Il vaccino Pfizer è una delle prime armi utilizzate in Italia per combattere il Covid. È il siero che ha inaugurato la grande vaccinazione di massa. Si tratta di un vaccino a mRNA (RNA messaggero) contro COVID-19 (modificato a livello dei nucleosidi). Per raggiungere l’efficacia è diviso in due iniezioni, solitamente nel muscolo della parte superiore del braccio, a distanza di almeno 21 giorni l’una dall’altra. È possibile prolungare seconda dose, comunque non oltre 42 giorni dalla prima (Circolari 9 aprile e 5 maggio 2021).

Viene conservato in speciali congelatori a una temperatura compresa tra -90°C e -60°C, nella confezione originale. È raccomandato anche per i ragazzi dai 12 anni in su. Dopo la prima dose pochi hanno lamentato effetti collaterali, ma cosa succede dopo la seconda dose? Il Riformista ha chiesto a Ivan Gentile, Professore Ordinario di Malattie Infettive presso l’ Università di Napoli Federico II e Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Malattie Infettive dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di spiegare nel dettaglio tutto quel che c’è da sapere sulla seconda dose del vaccino Pfizer.

Quali sono gli effetti collaterali della seconda dose del vaccino Pfizer?

Gli effetti collaterali più comuni sono indolenzimento o dolore a livello del sito di iniezione, mal di testa, dolori muscolari, stanchezza e febbre. Altri effetti come prurito, dolore agli arti, ingrossamento dei linfonodi, difficoltà ad addormentarsi hanno interessato meno di una persona su 100 e quindi sono meno comuni. Gli effetti collaterali sono più comuni dopo la seconda dose nel caso del vaccino Pfizer (analogamente a quanto accade per il vaccino Moderna) e generalmente di minore severità negli individui più anziani, probabilmente perché i giovani hanno un sistema immunitario più reattivo.

Perché gli effetti collaterali sono più acuti alla seconda dose rispetto a quelli della prima?

Perché la seconda dose è generalmente più immunogena, ovvero scatena una reazione immunitaria più spiccata rispetto alla prima dose. Infatti, la reazione fisica immediata al vaccino anti COVID-19 è provocata da meccanismi che attraggono globuli bianchi a livello del sito di iniezione e ciò si traduce nella comparsa di sintomi locali e sistemici. Tuttavia, è in una fase successiva della risposta immunitaria che, attraverso l’espressione della proteina di superficie indotta dal vaccino, vengono prodotti anticorpi specifici contro il virus. Ne deriva che dopo la seconda dose del vaccino, a distanza di tre settimane dalla prima somministrazione, il sistema immune è già attivato con conseguente intensificazione della sintomatologia clinica reattiva.

Tutti possono avere gli stessi effetti collaterali dopo la seconda dose del vaccino Pfizer?

Assolutamente no. Il nostro sistema immunitario ha caratteristiche uniche e peculiari in ognuno di noi: è legato infatti sia a fattori sia genetici che ambientali. Per questo l’intensità della sintomatologia è molto variabile da individuo a individuo.

Ci sono particolari categorie che hanno maggiore possibilità che si presentino gli effetti collaterali dopo la seconda dose del vaccino Pfizer?

Generalmente, l’intensità dei sintomi è risultata maggiore nelle donne e nei soggetti di età minore di 60 anni.

Il rischio di trombosi aumenta dopo la seconda dose del vaccino Pfizer?

Direi che in generale tale vaccinazione non è correlata ad una incidenza più alta di eventi trombotici.

A quali sintomi bisogna fare attenzione dopo la seconda dose del vaccino Pfizer e se compaiono cosa fare?

Sia dopo la prima che la seconda dose è importante fare attenzione, nelle settimane successive alla vaccinazione, alla comparsa di affanno, dolore toracico, gonfiore alle gambe, dolore addominale persistente o sintomi riconducibili al sistema nervoso (inclusi mal di testa severo, alterazioni della visione) nonché macchie cutanee come ecchimosi e arrossamenti, sia vicino al sito di iniezione che a distanza. In tal caso, è necessario cercare rapidamente assistenza medica e rivolgendosi a centri specializzati per il prosieguo dell’iter diagnostico-terapeutico del caso. Va sottolineato che si tratta di eventi estremamente rari.

Dopo quanti giorni dalla seconda dose del vaccino Pfizer si è completamente immuni?

