L’ambasciatore russo in Vaticano Alexander Avdeev ha protestato nei confronti delle dichiarazioni del Papa pubblicate lunedì su America – la rivista dei gesuiti statunitensi. Nel corso di una lunga intervista, papa Francesco ha toccato molti temi e tra questi il conflitto in corso in Ucraina. «La sera del 28 novembre ho espresso indignazione ai vertici del servizio diplomatico vaticano – ha detto l’ambasciatore a un corrispondente della Tass – per le strane dichiarazioni attribuite a papa Francesco nella sua intervista». Avdeev ha osservato che “l’unità multinazionale del popolo russo è incrollabile e nessuno potrà metterla in discussione”.

La portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova ha definito le parole del Papa “una perversione”. Secondo Tatyana Zonova, docente presso il Dipartimento di Diplomazia della “Mgimo” – la scuola moscovita di specializzazioni in Affari governativi e internazionali – una visita del Papa in Russia è ancora fuori discussione, perché «i rapporti tra il Vaticano e la Chiesa ortodossa russa sono estremamente tesi». Nell’intervista pubblicata sul sito di America, le frasi contestate riguardano la lettura della situazione sul terreno. «Quando parlo dell’Ucraina, parlo di un popolo martirizzato. Se hai un popolo martirizzato, hai qualcuno che lo martirizza», dice il Papa. «Quando parlo dell’Ucraina, parlo della crudeltà, perché ho molte informazioni sulla crudeltà delle truppe che entrano. In genere, i più crudeli sono forse quelli che vengono dalla Russia ma non appartengono alla tradizione russa, come i ceceni, i buriati e così via. Certamente, chi invade è lo Stato russo. Questo è molto chiaro. A volte cerco di non specificare per non offendere e piuttosto di condannare in generale, anche se è risaputo chi sto condannando. Non è necessario che metta nome e cognome».

E Papa Francesco ha aggiunto: «Il secondo giorno di guerra sono andato all’ambasciata russa [presso la Santa Sede], un gesto insolito perché il Papa non va mai in un’ambasciata. E lì ho detto all’ambasciatore di riferire a Putin che ero disposto a viaggiare a condizione che mi concedesse una piccola finestra per negoziare». L’insieme delle dichiarazioni dall’una e dall’altra parte, riporta in alto mare i tentativi diplomatici e lo sforzo vaticano di trovare spiragli di mediazione. Nonostante l’ottimismo che la Santa Sede getta a piene mani sulle possibilità di un negoziato – ribadite ultimamente dal segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin – la situazione sembra caratterizzata da un grande stallo. Da notare che il fastidio russo, questa volta, è stato esplicitato chiaramente, e contrasta con il silenzio con cui da Mosca, pochi giorni fa, era stata accolta la visita in Vaticano dell’arcivescovo greco-cattolico ucraino, Shevciuk, che in questi otto mesi di guerra non ha mai lesinato critiche alla Russia e ha sempre spinto l’Occidente ad armare il governo di Kiev per potersi difendere fino alla vittoria.

La paralisi è in questo momento la caratteristica del mondo cristiano che da un lato sembra non avere appigli mentre dall’altro non sembra capace di utilizzare quegli spiragli che pure, a quanto pare, ci sono. Ad esempio è passata completamente sotto silenzio la visita a Mosca del segretario generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese, il reverendo ortodosso romeno Ioan Sauca. Il Wcc raccoglie le confessioni cristiane, con la Chiesa cattolica come Osservatore. Il 17 ottobre, a Mosca, Sauca ha incontrato il Patriarca russo Kirill. Nel resoconto, pubblicato sul sito del Wcc, si riferisce che secondo Kirill le Chiese “sono chiamate ad essere operatori di pace e a difendere e proteggere la vita”. “La guerra non può essere santa”. Ma quando si deve difendere se stessi e la propria vita o dare la propria vita per quella degli altri, le cose cambiano, perché «abbiamo così tanti esempi nella nostra storia cristiana» e «tuttavia, come operatori di pace dobbiamo fare tutti gli sforzi per portare la pace attraverso il dialogo ed evitare qualsiasi conflitto o violenza». Il patriarca Kirill ha aggiunto che i tempi in cui viviamo oggi sono molto difficili, a causa del «contesto politico, e questo contesto costituisce oggi un pericolo estremo».

Le Chiese «non devono gettare benzina sul fuoco», e «al contrario, dobbiamo fare tutto ciò che è in nostro potere per spegnere l’incendio. A questo proposito, il Consiglio ecumenico delle Chiese ha una funzione molto importante». Il resoconto mostra un Patriarca diverso dal guerrafondaio sostenitore acceso di Putin come viene dipinto in Occidente. E tuttavia, se la situazione è questa, appare meno chiaro perché il mondo cristiano finora non sia stato capace di esprimere una posizione unitaria e di forte pressione contro la guerra, a parte papa Francesco. E a proposito del Papa, c’è da registrare che i suoi interventi contro la guerra – circa uno al giorno in undici mesi – sono stati raccolti in un volume intitolato Quasi un’Enciclica sulla Pace (a cura di Francesco Grana, Edizioni Terra Santa) da poco in libreria.

Nell’introduzione lo stesso Pontefice parla della raccolta dei suoi interventi come una sorta di vero e proprio “diario di guerra” da offrire ai lettori «nella speranza che possa diventare molto presto un diario di pace e soprattutto un monito per tutti per non ripetere più simili mostruosità. Una vera e propria enciclica sulla e per la pace in Ucraina e in ogni altra parte della terra». Le parole scritte, come si vede da questo estratto, sono molto più forti delle espressioni nell’intervista con America. Colpisce poi che il libro avrebbe dovuto pubblicarlo, forse, la Libreria Editrice Vaticana. A quanto pare non c’è riuscita e la diplomazia vaticana segna il passo, mentre Francesco sembra davvero essere molto più avanti.