livello mondiale come Ischia sia ancora priva di un impianto. Servono depuratori moderni ed efficienti». Resta da chiarire a chi debba essere assegnata l’amministrazione del ciclo delle acque. Attualmente il territorio campano è diviso in ambiti territoriali ottimali dove quella competenza è affidata a diversi soggetti. Anche su questo punto Cosenza sfodera una proposta: «La gestione parcellizzata non ha portato buoni risultati – conclude l’ex assessore regionale – Interventi strutturali come il completamento delle fogne, la loro separazione dalla rete delle acque bianche e lo sviluppo dei depuratori sono indispensabili. Altrettanto necessaria, però, è un’agenzia regionale che curi il ciclo delle acque e gli impianti di depurazione: una gestione centralizzata sarebbe più efficiente e contribuirebbe in maniera decisiva alla tutela dell’ambiente marino».

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Classe 1987, giornalista professionista, ha cominciato a collaborare con diverse testate giornalistiche quando ancora era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell'università Federico II di Napoli dove si è successivamente laureato. Per undici anni corrispondente del Mattino dalla penisola sorrentina, ha lavorato anche come addetto stampa e social media manager prima di cominciare, nel 2019, la sua esperienza al Riformista.