Quattordici morti, un bambino di 5 anni ricoverato in gravissime condizioni e tanti punti oscuri. Su questo dovrà fare luce l’inchiesta aperta dalla Procura di Verbania sulla strage avvenuta domenica sulla funivia Stresa-Mottarone, quando intorno alle 12:30 una cabina è precipitata per circa 30 metri quando era arrivato a centro metri dalla vetta.

Tanti gli interrogativi che avranno bisogno di una risposta, per capire cosa non ha funzionato e se vi siano responsabilità umane o si sia trattato, come appare però improbabile, di una ‘fatalità’. Intanto il procuratore di Verbania, Olimpia Bossi, ha disposto il sequestro dell’ impianto di proprietà del Comune ma gestito dalla società Ferrovie del Mottarone, della famiglia Nerini.

LA FUNE SPEZZATA – Innanzitutto la fune spezzata, tranciata di netto, una eventualità praticamente impossibile, eppure accaduta. “Non esiste un perché – prova a ricostruire uno storico gestore di impianti a fune, Giovanni Bertolo, in un’intervista a La Stampa -. La fune non si rompe”. Su questo è lo stesso gestore dell’impianto a chiarire che manutenzione e controlli “sono avvenuti regolarmente”, dice il legale della società di gestione, Ferrovie del Mottarone che fa riferimento alla famiglia di Luigi Nerini, l’avvocato Pasquale Pantano.

L’esame in questione è una sorta di radiografia del cavo metallico, con la mappatura della “vecchiaia” dei singoli fili. Ad occuparsene è stata la società Leitner di Vipiteno, che spiega di aver svolto l’ultimo controllo magnetoscopico della fune “a novembre del 2020 e gli esiti dello stesso non hanno fatto emergere criticità”. Una situazione sotto controllo, tanto che la prossima sostituzione dei cavi era prevista nel 2029, tra otto anni.

IL FRENO DI SICUREZZA – Secondo interrogativo da chiarire riguarda il freno di sicurezza che non è entrato in funzione. Sempre Bortolo spiega a La Stampa che il sistema “non entra in funzione solo quando ci sono problemi, è continuamente attivo se la cabina è ferma. Dunque il test è il normale utilizzo. E in caso di caduta libera c’è un sensore che determina il blocco istantaneo”.

Secondo il responsabile provinciale del Soccorso alpino, Matteo Gasparini, che mette le mani avanti parlando di “supposizioni”, dietro l’incidente ci sarebbe stato un “doppio problema: la rottura del cavo e il mancato funzionamento del freno di emergenza. Non sappiamo perché non si sia attivato, mentre nella cabina a valle ha funzionato”. La mancata attivazione del freno secondo Gasparini “ha fatto sì che la cabina, dopo la rottura del cavo, abbia preso velocità, iniziando a scendere, finendo così catapultata fuori dai cavi di sostegno”.

LA MANUTENZIONE – L’impianto è stato inaugurato nel 1970 per sostituire la vecchia ferrovia realizzata nel 1911, che da Stresa portava alla vetta. Funivia che aveva ripreso a funzionare il 24 aprile scorso, anche se ieri era stata la riapertura ‘ufficiale’. Nel 2002 c’era stata la prima manutenzione straordinaria, seguita tra 2014 e 2016 da alcuni interventi di ammodernamento, con una revisione avvenuta proprio in quest’ultimo anno. Quindi nel novembre 2020 l’ultimo controllo prima della riapertura.

LA DINAMICA – Serviranno ulteriori conferme, ma al momento la dinamica dell’incidente sarebbe questa: la cabina, quasi arrivata alla stazione, vede spezzarsi il cavo traente forse per un cedimento del carrello, facendo retrocedere a forte velocità la cabina per almeno cento metri prima dell’urto violento con l’ultimo pilone dell’impianto. Le 15 persone a bordo della cabina vengono sbalzate fuori, mentre la cabina dopo l’impatto rotola per circa 20 metri finendo la sua corsa contro gli alberi.

LE PAROLE DEL PROCURATORE– Sulla strage della funivia Stresa-Mottarone la Procura di Verbania ha aperto un’inchiesta nel tentativo di ricostruire quanto accaduto poco dopo le 12 di domenica, quando la cabina è precipitata provocando la morte di 14 persone, tra cui due bambini, mentre un terzo bambino di cinque anni, unico superstite di una famiglia israeliana, è al momento ricoverato nel reparto rianimazione dell’ospedale Regina Margherita di Torino.

Il procuratore di Verbania, Olimpia Bossi, ha spiegato parlando con i giornalisti che il sistema frenante di sicurezza della funivia del Mottarone “non ha funzionato”. Ha invece funzionato il sistema per l’altra cabina, “che si è bloccata”, ha aggiunto Bossi. Quanto ai reati, il procuratore ha riferito che si procederà “per un reato piuttosto raro, che è quello, in questo caso naturalmente colposo, di attentato alla sicurezza dei trasporti, con conseguenza di disastro colposo“. Sugli indagati non si è sbottonata: “Le aziende coinvolte sono più d’una, prima dobbiamo nominare i periti per le consulenze tecniche”.

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Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia