L’anno che venne dopo, il 1960, sarebbe stato un Annus terribilis ma anche fulminante, tra i “fatti di luglio” e “La dolce vita” di Fellini (biglietto a mille lire, mai visto prima). Il 1959 fu uno di quegli anni che somigliano alla prima fase di una partita di scacchi: quando si dispongono i pezzi da usare per piani segreti. La terza guerra mondiale, che non c’è mai stata, fu in quel biennio sempre più incombente e imminente. Il nuovo dittatore sovietico, il contadinesco ma abilissimo, e in guerra anche eroico, Nikita Kruscev, fece organizzare una visita ufficiale in Albania, all’epoca ancora un dominio sovietico, per pronunciare un violentissimo discorso proprio contro di noi: “Se l’Italia si azzarderà ad autorizzare l’installazione di missili americani, sappia che siamo pronti a farla sparire dalla faccia della terra”. Un po’ di chiasso, ma neanche tanto. Era normale. Le minacce militari nonché gli schieramenti di missili erano all’ordine del giorno.

In America era ancora presidente l’ex comandante supremo degli eserciti alleati in Europa e Africa, Dwight Eisenhower, un presidente eccellente e calmo, tuttavia bersaglio di tutti gli imitatori e attori satirici per la scheletrica ovvietà dei suoi discorsi. A gennaio Fidel Castro con i suoi barbudos (soltanto i guerriglieri che avevano combattuto alla macchia nella Sierra erano autorizzati a non radersi come prova degli anni passati lì) si insediò formalmente al governo di Cuba, riconosciuto da tutti i grandi Paesi fra cui gli Usa che avevano per quell’isola un amore particolare e piuttosto invadente, poiché era stata anche fino ai primi del Novecento l’ultima colonia spagnola in America. Per quest’ultima motivazione, Cuba era particolarmente curata, specialmente riguardo sanità e istruzione (che diventarono poi due cavalli di battaglia del castrismo) così tutti si chiedevano da che parte stesse. Il vicepresidente di Eisenhower era Richard Nixon, brillantissimo avvocato che poi diventerà presidente e finì dimissionario nel 1972 per lo scandalo Watergate (microspie nel quartier generale del Partito democratico) reso noto da due giornalisti considerati mitici – Carl Bernstein e Bob Woodrow – che ricevevano misteriosi pizzini da uno sconosciuto e diabolico personaggio che nelle intercettazioni era chiamato “gola profonda”.

Da allora, ogni volta che si parla di un ispiratore segreto, in inglese oggi si usa il termine “whisteblower”, ossia uno che spiffera ma come agente sotto copertura. La storia è popolata dalle gole profonde e dai whisteblower che agiscono come oscure divinità olimpiche, determinando il destino delle nazioni attraverso intermediari ambiziosi che fanno carriera grazie alle soffiate, capaci di determinare la linea politica e giudiziaria dei loro giornali, appesi alla speranza dello scoop, come in Italia molti anni dopo imparammo da inchieste extraterrestri come Mani Pulite, la vicenda Lockheed e molti dritti e rovesci sulla mafia.

Nel 1959, ad esempio, il primo dei grandi pentiti (che poi, trent’anni dopo, fu gestito personalmente da Giovanni Falcone), e cioè Tommaso Buscetta, fu arrestato a Palermo per faccende di piccola criminalità: contrabbando di sigarette, associazione per delinquere e altre piccole immondizie. Aveva 30 anni. Arrestato, ma subito liberato grazie al suo santo in paradiso che era un deputato democristiano. A suo tempo vedremo come questo personaggio diventò un protagonista di quel mondo occulto, costretto alla fuga e riacciuffato in Brasile per essere messo sottochiave da Falcone – siamo ancora lontani da quei tempi, che però maturavano come nelle complesse aperture di una buona partita di scacchi.

