I misteri della nostra intelligence/2
Servizi segreti e manine, i proclami di Gabrielli e i misteri irrisolti sulla “più stupida intelligence del mondo”

Macchina indietro. Il 10 giugno scorso, ottanta giorni fa, Franco Gabrielli, sottosegretario alla presidenza del Consiglio e Autorità delegata per la Sicurezza della Repubblica, si presentò in video-conferenza stampa dopo la pubblicazione sul Corriere della Sera di un presunto documento «classificato», che poi si rivelò la sintesi di più “bollettini sulla guerra ibrida” tutti quanti timbrati da Elisabetta Belloni, direttrice del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza della Repubblica (Dis), come «riservati». A norma dell’art. 42 della legge 124/2007 significa che possono essere letti soltanto da chi ha il Nulla osta di sicurezza.
Il Corriere della Sera è certo importante e intoccabile ma quel Nulla osta ce l’ha? Era furibondo, il sottosegretario, ma – nonostante il Covid di cui in quei giorni era affetto – fu attentissimo all’effetto che avrebbero fatto le sue parole. Attaccare il fellone, garantirne personalmente la punizione, rassicurare gli italiani sulla determinazione di chi guida i servizi, cioè lui stesso. Disse: «Il documento (è) arrivato nelle mani dei giornalisti non perché è sceso dal cielo… Le stesse tempistiche insomma fanno ritenere che ci sia stata qualche mano solerte: è una cosa gravissima… chi mi conosce sa bene che nulla rimarrà impunito». Ha però subito tolto d’imperio la classificazione di «riservato» a tutti quei bollettini, dicendo che erano innocui, e li metteva a disposizione del popolo. Ma a quel punto era una generosità a poco prezzo, dato che i buoi avevano già completato la loro transumanza nelle accoglienti stalle del Corriere della Sera. Che pasticcio. L’accaduto non era fino a due parole prima «una cosa gravissima»? Ma com’è che un secondo dopo la medesima bocca annuncia che non è successo niente? Il brigante ha sparato con la pistola ad acqua. Resta un’unica certezza: c’è lo sceriffo che sistemerà tutto in men che non si dica.
Dal tono e dagli stilemi da questura usati, infatti, a parte la carineria di trattare la Belloni come una dilettante che ha secretato quel che non andava secretato, era chiaro che avrebbe assunto lui la parte del castigamatti. Il «chi mi conosce sa bene» è stato percepito da tutti noi che lo ascoltavamo come un «mo’ arrivo io»: sbroglierò personalmente il casino, e guai al fellone. Capiamo l’emotività del momento, e la volontà di rasserenare gli italiani garantendo personalmente il proprio impegno di ammazzasette. Non funziona così però. Lì non c’è stato solo un atto moralmente riprovevole, risanabile con atti disciplinari, bensì si è consumato un fior di reato, che Gabrielli non può sanare desecretando e sbianchettando a posteriori il bollettino consegnato a chi non aveva titolo né per leggerlo né per usarlo. Né può essere lui il soggetto che indaga e punisce i reati, lui è parte del potere esecutivo, non del giudiziario. Scriviamo di reati al plurale, perché secondo la lettera dell’art. 262 cp ultimo comma: «Le pene stabilite… si applicano anche a chi ottiene la notizia» senza averne titolo.
Non è grave anche pubblicare notizie riservate? O la legge si applica per i nemici e si interpreta per gli amici? Di certo la 124 del 2007 toglie ai direttori delle agenzie d’intelligence e all’Autorità delegata questo diritto-dovere. Loro dovrebbero vigilare per impedire sbreghi nella rete della sicurezza, non intervenire post factum sceleris. Tocca alla polizia giudiziaria e alla procura questa incombenza. Ri-domandiamo: questo è stato fatto? A proposito di legge 124/2007, essa riformò, con il voto quasi unanime del 3 agosto di quell’anno, «il sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica» e codificò «la nuova disciplina del segreto». Ecco la grida che ci serve, direbbe a Renzo l’Azzeccagarbugli. Con essa non ci si limitò a regolare «il segreto di Stato», ma anche a sigillare la riservatezza di altri documenti e notizie di minor gravità, ma comunque delicati, e di cui vietare la divulgazione. L’articolo 42 al secondo comma fissa quattro livelli di classificazione, dall’alto in basso: «Segretissimo, segreto, riservatissimo, riservato». Ma non è che se un documento è «solo» riservato allora si può rivelare un pochino e l’art.262 cp si applica poco…
Ci domandiamo un’altra volta: quante sono le «mani solerti» che passano carte, filmini, circolari a Rai-Report, Corriere della Sera, La Repubblica, Il Fatto, La Verità, Domani? Oppure è una manina sola e instancabile? O addirittura una manona? E perché, invece, neanche un cencio di documento «classificato» – e che perciò non dovrebbe muoversi dal cassetto dell’autorità competente – arriva al Riformista? Una spiegazione ce la siamo data. La manina semina su terreno fertile. Il magico fornitore di segreti ha due punti fermi prevalenti, almeno in questi ultimi anni, e individua i fruitori sulla base di una accertata propensione a: 1) contribuire alla «mostrificazione» di Matteo Renzi; 2) sfregiare la reputazione dell’ex capo del controspionaggio Marco Mancini, così da impedire che possa nuocere al pigro e autoreferenziale tran tran della «più stupida intelligence del mondo» (copyright Marco Travaglio).
