Letture
Se Dante Alighieri può aiutare i ragazzini della Roma difficile: il sorprendente racconto di Emilio Sbaraglia
I giovani studenti di Tor Bella Monaca si lasciano conquistare dalla Divina Commedia grazie alla passione di un insegnante

«Ammazza professò… Ma lo sai che è proprio bello? Ma bello bello. Dall’inizio alla fine, come comincia e come finisce. E alla fine me sa che c’avevi ragione tu, professò: ‘sto Dante è pure mejo de Totti». E bravo il “professò” che è riuscito nella mirabolante, ma dunque non impossibile, impresa di affascinare i ragazzetti di Tor Bella Monaca con la Divina Commedia, nientemeno. Meglio di Totti!
Emiliano Sbaraglia, insegnante, ha scritto questa bella e vera storia in questo “Leggere Dante a Tor Bella Monaca” (Edizioni e/o), piccolo miracolo in un quartiere non facile alla periferia di Roma, dove gli abbandoni scolastici sono tantissimi, il rapporto con le famiglie molto difficile, i ragazzi spesso sbandano, girano le volanti di polizia e carabinieri, l’aria è pesante. Dopodiché arriva Dante, spiegato dal professore con semplicità, e i versi chissà come catturano gli studentelli. La cosa piano piano funziona nello scetticismo dei parenti dei ragazzi.
E questo è dunque anche un libro politico, con la difesa di questi giovani e l’autoaccusa dei boomer, «quella vecchia generazione, vecchia dentro, responsabile del disastro ambientale che ormai giusto un vecchio in malafede può non vedere (…) si divertono a prenderli in giro etichettandoli come i nipoti dei sessantottini, i figliocci dei movimentisti, i fratellastri problematici quanto Greta Thunberg, e per questo “gretini”, mentre i cretini sono loro, siamo noi». Intanto l’entusiasmo dei ragazzi cresce, «andiamo a Firenze dove viveva Dante», e alla fine il professore legge gli ultimi, magnifici versi del Paradiso, «l’amor che move il sole e le altre stelle». «Professò, ma noi faremo come Dante?». «Cioè?». «C’annamo in Paradiso?». Questo davvero non lo sa nessuno. Ma il racconto di Emiliano Sbaraglia autorizza a pensare di sì.
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