Le vicende cubane e quelle della mafia siciliana erano procedute per anni in un intreccio che vedeva gli investimenti nella Cuba di Fulgencio Batista e della sua rete di casinò, nel giardino di casa degli americani che la consideravano un Paese accessorio, se non conquistato, a causa della guerra di liberazione dalla Spagna che portò nell’orbita americana anche tutti gli altri territori coloniali spagnoli, fra cui le Filippine che diventarono e sono tuttora un pezzo importantissimo della politica in estremo oriente. Dunque, Fidel Castro era ancora un fanciullone che aveva giocato con le armi e le romantiche notti di agguati e sparatorie sotto le mura della Caserma Moncada, e ancora nessuno poteva immaginare che sarebbe diventato il pezzo più importante della politica sovietica e poi la causa della crisi dei missili per cui il mondo tremò per alcuni giorni, ma soltanto alcuni anni dopo. Allora Fidel era un personaggio elementare e carismatico, non un genio, ma popolarissimo. Eisenhower chiese al suo vice Nixon di capire da che parte stava e Nixon invitò Fidel Castro a Washington per discutere la richiesta cubana di fondi con cui finanziare la ripresa economica dell’isola dove i rivoluzionari avevano distrutto il tessuto di case da gioco, bordelli, poker e scommesse in cui sguazzavano anche le grandi famiglie siciliane.

Qualche mese prima, Albert Anastasia, il mammasantissima degli italoamericani, aveva avuto la gola tagliata a New York sulla sedia del suo barbiere, in seguito agli accordi presi dalle grandi famiglie nella riunione del 26 ottobre del 1957 nei saloni splendidi e decadenti dell’Hotel Le Palme di Palermo. Lì, dove si fermava anche Frank Sinatra, un divo stellare i cui rapporti con Cosa nostra erano noti quanto quelli con la sua eterna fidanzata e poi ex moglie Mia Farrow che poi sposò Woody Allen, con tutto il frastuono che ne seguì per le accuse da caccia alle streghe scatenate contro il geniale regista, colpevole di essersi innamorato e poi di aver sposato una delle figlie adottive della ex moglie. Quest’ultima nel frattempo gli aveva donato, come unico suo figlio naturale, un pupo oggi famoso giornalista e femminista che è il ritratto sputato di Frank Sinatra, detto anche “The Voice”, la più calda e passionale voce d’America.

Ma, ricordiamolo ancora una volta, tutti questi brandelli di storia che nel 1959 vediamo dispiegarsi sulla scacchiera del mondo, daranno luogo a grandiosi e tragici finali di partita di cui allora ancora nessuno sapeva niente. E così, Richard Nixon accolse Fidel Castro a Washington e passò un paio di giorni con lui per capire che tipo fosse questo guerrigliero che giurava di non essere comunista ma lo sembrava. Poi ne riferì a Eisenhower: “È un tipo che trascina le folle. Ha idee un po’ rozze ma sembra un ragazzo in buona fede. Vorrebbe il nostro aiuto finanziario, ma non intende concedere risarcimenti per le imprese americane che ha nazionalizzato. Dice che è nostro interesse aiutarlo, altrimenti sarà costretto a rivolgersi altrove”.

Dove l’avevamo già sentito questo ragionamento? Ma sì, Gamal Nasser il nuovo bellissimo rais dell’Egitto, il quale pensava che gli inglesi o gli americani avrebbero dovuto finanziare i suoi sogni un po’ faraonici come la diga di Assuan e che poi quando si vide sbattere la porta in faccia si rivolse a Mosca. Il gioco, visto oggi a ritroso, era abbastanza semplice, ma allora pochi capivano in che modo girasse il mondo. L’occidente americano era anticomunista e anche in Europa tiravano venti bipolari, nel senso che tutti i gruppi ex fascisti o neofascisti pensavano che fosse giunta la loro ora per tornare al comando. Al Comune di Roma si facevano le prove per giunte anticomuniste col sostegno missino. Ciò spingeva comunisti e socialisti a una radicalizzazione che poi, l’anno successivo, con il governo del democristiano Tambroni (formalmente di sinistra ma che si alleò con i neofascisti del Msi per avere la maggioranza) diventò un’insurrezione popolare con decine di morti e feriti. Quasi una rivoluzione, che Palmiro Togliatti riuscì a contenere e frenare ma che sconvolse il Paese creando premesse per altre inaspettate conseguenze.