Facciamo ancora macchina indietro e ci domandiamo se qualcuno non chiuda un occhio o forse due sia ai vertici delle agenzie degli 007 sia alla Procura di Roma quando si tratta per il bene della causa di Lorsignori di dribblare la legge. Su Renzi vi abbiamo già raccontato nei giorni scorsi come il procuratore di Firenze abbia consegnato al Copasir, violando una ordinanza della Corte di Cassazione che ne ordinava la distruzione, gli atti giudicati illeciti relativi all’inchiesta sulla Fondazione Open. Resta da rinfrescare la memoria a Franco Gabrielli, Elisabetta Belloni, Mario Parente e Giovanni Caravello su un fatto che a suo tempo denunciammo su Il Riformista. Nel mese di maggio del 2021 Franco Gabrielli comunicò al Copasir che il governo intendeva emanare una circolare che inibiva i rapporti tra agenti, politici e giornalisti, salvo autorizzazione dall’alto e congrua successiva relazione ai direttori delle agenzie. Il tutto a seguito del servizio di Report del 3 maggio che disegnava ombre sinistre su Renzi e un tipo “losco”, che Rai3 fece identificare a colpo sicuro come Marco Mancini da un anonimo, e mascherato sin nella voce, ex dirigente del Sismi e poi dell’Aise (sarebbe utile alle indagini della Digos individuare chi sia e che tipo di rapporti intrattenesse e abbia intrattenuto nel tempo con Sigfrido Ranucci e la sua redazione).
Fatto sta che quella circolare, come qualsiasi atto che riguardi gli interna corporis dei servizi, è obbligatoriamente classificata in una delle quattro categorie sopracitate. Ranucci gongolante annuncia di poterla mostrare in esclusiva. In realtà appare per un solo istante, dietro la gigantografia di Gabrielli, così che non si faccia in tempo a leggerla. Basta però bloccare l’immagine e siamo riusciti faticosamente a trascrivere buona parte del testo volutamente spampanato. Report infatti, dopo essersi attribuito il merito della direttiva purificatrice, si vanta pure di poter mostrare, forse il premio per il bounty killer, la bolla pontificia che ha fatto scattare la ghigliottina e cadere nel cesto la testa di Mancini. In realtà appare per un solo istante, dietro la gigantografia di Gabrielli, così che non si legga, si sa che è una noia. Siamo riusciti faticosamente a trascrivere buona parte del testo volutamente spampanato.
Eccolo: «L’Autorità Delegata a seguito dell’ampia eco riservata dagli organi di stampa all’incontro tra un alto dirigente del Comparto con un noto esponente politico, ha richiamato all’attenzione il rispetto delle norme comportamentali, sottolineando come condotte ordinariamente prive di disvalore e di interesse mediatico quando attuate dagli appartenenti agli OO.II. (organismi informativi, ndr), possono essere caricate di significati e piegate alle più disparate chiavi di lettura ed interpretazioni. Pertanto ha dato indicazioni affinché ogni tipologia di incontro con esponenti del mondo politico, giudiziario e, più in generale, suscettibile di esporre il Comparto alle citate criticità (sarebbero i giornalisti, ma meglio non inimicarseli citandoli espressamente, ndr), sia preventivamente autorizzata e gli esiti documentati per gli eventuali e successivi riscontri. Quanto sopra premesso, dispongo che gli incontri in argomento, da tenere sempre in coerenza con le previsioni degli artt. 44 e 45 del DPCM 1/2011, siano sottoposti alla mia preventiva autorizzazione e che gli esiti degli stessi siano documentati secondo le modalità e le procedure in vigore. La mancata ottemperanza delle presenti disposizioni configura motivo di grave profilo disciplinare».
Due note.
1) Questa circolare è stata retroattivamente applicata a Mancini per prepensionarlo. Più che il “grave profilo disciplinare” quel giorno, lunedì 17 maggio, si è consumato davanti a milioni di persone un reato talmente grave da essere punito con una pena da 3 a 10 anni. Gabrielli ha denunciato il fatto-reato? Almeno ha cercato di identificare lo spicciafaccende sporche che ha passato non i contenuti ma l’immagine originale della direttiva classificata? Se vuole fa ancora in tempo a denunciare. Ma ci risponda: l’ha fatto o no? E se no: lo farà? E perché? Vale anche in questo caso il «nulla rimarrà impunito» del 10 giugno scorso, o ci sono intoccabili?
2) Il testo dice che solo l’Autorità delegata, Gabrielli e basta, può autorizzare incontri con politici e giornalisti. Dal che si deduce che ha autorizzato il solenne e pubblico pranzo, per il comodo di fotografi e cineoperatori, tra Luigi Di Maio ed Elisabetta Belloni. Ma non era stata lei stessa ad affidare alla solita Fiorenza Sarzanini ricevuta nella sede del Dis, il dogma dell’«invisibilità» per uomini e donne dei servizi segreti? Mi sa che invisibili qui ci sono solo le solerti manine.
(Fine)
© Riproduzione riservata