Da Istanbul arrivano segnali di speranza. I russi fanno qualche passo indietro, allentano l’azione militare, riducono, diciamo, le stragi. Certo, è triste dover segnare come una giornata radiosa di sole il giorno nel quale ci promettono che faranno un po’ meno stragi. Ma è così. Anche gli ucraini sembrano pronti a concedere parecchio. La neutralità, rinunciando a qualcosa di più robusto della adesione alla Nato, e la trattativa sulle terre del Donbass, che sono le più martoriate dalla crisi russo-ucraina, perché lì la guerra va avanti da quasi vent’anni e ha falciato almeno 20 mila vite umane.

Speriamo che questi tenui segnali che arrivano dalla Turchia, dove si è svolto il primo incontro positivo tra ucraini e russi, siano confermati e si rafforzino nei prossimi giorni. Mosca ha fatto sapere che allentare la pressione militare non significa cessate il fuoco. Tanto per gelare un po’ gli entusiasmi. Ma anche per ragioni di propaganda, forse. Comunque è la prima volta dall’inizio della guerra che si apre uno spiraglio vero. Forse favorito anche dall’uscita di scena di Biden, visto che sin qui gli americani tutto hanno fatto meno che favorire le trattative. Anzi, hanno dato l’idea, speriamo sbagliata, che a loro se la guerra dura un po’ va bene.

Nel giorno nel quale si aprono speranze di pace, dall’Italia viene un segnale forte. Ma opposto: l’aumento delle spese militari. È stata approvata una mozione dalle commissioni Difesa e Esteri del Senato, presentata dal partito di opposizione, cioè da Fratelli d’Italia, che impegna il governo a portare le spese militari al 2 per cento del Pil. Il 2 per cento del Pil vuol dire circa 40 miliardi. Che divisi per i 60 milioni di abitanti in Italia, compresi gli immigrati e i neonati e i vecchietti di 90 anni, fanno quasi 700 euro a persona. Diciamo che una famiglia di tre persone spende più di 2000 dollari all’anno per comprare cannoni. Che sono parecchi di più di quelli che spende per la scuola del figlio. Non so se ci rendiamo ben conto di questo: viviamo in un paese nel quale preparare la guerra è una delle grandi mission dello Stato.

Per questo, forse, il papa, giorni fa si è fatto scappare parole molto forti: “Pazzi, pazzi”, ha gridato ai nostri governanti intenzionati ad aumentare le spese per la guerra. E poi ha aggiunto: “Provo vergogna per voi”. I grandi giornali lo hanno ignorato. Inaugurando il periodo (che speriamo duri poco) della censura di guerra. la libertà di stampa è sospesa. E la politica? Possibile che nel parlamento giusto il povero Conte riesca a balbettare qualche parola, seppur sconclusionata, di dissenso? La patria chiama e la risposta è unanime: Guerra guerra? Mi sa che ha ragione il papa. C’è poco da andare fieri di queste classi dirigenti.

 

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.