La situazione internazionale e specialmente cubana portò a riassetti drammatici nella mafia siciliana: il capo dei capi, l’idolatrato e indiscusso signore di tutte le cosche, il medico ma anche assassino nonché capo dei corleonesi Michele Navarra, fu fatto fuori sulla strada statale 118 in località San Isidoro. Si disse subito che a premere il grilletto era stato l’astro nascente del momento, e cioè Luciano Leggio detto – non si sa perché – Liggio. Si sparò per un paio di mesi col bilancio finale di nove morti ammazzati e uno strascico giudiziario eterno che vide alla fine tutti assolti, e stiamo parlando di nomi non ancora famosissimi, ma del calibro dei Provenzano, Liggio, Riina e Bagarella.

Di mafia a quei tempi si parlava poco e di malavoglia anche nei tribunali. Il nome di Cosa Nostra diventerà un valore aggiunto portato da Buscetta, che diede a Falcone tutte le password necessarie per leggere il grande libro nero. Nei tribunali e nelle sentenze si parlava con distacco di criminalità organizzata. Ma la grande rete siciliana – quella della calabrese ‘ndrangheta era ancora un fritto misto di piccole ‘ndrine locali, tributarie della mafia siciliana e allora di poco conto – aveva santi in tutti i paradisi: servizi segreti italiani e stranieri, politica locale e nazionale, gerarchie ecclesiastiche, corpi di polizia e giornalismo. In quel coacervo ancora indistinto ed esplosivo come il Big Bang spiccava un personaggio di assoluto rilievo: Michele Sindona, che un quarto di secolo più tardi dopo finirà – come Gaspare Pisciotta, il cognato assassino di Salvatore Giuliano – avvelenato in carcere con una tazzina di caffè corretto.

Sindona era un uomo spregiudicato e dinamico, si sentiva con le spalle coperte ed era capace di combattere mediaticamente. Viveva a Milano dove i siciliani di New York avevano una delle loro basi migliori in quegli anni, e nella capitale lombarda entrò nel giro d’affari della mafia ameri­cana attraverso Joe Adonis (al secolo, Giuseppe Antonio Doto, nato a Montemerano, presso Napoli, nel 1902 e che fino al 1972 ebbe lo stesso potere nazionale e internazionale di Lucky Luciano, di cui fu allievo fedelis­simo). Luciano durante la guerra aveva lavorato per la marina militare americana, costituendo un fronte del porto di New York contro le spie tedesche che trasmettevano ai sottomarini U-Boat della marina hitleriana le rotte dei convogli destinati alla Gran Bretagna perché fossero silurati e affondati. Il lavoro di questi mafiosi di New York a caccia di nazisti però fu poco più che una messinscena, utile soltanto per regolamenti di conti nella criminalità di Manhattan. Ma finché la guerra non finì, Lucky – che vuol dire “fortunato” – Luciano ebbe un trattamento carcerario principesco, con puttane, cuochi e camerieri, quadri d’autore e liquori, ma sempre chiuso dentro le turrite mura di Sing-Sing, oggi museo nazionale e curiosità storica.

Quando la guerra si concluse, sperò di avere se non una medaglia al valore almeno un perdono per meriti patriottici. Ma non tirava più aria per tipi come lui e gli americani lo espulsero come indesiderato perché era arrivato clandestinamente da bambino senza mai procurarsi uno straccio di certificato che lo rendesse un cittadino americano. Così, fu scaricato all’alba da un bastimento nel porto di Napoli con bauli di vestiario, alla continua ricerca di giornalisti e cineasti con cui sperava di raccontare la propria storia e leggenda. Erano personaggi grandiosi, odiosi e terribili, questi mafiosi di New York, come don Vito Genovese, Carlo Gambino o il bandito finanziere Louis “Lepke” Buchalter che sapeva riciclare i proventi del crimine in fiorenti attività lecite.

