La posta è alta: invertire la crisi industriale
Tassi d’interesse, direttivo Bce diviso: Italia e Francia tifano per il maxi taglio
La Banca centrale europea dovrà scegliere tra un intervento soft (0,25%) e uno più robusto (0,5%) Giovedì la decisione. Roma e Parigi dalla stessa parte
L’appuntamento è fissato per giovedì 12 dicembre: il direttivo della Banca centrale europea è chiamato a pronunciarsi sui tassi di interesse interni all’Eurozona. La decisione assume una particolare rilevanza, vista la situazione macroeconomica del Vecchio Continente e visto quanto sta accadendo a livello globale con l’introduzione di nuovi dazi e con i conflitti che lambiscono l’Europa. L’istituto guidato da Christine Lagarde dovrà scegliere se proseguire la politica di accomodamento leggero dell’economia con un taglio di 0,25 punti o procedere con un intervento robusto pari a 0,50 punti.
La situazione
Fino a oggi la Bce ha realizzato tre tagli dei tassi di interesse, portando quello primario al 3,4%. Ogni volta la numero uno dell’Eurotower ha spiegato di muoversi tenendo conto “dei dati reali e delle prospettive di medio periodo dell’economia”. Dichiarazioni che, secondo molti analisti, lasciano nell’incertezza più completa gli operatori economici. Tanto è vero che molti esponenti del mondo politico e imprenditoriale europeo hanno reclamato più coraggio da parte di Francoforte per sostenere l’economia. Il tasso di interesse applicato è considerato ancora alto e l’accesso al credito molto difficoltoso per aziende e famiglie.
A complicare le aspettative, poi, si è messa anche l’inflazione. A novembre in Europa è cresciuta al 2,3%, leggermente più alta del target medio che la Banca centrale europea è tenuta a garantire da statuto, il 2%. Questo dato farebbe propendere per un taglio più soft rispetto alle attese.
Francia e Germania, i due fattori-chiave
Un ulteriore elemento di complicazione, però, è la situazione difficile che vivono Francia e Germania. L’aggettivo “difficile” è utilizzato in maniera eufemistica almeno per quanto riguarda i conti pubblici di Parigi. Non passa giorno, infatti, che il numero uno della Banca di Francia, François Villeroy de Galhau, non chieda un intervento “robusto” da parte della Bce. La cosa singolare è che lo fa in pubblico, quando di solito i banchieri centrali fanno conoscere i propri pareri in via riservata per non creare aspettative e tensioni sui mercati. Questo tipo di interventi dà la misura della situazione complicata che vive la Francia.
Dopo essere stato per lungo tempo un esponente degli “attendisti” nel board della Banca centrale europea, ora il governatore della Banca di Francia è diventato una colomba in corrispondenza con la crisi politica francese che tantissime incertezze sta creando sul debito. Quello d’Oltralpe, infatti, è tra i debiti pubblici che negli ultimi anni hanno causato maggiori tensioni sui mercati. Ecco perché l’interesse parigino è quello di procedere a un forte taglio per stemperare queste tensioni ed evitare una vera e propria crisi a mercati aperti. Non stanno bastando, infatti, gli interventi messi in campo in silenzio da Francoforte. Basti pensare che nell’ultimo anno la Bce sta dismettendo molto lentamente i titoli di Stato francesi, al ritmo di 300 milioni di euro al mese, a differenza di quello che accade ad esempio con i titoli italiani, venduti al ritmo di oltre un miliardo di euro al mese.
Ricordiamo, infatti, che Eurotower ha iniziato da un anno un programma di disinvestimento nei titoli di Stato acquistati in passato per sostenere l’economia nel corso della pandemia. Non solo Francia. La Bce deve stare molto attenta anche a quanto sta accadendo in Germania. Berlino affronta una crisi industriale tra le peggiori degli ultimi 30 anni. Un intervento sui tassi di interesse potrebbe favorire un allentamento della stretta creditizia proprio ora che sono necessari notevoli investimenti per consentire alla locomotiva tedesca di rimettersi in moto.
La posizione dell’Italia
Alla finestra c’è l’Italia, che da tempo prima della Francia sta chiedendo alla Bce un taglio più concreto dei tassi. Basti pensare ai vari interventi del ministro degli Esteri, Antonio Tajani, che non ha lesinato critiche aperte all’operato di Lagarde. Ecco perché la posizione francese farebbe molto comodo anche all’Italia. Non solo per un evidente beneficio nei confronti di aziende e cittadini, ma soprattutto perché con tassi di interesse più bassi calerebbe anche il costo degli interessi sul debito italiano (pari a 100 miliardi nel 2024 e qualche miliardo in più nel 2025).
La decisione del 12 dicembre, pertanto, diventa fondamentale per capire come si muoverà l’economia nel corso del prossimo anno che si preannuncia pieno di incognite: dalla guerra dei dazi Usa-Europa-Cina fino ad arrivare ai conflitti geopolitici.
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