Livelli protettivi di anticorpi diretti contro il virus SARS-CoV-2 sono stati riscontrati a 2 settimane dalla seconda dose.

Cosa significa che il vaccino è attivo? Non prenderò più il Covid?

Significa che il vaccino ha mostrato protezione nei confronti del virus, ovvero che negli studi tra i soggetti sottoposti a vaccinazione l’incidenza di malattia da COVID-19 e, soprattutto, di forme severe necessitanti ospedalizzazione era estremamente più bassa rispetto ai soggetti non vaccinati. La protezione assicurata dal vaccino è del 95% e comunque i pochi soggetti vaccinati che si infettavano non presentavano malattia grave.

Quanto dura la protezione dopo la seconda dose?

Al momento non vi sono dati sufficienti circa la durata della protezione offerta dalla vaccinazione, sebbene diversi studi abbiano dimostrato la persistenza di livelli anticorpali adeguati e protettivi a distanza 6 mesi dalla vaccinazione stessa.

Ci potrebbe essere una terza dose anche del vaccino Pfizer alla fine dell’estate?

Una terza dose di vaccino potrebbe essere utile nel caso di comparsa di eventuali varianti virali capaci di eludere la risposta immunitaria indotta dal vaccino e per le quali si possa prevedere la necessità di un booster immunologico mediante una terza dose. A tale scopo, è stato avviato dall’azienda Pfizer uno studio su 600 volontari (di età pari o superiore a 65 anni) a cui verrà co-somministrato il vaccino antipneumococcico e una terza dose del vaccino Covid-19. Verrà quindi valutata la risposta dei soggetti nei 6 mesi successivi alla somministrazione di entrambi i vaccini nonché il loro profilo di sicurezza. Va detto che i primi vaccini sono stati messi in commercio meno di 6 mesi fa. Non disponiamo pertanto di dati a lungo termine che possano dare una risposta definitiva a questa domanda.

Che valore ha il test per gli anticorpi e come va interpretato?

I test anticorpali anti SARS-CoV2 presenti sul mercato sono molteplici, diretti contro diversi antigeni virali e con soglie di positività non standardizzate e per cui se ne raccomanda la lettura e interpretazione a medici specialisti. L’utilità consiste esclusivamente nella valutazione qualitativa e non quantitativa della presenza di anticorpi anti SARS-CoV2. In altre parole, ancora non abbiamo un correlato di protezione, né una soglia al di sopra della quale abbiamo certezza che il paziente sia protetto. Al momento ci basta sapere che gli anticorpi sono stati prodotti.

È utile fare il test per gli anticorpi?

Può essere utile per valutare l’effettivo sviluppo di risposta immunitaria specifica indotta dal vaccino.

Il test per gli anticorpi è utile per decidere se fare o meno la seconda dose di vaccino Pfizer?

Non è una procedura corretta perché, come affermato poc’anzi, non esistono valori soglia anticorpali univoci indicativi inequivocabilmente di protezione nei confronti del virus e non è possibile prevedere come si modificheranno i livelli ematici di anticorpi nel tempo. Per cui, come indicato anche dall’Istituto Superiore di Sanità, l’impiego di test sierologici non è raccomandato ai fini del processo decisionale vaccinale.

Dopo la seconda dose del vaccino si può togliere la mascherina e abbassare al guardia?

Non sono disponibili evidenze sufficienti in merito all’efficacia del vaccino non solo nell’evitare lo sviluppo di malattia da COVID-19 ma anche nell’impedire l’infezione del soggetto e la possibile trasmissione ai propri contatti. Ne deriva che anche i soggetti vaccinati dovrebbero mantenere alcune misure di protezione, come la mascherina, il distanziamento sociale e il lavaggio accurato delle mani. Negli Stati Uniti si dice “vaccinati o mascherati”. Io credo che potremmo anche noi adeguarci a questo adagio, iniziando dall’eleminare le mascherine all’aperto per i vaccinati.

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Giornalista professionista e videomaker, ha iniziato nel 2006 a scrivere su varie testate nazionali e locali occupandosi di cronaca, cultura e tecnologia. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Orgogliosamente napoletana, si occupa per lo più video e videoreportage. È autrice anche di documentari tra cui “Lo Sfizzicariello – storie di riscatto dal disagio mentale”, menzione speciale al Napoli Film Festival.