Adonis fu, come Luciano, uno dei gangster rispediti in Italia dagli Stati Uniti perché, come Luciano, ignoto all’anagrafe. Ma in Italia diventò presto famoso per la sua catena di ristoranti “Joe’s Italian Kitchen” dove riceveva americani di un certo livello cui faceva recapitare dai suoi camerieri armati buste piene di dollari. Questo, anche, era il giro in cui si ritrovò Michele Sindona, il quale entrò fin troppo nello spirito di questa società che sarebbe riduttivo definire semplicemente mafiosa. Fu attraverso i mille canali di affari, ricatti, guadagni, minacce e regolamenti di conti che Tommaso Buscetta trovò la sua strada per levarsi di dosso i fastidi di due accuse di omicidio, mettendosi agli ordini di un altro straordinario e quasi leggendario personaggio di questo mondo infernale: quel Salvatore Greco detto “Chicchiteddu” o anche “Ciaschiteddu”, ovvero l’uccellino, lo scricciolo, che con quella sua aria da passerotto comandava le truppe e le retrovie di Ciaculli e che bisognava sempre citarlo con i soprannomi per non confonderlo con altri e omonimi galantuomini, a loro volta distinguibili per soprannomi come “l’Ingegnere”, “il Lungo”, “il Senatore” o il fratello Michele Greco detto “u’ Papa”.

Tutti personaggi con cui entrò in familiarità Buscetta arrivando fino a Lucky Luciano. Al governo nazionale si succedevano i democristiani di valore come Segni, Fanfani e Moro che però fra loro erano in ostile antagonismo, ognuno alla ricerca della formula magica per governare contro i comunisti, senza inimicarseli troppo e con l’aiuto dei fascisti, senza amicarseli troppo. Un gioco pericolosissimo che nel breve giro di un anno portò a tragiche conseguenze cui ancora prolungano i loro effetti.

LA CRONOLOGIA DEGLI EVENTI DEL 1959

1° gennaio – Il dittatore Fulgencio Batista abbandona l’Avana e fugge da Cuba. Fidel Castro entra nella capitale del Paese in testa alle sue truppe.

8 gennaio – Al Palazzo dell’Eliseo in Francia, René Coty, ultimo presidente della Quarta Repubblica, passa le consegne a Charles de Gaulle, primo presidente della nuova Costituzione.

26 gennaio – Nel nostro Paese cade il secondo governo Fanfani. Il politico abbandonerà anche la carica di segretario della Democrazia Cristiana.

3 febbraio –  In un incidente aereo perdono la vita i giovani musicisti Richie Valens, Buddy Holly e J.P. “The Big Bopper” Richardson. È ricordato come il giorno in cui muore la musica.

15 febbraio – Il nuovo Governo italiano è presieduto da Antonio Segni.

9 marzo – Viene venduta la prima Barbie, bambola destinata ad avere un enorme successo commerciale.

14 marzo – Aldo Moro è il nuovo segretario politico della Democrazia Cristiana.

17 marzo – Dopo violenti scontri con gli occupanti cinesi, il XIV Dalai Lama fugge dal Tibet alla volta dell’India.

8 maggio – Viene festeggiata ufficialmente per la prima volta in Italia la festa della mamma.

17 maggio – Fidel Castro annuncia alla radio l’approvazione della legge per la riforma agraria. I terreni dei possedimenti americani sono espropriati.

31 luglio – In Spagna viene fondata l’ETA, un’organizzazione armata terroristica basco-nazionalista d’ispirazione marxista-leninista, il cui scopo è l’indipendenza del popolo basco.

24 settembre –  Inizia su Raiuno lo Zecchino d’Oro.

25 settembre – Si incontrano a Camp David il presidente degli Stati Uniti Dwight Eisenhower e il segretario generale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica, Nikita Khruscev, dando avvio a una prima fase di distensione delle relazioni internazionali.

7 ottobre – La sonda russa “Luna 3” fotografa per la prima volta la faccia nascosta del nostro satellite.

21 ottobre – Viene inaugurato a New York il Guggenheim Museum, realizzato dall’architetto Frank Lloyd Wright.

29 ottobre – Esce in Francia sul periodico Pilote la prima storia a fumetti di Asterix.

1° dicembre – Firma del Trattato antartico.

2 dicembre – Nel Fréjus crolla la diga di Malpasset e l’inondazione che ne segue provoca 421 vittime. È il più grande disastro nella storia francese.

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.