Quello che poteva essere un clamoroso strappo nella maggioranza sembra esser sul punto di rientrare in poco meno di 24 ore. Lo scontro sulle spese militari tra il premier Mario Draghi e il presidente dei 5 5 Stelle Giuseppe Conte, con l’aumento al 2 per cento del Pil come da promessa italiana alla Nato nel lontano 2014, potrebbe essere già rientrato.

La mediazione è arrivata grazie alla mossa di portare nell’Aula del Senato il testo del Dl Ucraina senza relatore. Una questione ‘tecnica’ che però farà la differenza: senza relatore infatti il decreto non conterrà più l’ordine del giorno di Fratelli d’Italia che impegna a far salire le spese militari al 2% del Pil. Si tornerà così alla precedente formulazione che i pentastellati avevano già approvato alla Camera, rendendo difficile per Conte e soci far mancare il voto alla maggioranza.

La decisione sul relatore è arrivata nella riunione congiunta che si è tenuta oggi pomeriggio delle commissioni Esteri e Difesa del Senato. A spiegare la situazione è stato il presidente della Commissione Esteri del Senato, il discusso Vito Petrocelli, di cui gli altri partiti avevano chiesto le dimissioni per le sue posizioni filo-russe. “Abbiamo chiuso i lavori dell’ufficio di presidenza: se la Bilancio non si esprime entro le 18 il provvedimento va in Aula senza relatore”, ha sottolineato Petrocelli.

Senza parere della Bilancio, aggiunge Petrocelli, non si possono esaminare gli emendamenti e visto che alle 18 si va in Aula come sempre in Assemblea la Bilancio si esprimerà sul decreto nel suo complesso. Ma tutto quello che non è stato esaminato in Commissione e cioè gli emendamenti e gli ordini del giorno, decade. Dunque salvo che la commissione Bilancio non si esprima in extremis, cosa che appare improbabile, il voto sarà sul testo approvato dalla Camera. Domani mattina è invece atteso che il Governo ponga la questione di fiducia sul provvedimento.

A confermare che il testo andrà in Aula senza l’odg di Fratelli d’Italia è anche quello che doveva esserne relatore, ovvero il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri: “Voglio esprimere il rammarico per il fatto che la commissione Bilancio non abbia espresso i pareri al decreto Ucraina, perché questo avrebbe consentito l’esame ordinario di un decreto così urgente, delicato e drammatico il cui contenuto è sostanzialmente aiutare i profughi ucraini e dare sostengono con armi a un Paese attaccato. Le altre questioni, quelle sulle spese militari, sono collaterali“. Gasparri definisce quella presa “una decisione politica, presa per aumentare i click della sua votazione alla presidenza del Movimento 5 Stelle“.

La mediazione del ministro Guerini

Ma l’altro punto a favore di una mediazione tra le parti arriva dal ministro della Difesa Lorenzo Guerini che, interpellato dall’Ansa, ha sottolineato che l’obiettivo del governo è quello di “raggiungere la media di spesa dei Paesi dell’Unione Europea aderenti alla Nato e poi, entro il 2028, il raggiungimento dell’obiettivo del 2%“.

Un arco temporale ben diverso da quello del 2024, fissato in un primo momento. Non a caso fonti 5 Stelle fanno sapere che quello di Guerini è “un buon passo verso le nostre posizioni, verso quella sostenibilità e gradualità, da noi sempre richiesta“.

Giudizio simile arriva da Giuseppe Conte intervistato dal Tg1: “La nostra posizione e’ sempre stata lineare e coerente. Abbiamo detto fin dall’inizio che ci sono famiglie e imprese in forte difficoltà economica e non ci possiamo permettere di stanziare ingenti risorse, 10-15 miliardi di euro entro il 2024, per rispettare l’originario impegno con la Nato. Il ministro Guerini sembrerebbe abbracciare la prospettiva di una gradualità, di spalmare nel tempo questo aumento“.

Il clima teso tra Conte e Draghi

Ma il clima tra Conte e Draghi resta teso. Il leader dei 5 Stelle è tornato all’attacco nel pomeriggio tramite una nota a firma Movimento 5 Stelle in cui si risponde di fatto alla ‘velina’ fatta filtrare martedì sera da Palazzo Chigi, in cui si ricordava come con i due governi Conte erano aumentate le spese militari e i fondi a bilancio del ministero della Difesa.

Con i governi Conte le spese per le armi sono aumentate di circa 1 miliardo l’anno, se resta l’obiettivo del 2024 con Draghi l’aumento sarà di 6 miliardi l’anno”, era la precisazione dei pentastallati. Subito dopo, su Facebook, era intervenuto lo stesso Conte scrivendo: “È impensabile una corsa al riarmo ora. È fuori dalla realtà pensare di aumentare di almeno 12/15 miliardi la nostra spesa militare in due anni. L’impegno del 2 per cento può essere centrato solo con una crescita di spesa progressiva, spalmata nei prossimi anni, ad esempio da qui a quantomeno il 2030”.

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Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia